Confidenza
Italia 2024 dramma 2h16’
Regia: Daniele Luchetti
Soggetto: Domenico Starnone (romanzo)
Sceneggiatura: Daniele Luchetti, Francesco Piccolo
Fotografia: Ivan Casalgrandi
Montaggio: Aël Dallier Vega
Musiche: Thom Yorke
Scenografia: Paolo Bonfini
Costumi: Sonia Travaglia
Elio Germano: Pietro Vella
Federica Rosellini: Teresa Quadraro
Vittoria Puccini: Nadia Labaro
Pilar Fogliati: Emma Vella
Isabella Ferrari: Tilde
Elena Arvigo: Luisa
Giordano De Plano: Itrò
Luca Gallone: Franchino Gilara
Bruno Orlando: Claudio Petrini
TRAMA: Pietro, professore di liceo, e Teresa, sua ex studentessa prodigio, si incontrano e si amano. Succede però che in un gioco di confidenze, appunto, Pietro rivela qualcosa di sé che cambierà per sempre il loro rapporto, con lui attanagliato dalla paura di lei che sa troppo e potrebbe sconfessarlo pubblicamente. Rovinandolo.
Voto 6 -
Due punti di partenza per ragionare sul film.
La pubblicità diceva, tempo fa, che un diamante è per sempre, ed è vero per via delle sue proprietà fisiche. Lo si regala per conquista e si spera, almeno, per amore. Ma è proprio l’amore che non è per definizione eterno: lo si promette, lo si spera, ma spesso non è così. Lo è tante volte ma non sempre. In questo film, di eterno, pare ci sia solo una confidenza, che si dicono nell’orecchio i due principali protagonisti Pietro e Teresa. Quel segreto, quasi inconfessabile e che lui sussurra a lei, durerà non solo per la durata della visione, ma anche dopo, anche molto dopo, dopo la parola fine. Quindi per sempre, perciò per l’eternità. Non ce lo dice il romanzo di Domenico Starnone da cui viene la sceneggiatura (terzo soggetto del regista dai libri dello scrittore), non ce lo dice Daniele Luchetti. Figuriamoci Pietro! E neanche la sua attenta e incisiva ascoltatrice Teresa Quadraro, lo stesso cognome di un quartiere di Roma. Quindi, l’amore ed il segreto del professore, reo di una colpa che conta meno del terrore che lui venga scoperto, che fa più paura all’uomo più del segreto stesso, più del contenuto, più della confidenza stessa, prima rivelata e poi causa di tutte le conseguenze che ne derivano.
Pietro Vella (Elio Germano) è uno stimato professore di un liceo nella periferia di Roma. Fra le sue studentesse c’è la bravissima e talentuosa Teresa (Federica Rosellini): dopo la maturità l’attenderebbe la facoltà di matematica, materia in cui eccelle in maniera straordinaria, ed invece decide di non continuare (misteriosi i motivi) per fare la cameriera in una trattoria di pesce. Quando Pietro scopre casualmente, tempo dopo, la reale situazione, cerca di farla riflettere e farle cambiare. Anzi, riesce a convincerla a riprendere gli studi e - come lo spettatore sospetta sin dai tempi della scuola, in cui la giovane guardava estasiata il suo professore prediletto quando parlava di paura e amore, di amore per la paura e della paura d’amare - tra loro nasce una forte storia sentimentale. Un giorno, tra i tanti passati nella casa di lui, dove vivono una apparente vita serena d’amore, lei provoca uno strano gioco di confidenze: devono confessarsi l’un l’altra un segreto che non hanno mai riferito prima a nessuno. Il guaio è che non lo raccontano neanche al pubblico: se lo sussurrano nell’orecchio suscitando non poca curiosità. Ma come capita sempre nel cinema, si immagina che prima o poi, al massimo nella scena finale, drammatica o allegra che possa essere, lo spettatore ne verrà a conoscenza e capirà l’essenza del film. Invece nulla! Intanto, dal momento del gioco perverso (tale si rivelerà) Teresa, senza dare segnali di preavviso, il mattino seguente sparisce dalla casa con tutta la sua roba lasciando Pietro inebetito e dubbioso del fatto che la causa sarà stata proprio quella confidenza maledetta.
La vita continua e anche gli anni scolastici, fino a quando, qualche anno dopo, il prof sposa la bellissima ma isterica collega di matematica Nadia (Vittoria Puccini), donna totalmente differente dall’altra, persona insicura e in cerca della sua strada. Teresa, invece, diventerà una importante personalità nel campo della matematica internazionale nota in tutto il mondo per le sue scoperte nel campo prediletto, dopo che si è trasferita nell’Università di Boston. Alla vigilia, però, di ogni avvenimento importante della vita di Pietro, lei ricompare puntualmente, come un fantasma che mette paura all’uomo, paura che deriva dal timore che riveli il segreto. Prima del matrimonio; durante la conferenza che Pietro tiene nelle stanze ministeriali per le sue importanti pubblicazioni in merito al suo personale pensiero di come bisognerebbe insegnare e svegliare la passione e l’attenzione degli studenti; alla premiazione da parte del Presidente della Repubblica per meriti civili nelle stanze del Quirinale. Lui ha un appuntamento importante della sua vita e lei si ripresenta senza scampo, terrorizzandolo ogni volta.
Come detto, Pietro è un apprezzatissimo insegnante di lettere, amatissimo dai suoi studenti, perché dà loro molta libertà, perché non segue i tradizionali canoni scolatici, perché li sa stimolare ricevendo risposte incoraggianti che dimostrano quanto funzioni il suo metodo. Un idolo! Ma, come scopriamo lentamente, è una illusione, un paravento di un uomo che non riesce ad avere un rapporto paritario con le donne, ne è succube e pirata, è incostante, bugiardo: la sua figura è una costruzione dietro la quale si cela una persona inaffidabile. Ogni relazione finita è, per lui, spesso la miccia per quella successiva, soprattutto per chi ha bisogno, come lui, di conferme, essendo così insicuro anche del futuro e della mossa seguente. Ed eccolo, ogni tanto, salire sul davanzale, sul terrazzo dell’edificio, della scuola, di dove si trova, con la tentazione di farla finita. Ci si mette anche il regista con sequenze al termine delle quali si intuisce che sono visioni, tentazioni, scene immaginate. Nulla è affidabile, nulla è certo, come Pietro. È un uomo che vive ostaggio di se stesso e di tutte le sue proiezioni e le sue immaginazioni, e non a caso il film stesso gioca a sua volta con questi piani, mescolandoli. Comunque, monta in lui questa grande paura per aver confessato qualcosa al grande amore della vita e da quel momento ha paura che il segreto diventi di dominio pubblico e che venga sconfessato, che qualcuno possa scoprire che è un impostore. La sua paura, che potremmo definire terrore, scaturisce dal suo ex amore, quella Teresa di prima durante e dopo, che lui inizialmente cerca – perché crede di essere in grado di farlo - di dominare ma poi, quando capisce che la situazione gli è sfuggita di mano, ne ha una paura folle. Lo si nota quando la rincontra: occhi sbarrati, la osserva turbato, poi sorride per cercare di sembrare tranquillo e sereno, con la speranza di riconquistarla e domarla.
Nel frattempo si è fatta una famiglia con Nadia e con la piccola Emma (da grande interpretata dalla crescente Pilar Fogliati), apparentemente tutti felici, in cui il gioco dei segreti rivelati nell’orecchio continua come un tormentone. La moglie è felice dei successi dell’uomo come docente e pubblicista ma ogni tanto dubita della sua fedeltà, che di certo non è una dote che possiede, tradendo la moglie anche con l’editrice Tilde (Isabella Ferrari), incaricata dal Ministero. Ad ogni ricomparsa di Teresa la domanda che ci si pone è perché, nonostante l’atteggiamento mai benevolo dopo la fuga, continui ad amarlo. Forse semplicemente perché il suo è un rapporto con la verità molto più sano e più antiborghese. Si cresce con l’idea che i segreti si debbano lavare in casa propria, ma lei invece pensa che la verità possa essere una liberazione. Per questo quando ne fa cenno non si rabbuia ma sorride, anche se il suo sorriso, con quegli occhi incavati di Federica Rosellini, è l’anticamera del terrore (immagino che Luchetti l’abbia scelta per questo). La sua, poi, è una figura femminile scomposta, selvatica e imprevedibile e questa cosa è un aspetto deflagrante che mette disagio, soprattutto a quest’uomo pronto a deflagrare.
Il merito di Daniele Luchetti è quello di aver esplorato un territorio non facile come quello dell’esame di una società ipocrita e sformata, persino anche impaurita e presuntuosa come il protagonista, ma – e questo è il lato negativo del film – lo fa diventare una via di mezzo che non è né un thriller psicologico con un personaggio che si sente colpevole, né un approfondimento serio e completo degli anomali rapporti che il protagonista ha con le donne. Ne ama una ma le sfugge e non sa perché; ne sposa un’altra ma dimostra freddezza e falsità nei comportamenti; sta per andare a letto con l’editrice ma è troppo terrorizzato avendo rivisto (e rieccola) la donna che gli condiziona la vita. Il film vola radente come un drone che non si alza per una panoramica esplicativa, ma neanche atterra per mostrarci un primo piano delle relazioni umane.
Inoltre, troppa commistione e confusione tra scene reali e visioni, sceneggiatura zoppicante, scelta non felicissima di tutti gli attori. A cominciare dalla Rosellini che ha girato a 34 anni nel ruolo di una 18enne e nel decorso degli anni della trama resta sempre uguale. Poi, ha una recitazione troppo “recitata”, poco sincera. Non overacting, per intenderci, ma sorrisi forzati ed eccessivi, con quello sguardo che mette paura non solo a Pietro, anche allo spettatore. Capisco che il tema è la paura dell’amore, ma qui ci si ferma solo alla paura!
E poi, che si dica! Non si tratta del “non detto” che tantissime volte è una legittima e riuscita maniera per rivelazioni nel corso della visione, che è una necessità narrativa che riesce, però, solo ai grandi autori, ma che non si saprà mai cosa si son detti nell’orecchio non è ammissibile. Va a finire che ai titoli di coda ci si aspetta finalmente la grande verità ed invece anche i titoli di coda finiscono e lo spettatore è ancora lì a chiedersi cosa mai si son detti, cosa ha terrorizzato Pietro dal primo all’ultimo minuto. Ed è ancora vivo? Si è suicidato? L’hanno spinto? Alfine, si intuisce che si è trattato solo del solito MacGuffin, l’espediente (ir)rilevante per fornire una motivazione alle azioni dei personaggi e allo svolgersi della trama. Insomma, il regista voleva puntare tutta l’attenzione sulle vicende umane e non sul segreto.
Che Elio Germano sia bravissimo non c’è bisogno di ribadirlo. È il tipo di attore di cui - a me capita – ci si dimentica ma ogni volta che lo si vede all’opera ci si accorge che è uno dei due o tre migliori che abbiamo ora in Italia. Anche qui è veramente bravo. Federica Rosellini vorrei rivederla per capire se sa fare anche altro; Vittoria Puccini è ottima e quella voce leggermente rauca la rende ancor più bella e sensuale. Pilar Fogliati non ha molte scene ma l’urlo finale è spropositato.
Il film è deludente ma va data la quasi sufficienza per l’insieme e per la bravura degli attori, ma il film, ripeto, è inconcludente. Sarà pure “stratificato e complesso” come ha scritto qualcuno, ma sicuramente lo è in eccesso.
“Mi metti a parte di una confidenza
Senza vocali e senza consonanti”
(L’apparenza – Lucio Battisti)
Yorumlar