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A spasso con Daisy
(Driving Miss Daisy) USA 1989 commedia 1h39'
Regia: Bruce Beresford
Soggetto: Alfred Uhry (romanzo)
Sceneggiatura: Alfred Uhry
Fotografia: Peter James
Montaggio: Mark Warner
Musiche: Hans Zimmer
Scenografia: Bruno Rubeo
Costumi: Elizabeth McBride
Jessica Tandy: Daisy Werthan
Morgan Freeman: Hoke Colburn
Dan Aykroyd: Boolie Werthan
Patti LuPone: Florine Werthan
Esther Rolle: Aidella
Clarice F. Geigerman: Nonie
Muriel Moore: Miriam
Sylvia Kaler: Beulah
TRAMA: Stati Uniti, Georgia, 1953. Miss Daisy è una settantaduenne ebrea vedova che vive in una grande villa con una cameriera di colore. Suo figlio Boolie, dopo che lei è finita nel prato dei vicini in seguito a una semplice manovra con la sua Packard, non vuole che continui a guidare e le impone uno chauffeur. Si tratta del sessantenne Hoke, saggio uomo di colore che dovrà sopportare le intemperanze verbali della signora.
Voto 7
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Premiato con 4 Oscar (film, attrice protagonista, sceneggiatura e trucco), diretto da Bruce Beresford e scritto dallo stesso Alfred Uhry come adattamento di un suo testo vincitore del Premio Pulitzer, il film è un'opera deliziosa e delicata che fa sorridere e commuovere. Solo apparentemente può sembrare un film contro il razzismo ma sarebbe riduttivo e fuorviante: è invece un film sul bisogno umano dell'altro, sulla necessità inevitabile di appoggiarsi al vicino, all'amico, alla persona che ti sta a fianco. Lo scontro-incontro tra due persone così diverse e cultura è una lezione ammirevole di amicizia e affetto, prima nascosto poi esploso. I dialoghi tra Daisy Werthan e Hoke Colburn (una splendida Jessica Tandy ed un magnifico e misurato Morgan Freeman) sono impareggiabili.
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La chimica evidente tra i due anziani non è solo importante per il film: è il film stesso. Il modo credibile in cui questi due si relazionano l'uno con l'altro – legati da 25 anni insieme ma divisi per colore della pelle, classe e razzismo istituzionale che uno vede e l'altro no – rende l’opera emotivamente ricca senza percorrere la strada della manipolazione palese, della retorica ricercata, del voler intenerire a tutti i costi. La loro dinamica non è poi così diversa da quella che si può facilmente notare in drammi britannici come Downton Abbey, dove i rapporti tra proprietari e servitori possono essere calorosi ma sono sempre e inevitabilmente castrati da convenzione, decoro, ipocrisia verso l’esterno. Anche se Daisy e Hoke si preoccupano sinceramente l'uno per l'altra, perfino nel finale, quando lei è in una casa di cura e senza memoria, il miracolo non è del tutto completo e forse solo allora gli ultimi muri si sgretolano, ma non tanto facilmente e non del tutto.
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Piacevole e commovente non solo per i dialoghi ma anche per la buonissima regia, che però non portò a casa risultati significativi a Bruce Beresford, meravigliando non poco l’ambiente hollywoodiano, tanto che, nella notte degli Oscar, il conduttore Billy Crystal scherzò sul fatto che forse il film “si è diretto da solo”.
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Riconoscimenti
Premio Oscar 1990:
Miglior film
Miglior attrice protagonista a Jessica Tandy
Migliore sceneggiatura non originale
Miglior trucco
Candidatura miglior attore protagonista a Morgan Freeman
Candidatura miglior attore non protagonista a Dan Aykroyd
Candidatura migliore scenografia
Candidatura migliori costumi
Candidatura miglior montaggio
Golden Globe 1990:
Miglior film commedia o musicale
Miglior attore in un film commedia o musicale a Morgan Freeman
Miglior attrice in un film commedia o musicale a Jessica Tandy