Diabolik - Chi sei?
Italia/Francia 2023 poliziesco 2h4’
Regia: Manetti Bros.
Soggetto: Angela e Luciana Giussani (albo n.107)
Sceneggiatura: Manetti Bros., Michelangelo La Neve
Fotografia: Angelo Sorrentino
Montaggio: Federico Maria Maneschi
Musiche: Pivio e Aldo De Scalzi, Calibro 35
Scenografia: Noemi Marchica
Costumi: Ginevra De Carolis
Giacomo Gianniotti: Diabolik
Miriam Leone: Eva Kant
Valerio Mastandrea: ispettore Ginko
Monica Bellucci: Altea di Vallenberg
Pier Giorgio Bellocchio: sergente Palmer
Chiara Martegiani: Elisa Coen
Massimiliano Rossi: Diego Manden
Mario Sgueglia: Emilio
Francesco Turbanti: Loris
Emanuele Linfatti: Martin
Michele Ragno: Vladimiro
Max Gazzè: Giulio Mondan
Carolina Crescentini: Gabriella Bauer
Giacomo Giorgio: Zeman
Paolo Calabresi: King
Lorenzo Zurzolo: Diabolik a vent’anni
Barbara Bouchet: contessa Wiendemar
TRAMA: Catturati da una spietata banda di criminali, Diabolik e l’ispettore Ginko si trovano faccia a faccia. Costretti a condividere una cella, senza via di uscita e certi di andare incontro a una morte inevitabile, Diabolik decide di rivelare all’acerrimo nemico il suo misterioso passato. Intanto, Eva Kant e Altea sono alla disperata ricerca dei loro uomini. Le strade delle due rivali potrebbero essere destinate a incrociarsi.
Voto 6
In un primo momento pare di assistere all’ennesima rapina di Diabolik (Giacomo Gianniotti) ed Eva Kant (Miriam Leone) dai risvolti virtuosi, tali sono la fantasia e l’arte che i due hanno pensato di adottare per portare a termine il loro acrobatico colpo ed invece è solo il progetto di un piano da attuare perché, quando lo mettono in atto, salta tutto a causa di una banda di rapinatori che fanno irruzione nella banca presa d’occhio da entrambe le parti criminali ed il colpo sfuma. Succede infatti che, mentre la mitica coppia è in azione, una gang degna dei più riusciti heist movie americani fa irruzione nell’istituto di credito per rubare il denaro delle casse e scopre in una saletta riservata la contessa Wiendemar (Barbara Bouchet) che sta facendo valutare le sue monete d’oro antiche – conservate in una cassetta di sicurezza - da un esperto, dove Eva, travestita da impiegata addetta, è pronta al furto. La banda non solo va via con il grosso bottino e le monete ma lascia a terra anche qualche morto: sono davvero violenti e senza scrupoli! Poteva Diabolik subire un tale smacco?
Impossibile che resti inattivo! Inizia così la ricerca del nascondiglio della refurtiva, che si scopre essere nella villa dell’avvocato Diego Manden (Massimiliano Rossi), il capo dell’organizzazione. Compito che si assume anche l’integerrimo ispettore Ginko, determinato a mantenere ordine e legge nella città di Clerville, dove, tra l’altro, è tornata la sua bellissima amante Altea di Vallenberg (Monica Bellucci).
I colpi di scena sono tanti ma il più clamoroso è che i banditi si trovano ad affrontare sia Diabolik che Ginko nella villa dell’avvocato, entrati separatamente e contemporaneamente di soppiatto per trovare il tesoro. La sorpresa impensabile e sensazionale sta nel fatto che i due, presi prigionieri, si ritrovano assieme rinchiusi in cantina e legati: forse per la prima volta in assoluto sono uno di fronte all’altro ma ostaggi e impotenti, trovando quindi l’occasione per parlarsi senza inseguirsi. Saranno le loro rispettive donne (sorpresa delle sorprese, per giunta prendendosi la scena di eroine d’azione tutta al femminile, una rivincita femminista, perciò) a trovare il modo di aiutarli, proprio quando il capo della gang e i suoi efferati scagnozzi stanno decidendo di ucciderli. Ed invece chi soccombe è uno dei più fidati collaboratori dell’ispettore, che diventa una sorta di martire eroico.
Il motivo della domanda insidiosa del titolo, che si chiede chi mai sia Diabolik, nasce dal fatto che, lui ed il poliziotto, trovandosi nella condizione impotente di prigionieri incatenati, cominciano a confidarsi e il diabolico ladro si svela in maniera inaspettata al suo nemico. Racconta, infatti, la sua infanzia avventurosa e come il criminale King (Paolo Calabresi), capo di una potente organizzazione malavitosa di livello mondiale, lo aveva accolto nella sua segreta isola e cresciuto senza mai avere un nome, apprendendo tutte le arti del crimine. Lì aveva studiato anche un composto chimico per realizzare maschere sottili grazie alle quali assumere l’identità di qualunque persona e aveva assunto il nome che porta ora da quello di una pantera nera imbalsamata in possesso dell’uomo: Diabolik, ecco cosa era in origine!
A prescindere dalle immancabili avventurose vicende della trama di questo episodio, le caratteristiche salienti spiccano evidenti ben presto. Innanzitutto, il confronto ravvicinato, prima impensabile, dei due prigionieri– con l’ispettore abbastanza rassegnato e il ladro ottimista come sempre - poi la spiccata intraprendenza delle due donne che diventano determinanti per uscire dai guai, ad un passo dalla morte. Ma ciò che meraviglia e si distacca dai precedenti episodi è che i Manetti mescolano il racconto fantasioso e fumettistico con il sottogenere dei polizieschi all’italiana tanto in voga negli anni ‘70/’80, detti poliziotteschi, caratterizzati per il realismo crudo, le sequenze d’azione violente e i protagonisti complessi. E quindi sparatorie feroci e molte uccisioni, che è quello che inaspettatamente accade in questa occasione: mai visti tanti morti nei primi due episodi. Proiettili e sangue, mitra e pistole e pugnali che fanno sgorgare il rosso sangue visibile anche nelle sequenze nel bianco e nero espressionista della narrazione degli anni trascorsi dal protagonista come ospite nell’isola. I Manetti celebrano quegli anni del cinema italiano con tutti i particolari che lo richiamano: la voluttuosa lingerie retrò, il night sordido e fumoso, le basette puntute che scendono verso la bocca, le bottiglie di whisky con ghiaccio. Girata tra Bologna, Trieste, Milano e scorci del litorale laziale e calabrese, la pellicola pare davvero trasportarci in un'epoca lontana, feroce e fascinosa, che culmina con il cameo di Barbara Bouchet, grande protagonista dei gialli polizieschi dell’epoca. Una citazione nella citazione, si potrebbe dire.
A far compagnia al pubblico durante la visione ed esaltare i momenti ci pensano le musiche di Pivio e Aldo De Scalzi e Calibro 35, che hanno scritto, più che un commento musicale, vere canzoni per ogni sequenza, con titoli pertinenti e per le voci di interpreti molto noti (Alan Sorrenti, Mike Patton, Mario Biondi, Raiz, Franco Ricciardi). A cui si aggiunge la ormai consueta recitazione da parte degli attori con la dizione “fumettistica” a cui, però, conviene adeguarsi, pena restare sconcertati, a maggior ragione udendo la voce di Monica Bellucci, la quale sarà bella ma quanto a recitare fa desiderare parecchio, per giunta stavolta con un certo accento mitteleuropeo.
Si può affermare che la chiusura della trilogia è stata la migliore puntata, con molti personaggi e tanti colpi di scena, più avventura e più rischi corsi dai personaggi, tantissimi travestimenti (persino nell’ultimo shot, e variegate località, inseguimenti come nella Milano da bere e criminale, omaggi sparsi qui e là, passione e divertimento, principalmente da parte di chi ha diretto, cantato e recitato. Non so se i vecchi appassionati del personaggio siano rimasti soddisfatti o meno, perché i tre film sono sviluppati con una recitazione straniata e i duetti tra le due donne, qui più importanti del solito, sono anche quasi caricaturali. In complesso non è malaccio, ma un “estraneo” come me dedicherebbe meglio il tempo per altri film.
L’unico fatto certo è che è un’opera che col trascorrere del tempo si lascia guardare sempre meglio, migliorando di minuto in minuto.
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