top of page

Titolo grande

Avenir Light una delle font preferite dai designer. Facile da leggere, viene utilizzata per titoli e paragrafi.

Cerca
Immagine del redattoremichemar

Campioni (2023)

Aggiornamento: 26 gen


Campioni

(Champions) USA 2023 commedia 2h4’


Regia: Bobby Farrelly

Soggetto: remake di “Non ci resta che vincere” di Javier Fesser

Sceneggiatura: Mark Rizzo

Fotografia: C. Kim Miles

Montaggio: Julie Garcés

Musiche: Michael Franti

Scenografia: Jean Carriere (Jean-Andre Carriere)

Costumi: Maria Livingstone


Woody Harrelson: Marcus Marakovich

Kaitlin Olson: Alex

Matt Cook: Sonny

Ernie Hudson: Phil Perretti

Cheech Marin: Julio

The Friends:

Madison Tevlin: Cosentino

Joshua Felder: Darius

Kevin Iannucci: Johnny

Ashton Gunning: Cody

Matthew Von Der Ahe: Craig

Tom Sinclair: Blair

James Day Keith: Benny

Alex Hintz: Arthur

Casey Metcalfe: Marlon

Bradley Edens: Showtime


TRAMA: Un assistente allenatore di basket di una lega minore viene condannato dal tribunale, dopo un incidente stradale, a gestire una squadra di giocatori con disabilità intellettive. Si rende conto che questa squadra può andare più in là di quanto abbiano mai immaginato.


Voto 6,5

Marcus Marakovich è l’assistente del primo allenatore Phil Perretti di una squadra di pallacanestro che gioca in una serie inferiore e ha sempre l’ambizioso progetto di poter arrivare ad allenare, se non in prima persona, almeno a coadiuvare nel massimo e prestigioso a livello mondiale campionato NBA. Intanto si destreggia con il suo carattere rissoso nella mansione che adesso ricopre, che però lo rende insoddisfatto e irascibile, tanto da intervenire brutalmente verso il suo capo durante una partita, nella quale non riesce a imporre le sue idee. Licenziato in tronco, trova sfogo al bancone del bar ad affogare il dispiacere e a celebrare il suo caratteraccio. Uscendo piuttosto brillo, alla guida della sua auto tampona un mezzo della polizia e viene arrestato. Dopo qualche giorno, il giudice che lo processa gli lascia possibilità di scegliere tra 18 mesi di carcere o 90 giorni di servizi sociali da trascorrere allenando una squadra di portatori di handicap intellettivi. Dati il carattere e la presunzione che ha, lo ritiene quasi un’offesa ma pur di evitare la galera accetta e si ritrova così in un centro per ragazzi down, autistici e con altre problematiche per prepararli al campionato di basket a cui partecipano. La comunità The Friends è gestita da un buon anziano che li apprezza molto e sta attento che vengano trattati come meritano, essendo tutti problematici ma bravissimi giovani, anche di buona famiglia. Facile immaginare come le aspettative di Marcus si infrangano immediatamente scoraggiandolo in un’impresa che lui ritiene impossibile: ognuno di loro ha le proprie manie, paure, fissazioni, eppure tutti hanno qualche mansione nella società e amano sentirsi normali, com’è giusto che sia. Marcus inizialmente ha difficoltà, ma man mano che conosce personalmente i giocatori, si rende conto che sono molto più che semplici malati, ma ragazzi gioviali, sereni, bisognosi di affetto e sicurezza. E sono anche umanamente molto in gamba.

Lentamente l’uomo cambia totalmente atteggiamento e non solo verso gli altri, è come se diventi un altro uomo, più maturo e riflessivo, specialmente considerando la vita da un altro punto di vista, senza mai abbandonare il sogno di raggiungere la NBA. Una storia di formazione di un adulto, una sterzata di mentalità dettata dalla nuova esperienza, che non è solo sportiva. Una storia edificante e forse un po’ edulcorata, da buonisti dell’ultima ora. Che però non è nuova, non è originale. Bobby Farrelly, dopo i tanti film semi o totalmente demenziali (uno per tutti è Tutti pazzi per Mary) firmati con il fratello Peter - il quale nel 2018 lo ha abbandonato per affermarsi con un altro film politicamente corretto e vincitore di premi come Green Book – anche lui gira le spalle al passato e va a pescare dalla Spagna un film di successo, Non ci resta che vincere di Javier Fesser che riesegue passo passo.

Stesso protagonista problematico dal punto di vista caratteriale, stessi personaggi giovani, variopinti e portatori di handicap, stessa ambientazione e stessa condanna. Tutto si ripete, con il dovuto adeguamento nello spirito americano, sia nel modo di pensare e agire sia nel modo di fabbricare le battute dei dialoghi che Mark Rizzo ha scritto con la verve che ben si adegua al cinema del regista. Confesso che mi sono avvicinato con senso molto critico perché non amo i remakes né i sequel ma siccome le prime scene, soprattutto una volta che il protagonista arriva nella palestra e nell’ambiente ricreativo in cui deve scontare la pena, sono drappeggiate da felici battute abbastanza divertenti, il film ha catturato l’attenzione necessaria. Anche se, con un linguaggio differente, le situazioni e le frasi sono molto simili all’originale, ciò non annoia. Forse la versione spagnola sarà migliore, ma anche questo si fa vedere con piacere.

Sostanzialmente uguale, la storia ha però una variazione di tipo sentimentale, e per questo si distacca dall’originale. Se lì il protagonista Marco aveva una vita coniugale turbolenta e in netto disfacimento, qui Marcus (Woody Harrelson) non ha donne se non quelle rimorchiate, ma – ecco la variante – quando viene a contatto con Alex (Kaitlin Olson), la sorella di uno dei più simpatici componenti dei Friends, Johnny (Kevin Iannucci), si crea una certa attrazione tra i due, maggiormente perché la donna è più che indipendente e sola nella vita relazionale. Si crea così un tira e molla che devia un po’ gli aspetti principali della trama e ne diventa un ramo a parte, alternando le vicende dei ragazzi e della loro attività a quelle del rapporto che ha alti e bassi tra i due adulti, allacciandosi in un punto di contatto quando il ragazzo non accetta la situazione e quindi influisce sulla resa del team in campo e in palestra. Ma dire che Johnny è tra i più simpatici significa fare un torto a tutti gli altri, perché dal riluttante Darius (si scoprirà il drammatico motivo dei suoi rifiuti (altro particolare da storia educativa) a Cody, a Craig, a Blair, a Benny, ad Arthur, a Marlon, a Showtime e per finire alla grintosissima Cosentino, ragazza trascinante e di forte carattere, sono tutti piccoli eroi di vita quotidiana che creano una forte empatia con lo spettatore.

Il lato avventuroso arriva con il campionato che affronta il gruppo, compatto e sempre più legato al suo coach: vincerlo e qualificarsi alla finale da giocare addirittura in Canada, nella gelida e ghiacciata Winnipeg, è un tutt’uno ed ora ci si aspetta solo l’impresa sportiva eclatante. Può mancare, in questi casi, il finale educativo e moralistico? Neanche Peter Farrelly, nonostante la sua fama di scorretto e demenziale, si sottrae e piazza un epilogo che ci ricorda – e a ragione – che nello sport (quello che però non esiste più) non conta vincere ma ci si può considerare sempre vincitori per il fatto stesso di partecipare, ancor più ad una finalissima. Vinceranno The Friends? È da vedere, ma soprattutto non conta nulla: il finale è anche un altro. Anzi, altri (no spoiler!).

L’originale è divertente e riuscito, questo è un gradino sotto e meno cattivo, forse sin troppo moralistico, ma Woody Harrelson non è il tipo che si spaventa per un ruolo così lontano dai suoi soliti (qui gli tocca perfino sentirsi dire “Non sei McConaughey!”), la bella Kaitlin Olson dà il suo egregio contributo, ma chi vince davvero in questo film è la compagnia dei giovani che si rivelano bravissimi a recitare, a muoversi sul set, come attori consumati. Anzi, quando il regista li lascia fare sono ancora più simpatici. Si tenga presente che il loro casting è stato effettuato da un’organizzazione no-profit che lavora con gli abitanti della regione canadese di Manitoba che hanno disabilità dello sviluppo e autismo. Se davvero ci sono vincitori nella trama sono da ricercare nel cast, in questi ragazzi che si fanno amare incondizionatamente. Sebbene i chiari tentativi di essere edificante possano spesso sembrare condiscendenti, il film è una commedia abbastanza amabile, merito non degli attori famosi ma di questi nuovi divi. Harrelson ha detto che Madison Tevlin (la scatenata Cosentino) “non è una grande giocatrice di basket, ma è una star del cinema”, a testimoniare la bella atmosfera che si era creata sul set.

Ecco cosa succedeva realmente sul set: non è una meraviglia?

Battutacce (e insomma, è un film di Bobby Farrelly o no?) e rock’n’roll, gags per sorridere e colonna sonora da gita di comitiva, errori umani e perbenismo, sport dilettantistico e moralismo.

E storia vera! Il film originale spagnolo era ispirato alla storia della squadra di basket Aderes Burjassot, composta da persone disabili che aveva vinto dodici campionati spagnoli tra il 1999 e il 2014, così come la storia vera di un certo Ron Jones, che negli anni ’80, come si narra, fu condannato per guida in stato di ubriachezza ai servizi sociali come capo allenatore di una squadra di basket di quel meraviglioso mondo. Questo signore scrisse la sua storia, pubblicata nel 1990 con il titolo B-Ball: the Team that Never Lost a Game, che è stato adattato per la prima volta come film per la televisione.

Sarà intrattenimento però è una bella storia.


11 visualizzazioni0 commenti

Post correlati

Mostra tutti

Land (2018)

Comentarios


Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

bottom of page