Ayla - La figlia senza nome (2017)
- michemar
- 1 ott 2023
- Tempo di lettura: 3 min

Ayla - La figlia senza nome
(Ayla) Turchia 2017 dramma 2h5’
Regia: Can Ulkay
Sceneggiatura: Yigit Güralp
Fotografia: Jean-Paul Seresin
Montaggio: Mustafa Presheva
Musiche: Fahir Atakoglu
Scenografia: Süleyman Iyisu, Firat Yunluel
Costumi: Baran Ugurlu
Kim Seol: Ayla / Kim Eun-ja (da bambina)
Lee Kyung-jin: Ayla / Kim Eun-ja (da adulta)
Ismail Hacioglu: Suleyman (da giovane)
Cetin Tekindor: Suleyman (da anziano)
Busra Develi: Nimet (da giovane)
Meral Cetinkaya: Nimet (da anziana)
Ali Atay: Ali
Murat Yildirim: Mesut
TRAMA: Corea, 1950. In una notte buia e fredda, il sergente Süleyman trova una bambina sola e abbandonata in pieno campo di battaglia. Commosso, decide di salvarla e di accoglierla nella base militare turca, crescendola come sua figlia e dandole il nome di Ayla. A poco a poco, tra i due si crea un forte legame ma con l'avvicinarsi della fine del conflitto il generale rischia di perdere colei che per lui significa tutto.
Voto 6,5

La guerra però è solo, come detto, sullo sfondo perché il film punta dritto sul fortissimo legame che nasce tra un soldato turco e una bambina che questi trova abbandonata mentre vagava dopo la morte dei genitori: salvarla, affezionarsi, darle un nome (Ayla, riferito alla luna che splendeva quando l’ha incontrata) e accudirla nella base militare è un tutt’uno. Il giorno del ritorno in patria significò la dolentissima separazione, che non vorrà mai dire per il soldato dimenticarla. Si ritroveranno, un giorno?
Il nostro protagonista è Suleyman, che era appena al college quando era scoppiata la guerra di Corea intorno al 1950. Poiché la Turchia era un alleato degli Stati Uniti, era stato deciso di inviare truppe nella guerra per aiutare la Corea del Sud. A causa di ciò, Suleyman fu arruolato dal governo turco. Una volta giunto sul luogo bellico, egli è testimone degli orrori della guerra e del suo impatto sulla popolazione coreana locale. Durante questo periodo, si imbatte in una ragazzina che probabilmente aveva circa 5 anni, trovata nella fredda notte intorno a corpi di persone morte. Non diceva una parola perché ovviamente sotto shock, tuttavia Suleyman la prese sotto la sua cura e la chiamò Ayla.
Nel corso di molti giorni, l’uomo si prese cura della bimbina. Sebbene ostacolati dalle significative barriere linguistiche, entrambi cercarono di comunicare vivendo le loro vite dell’affetto e dell’attenzione dell'altro. Anche Ayla si aprì e iniziò a imparare parole turche osservando ciò che la circondava. Imparò a memoria persino una canzone patriottica turca. Con il passare dei giorni, la missione coreana di Suleyman volse al termine, ma si rifiutava di partire perché voleva prendersi cura di lei, volendola addirittura portarla con sé in Turchia. Dopo un suggerimento dei suoi superiori, pensò di portare Ayla in una scuola locale per orfani di guerra, ma non poteva sopportare l’idea di lasciarla. I problemi però erano tanti e difficili da superare e, dopo molteplici tentativi, non fu in grado di riuscire nell’impresa e fu costretto a tornare da solo in patria. Facile immaginare la scena straziante della partenza.
A causa di molteplici problemi a casa e delle vicende della vita, Suleyman non poté mai tornare in Corea per rivedere la ragazzina e controllare come stesse. Ma ecco il miracolo, quando più tardi nel tempo, un team di documentaristi televisivi sudcoreani, venuti al corrente dell
a bellissima storia, organizzarono e realizzarono la loro riunione dopo oltre 50 anni.

Come precisato, può sembrare una vicenda costruita a tavolino per far commuovere lo spettatore e avere successo, ed invece è una storia realmente accaduta. E commovente lo è ancora di più proprio perché vera.
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