Astolfo
Italia/Francia 2022 commedia 1h37’
Regia: Gianni Di Gregorio
Sceneggiatura: Gianni Di Gregorio, Marco Pettenello
Fotografia: Maurizio Calvesi
Montaggio: Marco Spoletini
Musiche: Ratchev & Carratello
Scenografia: Isabella Angelini
Costumi: Gaia Calderone
Gianni Di Gregorio: Astolfo
Stefania Sandrelli: Stefania
Alfonso Santagata: Carlo
Gigio Morra: Malagrotta
Mauro Lamantia: Daniel
Alberto Testone: Oreste
Agnese Nano: Franca
Simone Colombari: sindaco
Andrea Cosentino: prete
Biagio Forestieri: Alberto
Maria Grazia Pompei: Serena
Francesca Ventura: Ottavia
TRAMA: Dopo essere stato sfrattato dal suo appartamento, Astolfo, pensionato romano, decide di tornare alla casa di famiglia, un nobile palazzo ora in rovina. Trova un abusivo e altri due tizi che vivono lì e anche il suo nuovo amore: la vedova Stefania.
Voto 6 -
Girovagando tra i paesaggi a lui familiari e i personaggi che ritiene ideali per le sue storie e dopo alcuni film innocenti e simpatici che intrattengono sempre con gradevolezza, ecco ancora una di quelle trame che lo caratterizzano da sempre. Data l’età, ormai più che settantenne, e il physique du rôle che si ritrova, perennemente con il sorriso compiacente e paziente, stavolta è Astolfo, un professore in pensione. Vive a Roma in un appartamento da cui viene garbatamente sfrattato dalla sua proprietaria e siccome gli affitti sono saliti, decide di tornare nella provincia, terra sua d’origine, sulle colline di Artena, nei Monti Lepini, dove è situato il suo antichissimo palazzo nobiliare di famiglia. I grandi salotti pieni di polvere e ormai decadenti, con le crepe nei muri, senza luce, sono abitati da un paesano a sua volta sfrattato dalla ex moglie. Insieme decidono di affrontare tutti gli ostacoli che si sono presentati nel corso dei decenni: il sindaco, che si è appropriato delle sue terre - per costruire villette - appartenute in un tempo remoto alla sua famiglia, e un prete invadente e perfido, che ha murato il suo salone e occupato le sue stanze per fare una sala di musica per i suoi ragazzi della parrocchia.
Ritrova anche il cugino che con la macchina sportiva decapottabile (una spider rossa che tanto ricorda le scorribande e la fuga del Benjamin di Dustin Hoffman) crede di poter fare ancora il dongiovanni con le signore della sua età. È Carlo (Alfonso Santagata) e proprio questi lo scorrazza per il paese e nelle vicinanze per fargli rivivere le antiche avventure giovanili. Gli combina anche un pranzo a quattro con una signora che sta corteggiando, la quale è accompagnata da Stefania (Stefania Sandrelli), una donna della stessa generazione ancora attraente, la quale minerà la sua tranquilla e posata vita. Insomma, gli sveglierà emozioni dimenticate, dato che, come dice, la bottega è ormai chiusa da tempo. Ciononostante, si aprono nuovi scenari di vita. Perché lui, va chiarito, è comprensivo, generoso, timido e, senza saperlo, romantico e di conseguenza, ora, innamorato. È Astolfo.
Allontanandosi, quindi, da Roma, Trastevere, San Pietro, Gianni Di Gregorio si aggira e gira a un’ora dalla sua amata città, trovando ad Artena una libertà di racconto, di luce e di natura tipici del posto. Un paese tranquillo dove gli anziani sono seduti ai tavolini del bar, dove tutti si conoscono e partono facilmente i pettegolezzi. In ogni caso, un luogo di calore, in cui si trova facilmente il senso di umanità che non esiste nella grande città. Ne viene un film simpatico e leggero, forse anche troppo leggero, prevedibile, senza grandi acuti e grandi pretese. Ci sono scene perfino divertenti che sanno di comicità eterea, di disappunto umoristico, di piccoli guai che servono a dare verve ad una storia in fondo molto semplice. È il risveglio dei sentimenti accantonati di entrambi i simpatizzanti, a differenza delle pretese da latin lover del cugino che cerca ancora a quella età il successo amoroso, come dicono i francesi (parole di Astolfo). E giustamente, si dovrebbe dire, perché, come afferma lo stesso regista, sceneggiatore e attore, l’amore non ha età e lasciare aperto uno spiraglio all’amore, all’empatia e all’amicizia è importante per la qualità della vita, soprattutto, dico io, nella fase della curva discendente di una persona, per giunta quando è perbene.
La piacevolezza del film, ma anche di tutti gli altri del regista, risiede anche nei personaggi da lui creati, persino in quelli che in teoria dovrebbero essere cattivi, e che cattivi non lo sono mai. D’altronde, quando il protagonista ha la faccia serafica e disponibile di Gianni Di Gregorio non può essere diversamente. Anche il nome che ha voluto dare al suo personaggio è un indice di uomo d’altri tempi, quasi nobiliare e lui da tale si comporta, come appunto nei film precedenti. La placidità delle figure che lo attorniano è in piena armonia con lui: l’abusivo Oreste (Alberto Testone), il cuoco Malagrotta (Gigio Morra) che si aggiunge per dare un contributo da chef dilettante alla compagnia, lo sperduto Daniel (Mauro Lamantia), sono soggetti popolari e popolani che sono in grado di creare un gruppo coeso e felice di pranzare tutti assieme, nel quieto vivere quotidiano e semplice. Come il film.
Sebbene ci siano buoni ingredienti e buoni attori, il film non è però all’altezza delle opere precedenti, è fin troppo lieve e forse perfino debole nella tenue sceneggiatura e come opera serve semplicemente a trascorrere in serenità un’ora e mezza, principalmente per la naturale dote di Gianni Di Gregorio (che qualcuno trova simile al grande Jacques Tati, il Tati di Trastevere): il suo garbo. Il che si riflette nel suo cinema, in cui coincidono l’artista e il personaggio, un cinema che fa sorridere, fruibile e facile. Solo che stavolta lo è un po’ troppo.
Appena godibile.
Riconoscimenti
David di Donatello 2023
Candidatura miglior sceneggiatura
Nastri d’Argento 2023
Candidatura miglior commedia
Candidatura miglior attrice in commedia a Stefania Sandrelli
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