Babylon
USA 2022 dramma 3h9’
Regia: Damien Chazelle
Sceneggiatura: Damien Chazelle
Fotografia: Linus Sandgren
Montaggio: Tom Cross
Musiche: Justin Hurwitz
Scenografia: Florencia Martin
Costumi: Mary Zophres
Diego Calva: Manuel “Manny” Torres
Margot Robbie: Nellie LaRoy
Brad Pitt: Jack Conrad
Jovan Adepo: Sidney Palmer
Li Jun Li: Lady Fay Zhu
Jean Smart: Elinor St. John
P.J. Byrne: Max
Eric Roberts: Robert Roy
Olivia Hamilton: Ruth Adler
Tobey Maguire: James McKay
Samara Weaving: Constance Moore
Lukas Haas: George Munn
Max Minghella: Irving Thalberg
Rory Scovel: Il Conte
Katherine Waterston: Estelle Conrad
Flea: Bob Levine
Jeff Garlin: Don Wallach
Phoebe Tonkin: Jane Thornton
Ethan Suplee: Wilson
Carson Higgins: Lloyd
Olivia Wilde: Ina Conrad
Spike Jonze: Otto Von Strassberger
Chloe Fineman: Marion Davies
TRAMA: Verso la fine degli anni Venti, Hollywood va incontro al più grande dei cambiamenti: il passaggio dal muto al sonoro. Molti artisti vedono la loro carriera stroncata mentre altri riescono a resistere al cambiamento e a traghettarsi nella nuova era.
Voto 5,5
Eccettuato il film precedente (First Man - Il primo uomo del 2018) che trattava di ben altro, Damien Chazelle al quinto lavoro continua su soggetti in cui predomina la musica, con o senza coreografia di balletti corali o non propriamente musicali ma portando la nostra attenzione su un argomento più particolare, un momento storico che ha rivoltato come un calzino l’industria floridissima di Hollywood negli anni Venti con i suoi innumerevoli enormi capannoni, luoghi dei set in continuo fermento. È il momento del traghettamento dal muto al sonoro, cambiamento non solo uditivo ma soprattutto fondamentale perché, come è intuibile, da quell’istante lo spettatore poteva finalmente conoscere la reale voce degli attori, già grandi beniamini. Sarebbero stati all’altezza da allora in poi? Difficile dirlo, tant’è che non pochi di loro avvertirono un disagio, anche con grandi ripercussioni sul loro equilibrio psicologico. Si sentivano inadeguati, come se fino a quel momento si fossero mascherati dietro la cortina delle didascalie. Sulla Storia del Cinema sono tanti i film (e non è facile farli bene) ma il regista è entrato nella psicologia e nei drammi personali dei protagonisti e delle incalcolabili figure secondarie che vi lavoravano, con tutti gli svariati tipi di mestieri. A cominciare dall’avvento dei microfoni e dei tecnici del suono, che prima non esistevano.
Il cinema di Chazelle è pregno di note e di balli e se in La La Land aveva portato due divi ad impegnarsi in entrambe le funzioni, qui raggiunge vette che forse non saranno mai superate. Basta osservare i primi lunghi estenuanti minuti (che diventano pochi se rapportati alla notevole lunghezza del film) in cui c’è un frastuono di musica tambureggiante ad un ritmo infernale (che ritorna più volte nell’arco della durata) e una moltitudine, che pare impossibile da contare, di comparse sfrenatamente scatenate in balli e atti erotici senza inibizioni, sovraeccitati dalle sostanze stupefacenti utilizzate senza limiti, con le ovvie ripercussioni da polvere bianca a fiumi e persino urolagnia esibita senza vergogna e scene da overdose. In quel periodo storico, Hollywood è la terra promessa per eccellenza, il sogno americano che si manifesta sotto le forme più libere e libertarie che si possano immaginare: attrici ed attori che fanno carriera sia per meriti artistici che per quelli derivanti dal concedersi ai potenti produttori dell’epoca.
Chiunque poteva (come oggi, d’altronde) sperare di diventare una star e tra i tanti che ci provano c’è una ragazza che dire spigliata è fin troppo poco. Nel marasma che ci introduce in quel mondo a sé, infatti arriva Nellie LaRoy (Margot Robbie), convinta di essere già una superdiva senza mai essere stata su un set. Ne è certa e tanto basta, da contraltare c’è invece una vera star, Jack Conrad (Brad Pitt), celeberrimo ed alcolizzato attore e assoluto dio del cinema muto del momento. Data la fama dei due noti interpreti verrebbe da pensare che siano gli assoluti protagonisti della trama ed invece questa si snoda con un altro personaggio ed interprete che assume il compito di filo conduttore e di raccordo umano tra le due figure. È un messicano, immigrato alla ricerca di fortuna, Manuel Torres, che in seguito si fa chiamare Manny presentandosi, per far più bella figura, originario di Madrid. L’interprete è il bravissimo Diego Calva (messicano per davvero), che si rivela una notevole scoperta da parte del regista.
Se Margot Robbie (la sua Nellie è ispirata all’attrice Clara Bow) deve lavorare in continuo stato sopra le righe, nel bene e nel male, nella buona e cattiva sorte, felicissima del successo che non le piove addosso perché lo ha strappato con le unghie e con il corpo voluttuoso ed offerto, oppure depressa perché consapevole di essere fondamentalmente ignorante e volgare, giunta in California con i peggiori difetti del New Jersey; se Brad Pitt (il suo Jack è a sua volta ispirato all’attore John Gilbert, marito della Garbo, ma pare il sosia affascinante di Clark Gable, baffetto che strega, sorriso che uccide, capello impomatato che scende lungo la guancia, insomma irresistibile) è un personaggio melanconico, dalla fine segnata, irresistibile amante di ogni donna che incrocia, l’ideale per un ruolo di questo genere; ebbene, se questi sono gli interpreti e i personaggi di richiamo per il film e per i film nel film, senza il contributo riuscito e umanizzante di Diego Calva in Manuel Torres detto “Manny”, la storia sarebbe stata banale.
E se (ancora un se, forse ce ne sono troppi per questo film) in mezzo allo sterminato elenco di personaggi e attori di un immenso cast di un numero incontenibile di comparse ci sono ruoli, non proprio (de)scritti a dovere, ci sono attori ben noti che recitano in modo indegno (o forse degno dei Razzies Awards), solo assieme ai due noti attori il messicano fa un figurone. Come personaggio è il più comprensibile e vicino alla realtà, esprime le nostre perplessità osservando il pazzo mondo fuori di testa e di regole che lo circonda, ama seriamente Nellie, ha la pazienza necessaria per non soccombere tra droghe, alcol e insensatezza, soccorre sempre sia l’uno che l’altra, ha la capacità di attendere il momento giusto di proporre alla donna di seguirlo per salvarla, che si guarda intorno attonito. Incredibilmente, in quel mondo, esiste un angelo. E si chiama Manuel. E sarà, quindi, l’unico che si salverà, perché ha i piedi per terra e tornerà, per forza di cose contrarie, alla vita quotidiana ordinaria ed avrà la scena più emotiva dell’intero film, quando si emoziona, ride e piange in una sala cinematografica davanti ad un film, ovviamente ormai sonoro.
L’altra scena importante è girata tra il divo che decade su un piano inclinato inarrestabile, Jack, che non vuole arrendersi alla sua pochezza di attore parlante, e la cinica ma apprezzabile obiettiva critica di cinema e di spietato gossip Elinor St. John (Jean Smart), in cui la donna gli dice chiaramente che lui è un attore finito ma non se ne deve rammaricare: il bello del cinema è che un attore, anche se muore, anche se trascorre un secolo, resta immortale. Per sempre. Con la sua immagine e le scene che ha girato. E questo, per noi appassionati, è vero, verissimo. Chi dimenticherà mai i grandi attori del passato? In fondo, il lavoro di Damien Chazelle è infatti un atto di amore profondo dedicato al cinema e non come industria come lo si mostra qui, ma come idea, come sogno, come un bisogno della nostra sete di cultura. Ma soprattutto, ripeto, è un’idea, che diventa ideale, che ci fa sprofondare nel racconto di una cinepresa, ora telecamera, che immortala un movimento, un’espressione, un dialogo.
Poi succede che per eccesso di amore, si va oltre il limite, come è capitato a Damien Chazelle, che ha messo tanta di quella carne a cuocere che invece di toglierla cruda perché troppa, l’ha bruciata per ritrovarsi con un arrosto di cui non sappiamo che fare. È l’eccesso che rovina tutto. E quindi eccoci ad un opera ricchissima anzi troppo, contraddittoria, dibattuta (critica divisa), che si presta a un lavoro interpretativo ampio, insofferente alla riduzione aritmetica dell’opinione tradotta in un voto, è un “dietro le quinte” che non finisce mai, o che finisce male, è un Titanic che non fa piangere, è un Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo che non fa ridere, è una Babilonia in cui si parla non molte lingue ma moltissimi linguaggi di personaggi egoisti che vivono solo di e per se stessi. Solo il povero Manny sopravvive perché normale e perché fuggito anzitempo e per necessità. L’amore del regista non è solo nel corpo del film ma anche in un finale, che è significativo, in cui scorrono le immagini di decine e decine di film che hanno fatto la Storia.
Proprio come questo film, che, in fondo, è stato un flop: 110 milioni di costo e 63 incassati. Una megaidea che ha prodotto un progetto non riuscito. “Hollywood favolosa, lussuosa, lussuriosa e ridicola, gloriosa e dolorosa, generosa e volubile, paurosa e sfrontata, stralunata, festosa e terribile, ignobile, adorabile, pidocchiosa e ineffabile, rozza, pazza, geniale, magica, tragica, illogica, fatale e provinciale, avida e splendida, viziosa e candida, Hollywood portentosa, per metà buffonata, ma per metà leggenda. Colorata, disperata, stupenda… Hollywood!”, diceva tempo fa un addetto e che viene giustificato da un elefante che passa tra i lussuriosi ballerini iniziali, ma è, penosamente, solo un pretesto per nascondere il passaggio di un cadavere da scaricare altrove. Ed è questo che può succedere anche a chi ha le migliori intenzioni. Di che materia sono i sogni? Era questo forse l’intenzione dell’autore? Abbiamo visto cos’era la febbre del sabato sera, ora assistiamo alla febbre del cinema, che però non si può misurare con un numero sul termometro della votazione: l’emozione si è fatta progetto e copione e poi non ha visto il miracolo sullo schermo. Eppure, un metodo c’è, almeno il mio: se alla fine della visione penso che mi piacerebbe rivederlo, anche subito, vuol dire che mi ha stregato; se mi dico che non lo rivedrò più, è un giudizio definitivo.
No, non supera la sufficienza e un mezzo voto (ma si può quantificare?) è solo per premiare: primo, le buone intenzioni e la buona volontà del regista; secondo, la bravura cristallina di Margot Robbie: terzo, la simpatia di Brad Pitt, che mi dà sempre l’impressione di sapersi prendere in giro e recitare per divertirsi; quarto, aspetto più da marcare, le inequivocabili spontaneità e naturalezza del modo di recitare dell’ottimo Diego Calva, veramente una bella scoperta da seguire. Good luck, Diego! Doveroso aggiungere la buona prestazione di Jovan Adepo nel ruolo di Sidney Palmer, un trombettista jazz simbolo del razzismo mai assente in quel mondo come in quello che viviamo quotidianamente, attore che aveva esordito con Denzel Washington in Barriere.
Notevolissima la colonna sonora di Justin Hurwitz, come anche le scenografie.
Il film - che ci mostra il ciclo completo del cinema, dalla nascita e poi l’evoluzione, i destini dei divi, il loro successo e gli eventi mortali e che quindi illustra una certa visione quasi ecumenica di Damien Chazell, direi forse un saggio sul cinema stesso - ha aperto una discussione tra gli addetti che si son divisi nel giudizio, confermando ancora, se ce ne fosse bisogno, che spesso un voto non equivale ad una sentenza definitiva: se ci si aspetta di più da un autore confermato il numero cala, se sorprende positivamente, esso sale. Ma se si mette da parte il film dopo la visione è evidente che abbia deluso. Non c’è nulla da fare: è il cinema di questo regista, che ama raccontare le vicende tortuose e sofferte di alcune persone nel mondo dell’arte, che si amano ma non si prendono. Vedi Whiplash e La La Land, con i finali sempre tristi.
Riconoscimenti
2023 - Premio Oscar
Candidatura per la migliore scenografia
Candidatura per i migliori costumi
Candidatura per la migliore colonna sonora
2023 - Golden Globe
Migliore colonna sonora originale
Candidatura per il miglior film commedia o musicale
Candidatura per il miglior attore in un film commedia o musicale a Diego Calva
Candidatura per la migliore attrice in un film commedia o musicale a Margot Robbie
Candidatura per il miglior attore non protagonista a Brad Pitt
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