Cocainorso (2023)
- michemar
- 1 nov 2023
- Tempo di lettura: 6 min

Cocainorso
(Cocaine Bear) USA 2023 commedia thriller 1h35’
Regia: Elizabeth Banks
Sceneggiatura: Jimmy Warden
Fotografia: John Guleserian
Montaggio: Joel Negron
Musiche: Mark Mothersbaugh
Scenografia: Aaron Haye
Costumi: Tiziana Corvisieri
Keri Russell: Sari
Alden Ehrenreich: Eddie
O'Shea Jackson Jr.: Daveed
Ray Liotta: Syd
Isiah Whitlock Jr.: Bob
Brooklynn Prince: Dee Dee
Christian Convery: Henry
Margo Martindale: ranger Liz
Jesse Tyler Ferguson: Peter
Kristofer Hivju: Olaf
Aaron Holliday: Stache
Hannah Hoekstra: Elsa
Ayoola Smart: agente Reba
J.B. Moore: Vest
Leo Hanna: Ponytail
Kahyun Kim: Beth
Scott Seiss: Tom
Matthew Rhys: Andrew Thornton
TRAMA: Uno strano gruppo formato dia poliziotti, criminali, turisti e adolescenti convergono in una foresta della Georgia dove è precipitato un carico di 500 libbre di cocaina in tanti borsoni. Chi lo trova per primo è un gigantesco orso bruno, che ne ingerisce una incredibile quantità, ne diventa subito schiavo e si scatena assalendo tutte le persone che incontra.
Voto 6,5

Siccome il soggetto deriva da una strana storia realmente avvenuta, partiamo da questa.
Un giorno, nel 1985 in Georgia, un orso trovò e consumò una certa scorta di cocaina che aveva trovato nella foresta nazionale di Chattahoochee. Le autorità stabilirono che la droga era caduta da un aereo di proprietà del contrabbandiere Andrew Carter Thornton, il quale, dopo aver impostato il pilota automatico, aveva tentato di lanciarsi con il paracadute carico di denaro, armi e borsoni di cocaina. Diciamo “tentato” perché il suo paracadute non si aprì mai e precipitò rovinosamente al suolo, dove fu trovato dalla polizia. Fortunatamente per gli escursionisti e i cacciatori della regione ma sfortunatamente per l’animale, un orso trovò la sostanza e ne ingurgitò una parte, sopportandone poi le conseguenze. Un cacciatore trovò il corpo dell'orso vicino a un borsone che le autorità stimarono contenesse circa 75 chilogrammi di cocaina. Le circostanze della morte dell'orso furono mai chiarite del tutto, perché il medico legale che eseguì l'autopsia stimò che l'animale aveva assorbito solo circa 3 o 4 grammi di cocaina, meno di quanto sarebbe stato normalmente necessario per uccidere un essere umano della stessa taglia, e quindi che i risultati erano insufficienti per spiegare il fatto che tutti i 75 chili di droga erano spariti. Per cui, alla fine, l'unica vittima pare fu proprio e solo l’orso. Che fu – e questa è già una battuta divertente – soprannominato “Pablo Eskobear”(!).
Da questo fatto di cronaca la bella Elizabeth Banks, al suo terzo lungometraggio da regista, ne ha ricavato una commedia nera adattando la vicenda per ricavarne una storia paradossale che travalica la logica e si trasforma in un’opera decisamente demenziale che, se accettata come un semplice intrattenimento, diverte oltre le aspettative. Ovvio che non è facile che possa piacere a tutti, anzi è sicuramente da escludere, tanto che non pochi hanno definito il film “spazzatura per idioti”: ma è solo una questione di predisposizione alla visione. In più, ci si può trovare d’accordo con chi, nella critica ufficiale, ha scritto che fare un film stupido ma che diverte è senz’altro più difficile di quanto si pensi. E il lavoro dell’attrice-regista ne è la dimostrazione. La sua bravura, con l’evidente aiuto dello sceneggiatore Jimmy Warden, al suo secondo script dopo un horror (quindi siamo sempre nei pressi), è stata quella di mettere assieme personaggi ai limiti dell’ammissibile, tanti personaggi ognuno con una propria missione da compiere, uno più svitato dell’altro, dai più piccoli ai più grandi, tutti incamminati a dirigersi verso il bosco alla ricerca di qualcosa: chi la droga, chi la figlia dispersa, chi per indagini, chi per una camminata lungo il percorso, chi per turismo e chi per regolare i conti e recuperare il prezioso e destabilizzante carico precipitato dal cielo.
Senza tanto dilungarsi sulla trama dettagliata, è già evidente che i personaggi sono tanti e di vario genere, e con una caratteristica: che nessuno, si può affermare, è davvero il protagonista, tutti alla pari. Tranne uno, il principe della foresta, l’orso, che quindi assurge a figura centrale che spaventa, assale, sbrana, sbrandella tutti ma… se annusa nell’aria la vicinanza della polvere bianca lascia perdere la caccia e affonda il musone nel pacco che lo rimanda in visibilio. Demenziale? Sì, assolutamente. E non solo, perché in non pochi momenti ci si ritrova non soltanto, ovviamente, nell’horror ma si sfiora anche l’accento splatter. Ma, beninteso, tra le risate dello spettatore sempre più spiazzato.
Chiariamoci le idee, se ancora necessita: il film è solo un gioco, un divertissement, una stoner comedy, un guilty pleasure che trasuda sangue e alcaloidi. Lo si capisce sin dalle sequenze iniziali ritmate dalla canzone Jane dei Jefferson Airplane. E il tono scherzoso prosegue con le didascalie delle informazioni e sui consigli su come comportarsi in caso di attacco di un orso nero, tratti di Wikipedia.
“Gli orsi neri non sono spinti dalla territorialità. Attaccano a caso gli esseri umani nelle loro vicinanze. Quando attaccano, le vittime hanno un’alta probabilità di sopravvivere difendendosi, piuttosto che sottomettendosi.”

Quindi, inutile precisare che qui si scherza e basta. Già la prima sequenza è assurda. Il trafficante di droga non arriva vivo al suolo perché nel momento di lanciarsi con il paracadute batte violentemente la testa allo stipite del portellone e sviene, scivola, vola giù e splat! Da qui un susseguirsi di situazioni imprevedibili, soprattutto per i vari malcapitati che per un proprio motivo differente entrano in scena, provenienti da posti diversi, ma tutti convergenti in quell’unico posto: poliziotti, piccoli criminali, il boss, suo figlio vedovo che piange la moglie, la ranger che subisce una fine tragicomica, i due ragazzini che segano la scuola e che usano frasi volgari, la mamma che li vuol salvare, ma su tutti l’orso, che in realtà è un’orsa che deve proteggere i due cuccioli bianchi come innevati. Sì, innevati da…

Il finale è degno dell’atmosfera surreale dell’inizio e del corpo centrale e se a tratti il film ricorda vagamente lo slapstick non c’è da stupirsi, visto il tipo di comicità che la Banks adotta, condito da un umorismo nero che prima di far sorridere lascia interdetti. Tutto ciò, a mio parere, indica che non è un film sbagliato o malriuscito ma che è volutamente costruito con l’intenzione di far reagire il pubblico come va poi in effetti a finire, perlomeno riferito a chi si diverte osservando e udendo i dialoghi spiazzanti. I vari personaggi sono in maniera dovuta caricati e alcuni proprio esagerati, persino non attendibili, ma la comicità, non solo quella demenziale, spesso prevede anche questo. Un particolare che non si riesce a non notare è la tecnica di movimento dell’animale protagonista invaso dalla droga: i suoi movimenti veloci, i salti, i balzi in avanti sono, c’è da immaginarsi, volutamente a scatti come un cartoon degli anni 40, maldestri fino al punto di dare l’idea di essere effetti speciali di film di serie zeta. Ed invece.

Da aggiungere, come annotazione, i chiari riferimenti ai grandi successi degli anni ’80 con i nomi dei primi due in ordine di apparizione, Olaf ed Elsa (personaggi di Frozen – Il regno di ghiaccio) oppure il fatto che Keri Russell, Matthew Rhys e Margo Martindale hanno recitato insieme nella serie tv Americans. La nota triste è che è anche il film postumo del grande Ray Liotta che qui indossa i panni del grosso trafficante della droga ma intimorito da chi gli sta sopra nella piramide criminale (sembra di tornare ai tempi di Quei bravi ragazzi).

Il cast, di conseguenza è molto nutrito e soprattutto ben assortito, date le esigenze del variopinto mondo che si ritrova in quella foresta, partendo da Kery Russell che entra benissimo della mamma boomer che ha in casa i poster dei divi musicali di quei tempi. Chi faccia ridere più degli altri non è facile stabilirlo, poiché ognuno ha il suo momento di gloria, ma chi incuriosisce, forse, più degli altri è sicuramente Margo Martindale, che non è più giovane e in quel ruolo (si) diverte e le sta stretto (è una questione di taglia), seguita a ruota da Alden Ehrenreich in un personaggio macchietta che deve subire non solo il peso fisico intero dell’orsa ma anche – persino, udite, udite – le sue avances. Tanto che la bestia si addormenta profondamente subito dopo, come un essere umano dopo l’amplesso. No, non è un paese per persone normali.
Insomma, cosa ha combinato Elizabeth Banks? Beh, tra gags e battute da svitati, tra gente che spara all’orso e colpisce solo persone, tra sbandati che fanno i gradassi ma che chiedono perdono se va male, la bella attrice ha sfornato un’ora e mezza da strapazzo e se si ridacchia ha fatto centro, se vi annoiate no. Non so quante volte dicono “Bear?”, per la meraviglia che un orso abbia assalito un uomo, che sia non drogato ma addirittura strafatto, che è nascosto nel bagno. “Bear?”
Parafrasando Manfredi, se vi divertite è un piacere, se non vi divertite che piacere è?
C’è chi no, io sì.
Piccola nota: il titolo italiano, differente dall’originale che abbina con logica la “sostanza” e l’animale, lo trovo spiritoso, una trovata, che a me dà l’impressione di un allarme. Attenti, c’è tanta della coca in un orso!!!!!!! Ed infatti c’era da stare alla larga.
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