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Another End (2024)

Another End

Italia/Francia/UK 2024 dramma/sci-fi 2h9’

 

Regia: Piero Messina

Sceneggiatura: Piero Messina, Giacomo Bendotti, Valentina Gaddi, Sebastiano Melloni

Fotografia: Fabrizio La Palombara

Montaggio: Paola Freddi

Musiche: Bruno Falanga

Scenografia: Eugenia F. Di Napoli

Costumi: Mariano Tufano

 

Gael García Bernal: Sal

Renate Reinsve: Zoe / Ava

Bérénice Bejo: Ebe

Olivia Williams: Juliette

Pal Aron: dottor Doyle

Philip Rosch: padre di Zoe

Anne Kidd: madre di Zoe

 

TRAMA: In un futuro prossimo esiste la possibilità di salutare le persone che non ci sono più, cercando un modo per alleviare il dolore del distacco e avere un po’ di tempo in più per imparare a dirsi addio.

 

Voto 7



A E. Another End. Due donne i cui nomi iniziano con A(va) e E(be). AEternum (Eterna nella versione italiana), l’azienda fantafarmaceutica in cui lavora la seconda, è un’impresa che fornisce un servizio molto particolare, curioso, affascinante e inquietante ma ben accetto da chi si rivolge per usufruirne. Un gioco tautologico con due vocali che dominano una vicenda altrettanto particolare, curiosa, affascinante e inquietante ma ben accetta da chi riuscirà ad amare questo film, i cui titoli di testa terminano con una grande didascalia: “Not Here”. I poster nella metropolitana pubblicizzano la Eterna con lo slogan “Another End: Prenditi il tuo tempo per dire addio”.



Sin dall’introduzione si intuisce che non sarà facile capire immediatamente l’ambiente e l’atmosfera in cui ci si trova e che ruolo hanno di preciso i personaggi che compaiono nelle prime sequenze. Sal (Gael García Bernal) ha bussato alla porta di un appartamento attiguo a quello dove abita ed è in attesa immobile che gli aprano. Dall’altra parte c’è un’anziana signora che pare titubante ad azionare la serratura e osserva dallo spioncino, fin quando si decide e apre, facendo accomodare il giovane a cui chiede di essere aiutata a svitare il soffione della doccia perché il marito, seduto sulla poltrona intento a leggere una rivista, non ci riesce. Finito il piccolo e facile intervento, l’uomo torna dalla signora che gli offre biscotti e tisana, mentre il vecchio si è addormentato, come spento, tanto che giungono un paio di infermieri che lo spogliano e lo caricano su una barella che si chiude con la cerniera sul corpo inanimato dell’anziano. Una musica da thriller malinconica e sacrileggiante domina la sequenza mentre lo portano via in ambulanza, come le tante che si dirigono assieme da diversi punti della città verso il grande edificio della Eterna, dove, in un enorme salone appena illuminato, giacciono centinaia di corpi in altrettante barelle bianche e chiuse. Appresso, tutti si risvegliano, aprono le cerniere e vanno via, tranquilli come alla fine di un turno di lavoro.



Segue la voce narratrice fuori campo, che comincia a chiarire allo spettatore ciò che in realtà succede e il perché di questo mondo straniante, in una città non futuristica ma dalle sembianze di un prossimo futuro. Mentre ascoltiamo “Non dimenticar” cantata da Dean Martin, un titolo che pare giusto in argomento per quello che si capirà in seguito, la voce femminile dice: “Another End è la nostra seconda possibilità. Quando si subisce una perdita improvvisa, è come se tutto restasse in sospeso, come se si aspettasse un tempo per sciogliere i nodi. Another End, inoltre, ci offre quel tempo. Un tempo per prepararci a dire addio. Il match tra gli assenti e i corpi locatori avviene seguendo un calcolo di compatibilità, in base al quale si stabiliscono il numero di sedute possibili e la durata dei turni della simulazione. Una volta avvenuta l’assegnazione, la memoria degli assenti viene metabolizzata nel corpo ospite durante il sonno. Al risveglio la memoria viene attivata dando vita alla simulazione. Naturalmente la coscienza del locatore rimane sospesa per tutta la durata del turno.



La nostra nebbia si alza e cominciamo a capire da vicino qual è il servizio che l’impresa offre e con quale tecnologia: per dare ai familiari in lutto l’opportunità di dire addio ai propri cari defunti in un modo adeguato (quante volte succede che un caro ci lascia all’improvviso senza che ce ne rendiamo conto?). I ricordi, i pensieri e la personalità dell’“assente” vengono archiviati nel database dell’azienda e successivamente immessi nella mente dei soggetti disponibili, detti “locatori”, solo per alcune ore. Il cervello di questi assorbe i ricordi del defunto ogni volta che si addormenta. Si tratta però di un processo che non può essere ripetuto all’infinito. I parenti possono perciò interagire con la pseudo-persona cara in una o più sessioni, ma sempre di numero limitato, perché esiste sempre il rischio che il locatore possa ricordare qualcosa del passato del caro estinto. Una contaminazione che deve essere assolutamente evitata. Gli stessi dipendenti, impiegati o infermieri o medici, sono strettamente controllati affinché le regole fisse e importanti stabilite dall’azienda vengano rispettate, pena il licenziamento. Quindi, due sono le figure che hanno un’importanza decisiva per la tecnologia creata: l’“assente”, cioè l’individuo che ha cessato di vivere, e il “locatore”, colui il quale si occupa di sostituirlo facendosi immettere la memoria dell’altro e potersi comportare né più né meno come lui, tanto da essere accettato dal parente che ha aderito al programma, con l’opportunità di vivere ancora una giornata o qualcuna in più – studiando rigorosamente la durata a priori, a seconda dei casi – per godere ancora della presenza, per poter colmare qualche lacuna lasciata, per dare un saluto più affettuoso.



Non è mica facile aderire e accettare di ritrovarsi accanto alla persona amata che ha abbandonato la vita, non è detto che si provi solo felicità e conforto: può darsi invece che l’ulteriore addio faccia soffrire di più e in tanti sono perplessi prima di accettare. Il caso di Sal è particolare, essendo sopravvissuto all’incidente stradale in cui la compagna Zoe (Renate Reinsve) è morta: lui guidava ed entrambi erano alquanto brilli ed oggi il senso di colpa è un peso gigantesco che non riesce a sopportare, fino a provare a suicidarsi con alcol e pillole. Solo l’affetto della sorella Ebe (Bérénice Bejo) lo salva fisicamente e psicologicamente, offrendogli la possibilità del servizio di Eterna, dove appunto lavora. E così Sal viene in contatto con la “locatrice” Ava (ancora la straordinaria Renate Reinsve) da cui cerca riparo alle sue angosce e un ultimo momento di felicità ricordando i giorni felici, ancorché afflitti da qualche discussione in merito ad una eventualità di diventare genitori. Ovvio che il disagio si provi, dato che il corpo è di un’altra persona, ma la mente e il carattere e tutto ciò che ne consegue sono sempre gli stessi e pare davvero, per lui come per gli altri usufruitori, di stare di fronte all’amata. I rischi? Per uno come Sal è quello di innamorarsi di nuovo, ma di Ava, non di Zoe, tanto da volerla rintracciare nella vita reale e di qui parte una storia che rappresenta la deviazione inaspettata e pericolosa, perché per poterla riagganciare deve chiedere alla sorella Ebe di infrangere la ferrea regola del limite delle sedute possibili. E così l’uomo scopre il vero lavoro di Ava, che lavora in uno strip club. La trama, ora, ha un cambiamento deciso e prende la strada del mistery, un vero thriller psicologico, direi proprio dell’anima, dato l’argomento della divisione tra anima e corpo.



Lo stimato (da me, senz’altro) Piero Messina, qui al suo secondo film dopo un esordio che ha sollevato perplessità ma che a me è piaciuto tanto (L’attesa), torna sul tema della perdita e sull’elaborazione del lutto (argomento molto frequentato dal cinema), sull’assenza, sulla smaterializzazione di un corpo amato: un marito, una moglie, un figlio come nel caso dell’altro film. Una sparizione altro che indolore, una ferita non rimarginabile che porta all’assuefazione del dolore, al coraggio di non ammetterla e di non riferirla, come appunto succede in quell’esordio. Lì la grande Juliette Binoche riempiva lo schermo con il suo viso triste e un sorriso appena abbozzato verso Lou de Laâge che aveva appuntamento con suo figlio, ma non sa come confessarle che è morto; qui Renate Reinsve come Ava si adopra a sostituire Zoe per distrarsi dalla perdita che ha sofferto e poi accetta la sfida con il cliente, e Bérénice Bejo che ha un ruolo determinante che solo alla fine si riesce a capire. Due donne notevoli per film, con la differenza che qui si muove anche un uomo, un formidabile attore messicano di nome Gael García Bernal, maggiormente apprezzabile se ascoltato in originale, sia in lingua madre, spagnolo, che in quella anglosassone con rilevante cadenza inglese. Lentamente, man mano che il film va avanti, è comunque la straordinaria Renate Reinsve che si prende la scena, bella e bravissima, esplosa con il premiato (quanto lei) La persona peggiore del mondo: un vero talento.



Ancora un prodotto Indigo Film (una garanzia), ancora un cast internazionale, ancora una storia che si confronta con la fatica della sopportazione del lutto, come una recita allestita per rimediare alla morte. Per Piero Messina il cinema è dunque un luogo dell’anima, un set estremo in cui trattenere, per l’ultima volta, i fantasmi. Eppure, il film, che è una storia di fantascienza, ha basi solide, ha un impianto realistico, e che, come molti altri, allunga la vita di chi non esiste più. Il film che più gli è vicino è uno dei primi del celebrato Yorgos Lanthimos, Alps, benché abbia un ben altro climax, dato che tratta di una squadra di quattro persone che rimpiazzano i defunti nelle attività quotidiane, ne ripetono gesti e abitudini e ne rinsaldano i legami con chi li circonda, in modo da non far pesare la loro assenza. Ecco perché è tanto simile, sebbene lì fosse tutto artigianale e di fantasia imitativa: qui domina invece la tecnologia, che però viene rovinata dai sentimenti, dal senso umano, dalla irresistibile voglia di chiedere di più.



Presentato in Concorso al 74° Festival Internazionale del Cinema di Berlino del 2024, girato tra Roma e Parigi in quartieri postmoderni non riconoscibili, con una fotografia livida consona mai calda, alla continua ricerca di un ambiente anodino come un tranquillante che non rilassa del tutto, suggestivo, con personaggi sull’orlo della crisi, anche da parte di chi maschera l’angoscia con sorrisi ed esuberanza (i contrappesi sono rappresentati dai genitori di Zoe), davanti a queste riflessioni, non si può fare a meno di affermare che è anche un film d’amore, che, come dice l’autore “un amore che vive nelle parole, tra i pensieri, nei ricordi, ma che soprattutto vive e cresce in silenzio nei corpi. Di nascosto. Come un segreto del corpo.” Che è ciò che io ho avvertito, oltre che nella scenografia e nei costumi, anche nella scelta della tecnica e dello stile recitativo specialmente nell’ottimo Gael García Bernal e nella sempre sorprendente Renate Reinsve, in particolar modo di quest’ultima, capace di essere cangiante in maniera impressionante passando da un personaggio all’altro. Che attrice!



Il finale non è raccontabile altrimenti si perde la sorpresa maggiore, un coup de théâtre che cambia totalmente la concezione del film che il pubblico si è fatta prima. Un vero capovolgimento e quindi non è mai consigliabile leggere qualcosa in merito, tranne il presente scritto che non rivela alcunché. L’importante è capire con calma e precisione chi sono i due corpi distesi sul letto, prima di addormentarsi. Prima dei titoli di coda, accompagnati anche qui da quel tipo di commento musicale che definiamo D’atmosfera”.

I due? Chissà se si accetteranno. Adesso non importa, è un’altra storia.

 

(Solo per chi vuole leggere il finale, più sotto trova lo spoiler.)



 

 

 

ATTENZIONE SPOILER! ⛔


Alla fine del film scopriamo che non è soltanto Zoe a essere morta: anche la coscienza di Sal è stata risvegliata nel corpo di un’altra persona. Anche lui è morto.

Glielo dice la stessa Zoe, morta in un incidente stradale, risvegliata nel corpo di Ava: è lei che comunica a Sal che anche lui è morto e che quindi non deve sentirsi in colpa, perché nessuno dei due è sopravvissuto.

È la sorella di Sal, Ebe, che ha risvegliato più volte la coscienza del fratello servendosi di più “corpi ospite” grazie alla tecnologia dell’azienda per cui lavora. Ogni volta fotografa i nuovi corpi.

La donna stessa non è riuscita a superare la morte di Sal e Zoe.

Entrambi però decidono insieme di porre fine alle loro esistenze, addormentandosi insieme.

I due corpi ospitanti si risvegliano quindi e si guardano senza sapere chi hanno di fronte, perché ormai Sal e Zoe sono altrove.

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