All Is Lost - Tutto è perduto
(All Is Lost) USA 2013 avventura 1h46'
Regia: J.C. Chandor
Sceneggiatura: J.C. Chandor
Fotografia: Frank G. DeMarco, Peter Zuccarini
Montaggio: Pete Beaudreau
Musiche: Alex Ebert
Scenografia: John P. Goldsmith
Costumi: Van Broughton Ramsey
Robert Redford: l'uomo in barca
TRAMA: Il velista in solitaria urta con la propria imbarcazione, la Virginia Jean, un container alla deriva. Dopo aver sistemato la falla scopre purtroppo che l’impatto ha danneggiato i sistemi di navigazione e di comunicazione, inoltre è in avvicinamento una terribile tempesta che si abbatterà furiosa su di lui. Sarà una dura lotta per sopravvivere.
Voto 6,5
Tra le tante considerazioni da fare su questo film avvincente e palpitante la principale è che è più di un one-man-show: è un monologo fisico e di resistenza di un uomo solo di fronte alla potenza della natura, è la battaglia atroce della sopravvivenza, in cui la forza del mare e del carattere dell'uomo si danno battaglia. Ma è anche la metafora dell'uomo che deve superare le prove della vita, pur se all'apparenza invalicabili, in cui a soccombere prima della persona sono (che rivincita!) i maledetti congegni elettronici.
Nel corso di una lunga e fortunata carriera che ha attraversato diversi decenni, Robert Redford ha interpretato ruoli interessanti e ben fissati nella mente degli spettatori. Solo per fare qualche esempio, ma proprio pochi ma indimenticabili: Sundance Kid (Butch Cassidy), Bob Woodward (Tutti gli uomini del presidente), Joseph Turner (I tre giorni del Condor), Denys Finch-Hatton (La mia Africa). E poi tantissimi altri, sempre ad alto livello. Ma di sicuro non ha mai interpretato un personaggio come il protagonista senza nome di questo film, e senza co-protagonisti con cui dialogare o competere, figurativamente e letteralmente alla deriva in un territorio sconosciuto. Non sappiamo nulla di lui, del suo passato, della sua personalità, né tantomeno se avrà un futuro. La premessa è abbastanza semplice: un uomo, solo e galleggiante nell'Oceano Indiano senza apparecchiature radio funzionanti e senza mezzi evidenti di salvataggio, deve lottare per sopravvivere o cedere alla negatività e perire. La sfida artistica stava nell'eseguirlo in modo efficace e renderlo avvincente per il pubblico.
Paragonando il naufrago ad altre opere simili di sopravvivenza ci risulta unico nel genere: Tom Hanks aveva Wilson, Sandra Bullock aveva George Clooney, Suraj Sharma aveva Richard Parker, la tigre. Redford non ha nessuno. Parla raramente, la maggior parte delle sue parole arrivano come voce fuori campo e quindi, senza dialoghi o altri attori, il peso dell'intero film ricade sulle espressioni facciali e sul linguaggio del corpo. La sua forza risiede nella calma, sin dal primo intoppo grave e determinante, e mai si fa prendere dall’agitazione che lo porterebbe alla immediata sconfitta. Ed inoltre, non fa piani a medio termine, scegliendo la strategia della soluzione momento per momento, senza spaventarsi oltre modo della mancanza di acqua, del cibo e della eccessiva esposizione al sole.
Se un film costruito in questa maniera appassiona ovvio che il merito va a Robert Redford ma parimenti a J.C. Chandor, il regista che dopo l'impegnativo e corale Margin Call, (poi seguirà 1981: Indagine a New York) svuota appunto il cast riducendolo ad uno ed unico attore e sforna un altro buonissimo film, anche grazie alla presenza e alla prestazione di uno straordinario attore dal viso più scavato del solito.
Film perfetto anche dal punto di vista tecnico-nautico: son solo trucchi ma sembra di essere davvero in altissimo mare, in pieno oceano.
Riconoscimenti
2014 – Premio Oscar
Candidatura miglior montaggio sonoro
2014 - Golden Globe
Migliore colonna sonora
Candidatura miglior attore in un film drammatico a Robert Redford
Comments