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Est - Dittatura Last Minute (2020)

Aggiornamento: 19 feb


Est - Dittatura Last Minute

Italia 2020 commedia 1h44’


Regia: Antonio Pisu

Soggetto: Maurizio Paganelli, Andrea Riceputi (libro)

Sceneggiatura: Antonio Pisu

Fotografia: Adrian Silisteanu

Montaggio: Paolo Marzoni

Musiche: Davide Caprelli

Scenografia: Iuliana Vilsan, Paola Zamagni

Costumi: Magda Accolti Gil


Ivano Marescotti: voce narrante

Lodo Guenzi: Rice

Jacopo Costantini: Bibi

Matteo Gatta: Pago

Paolo Rossi Pisu: Girolamo

Ana Ciontea: Costelia

Ioana Flora: Andra

Liviu Cheloiu: Emil

Ada Condeescu: Simona


TRAMA: Nel 1989, a poche settimane dalla caduta del Muro di Berlino, Pago, Rice e Bibi, tre ragazzi di ventiquattro anni, lasciano la tranquilla Cesena in cerca di avventura: dieci giorni di vacanza nell'Europa dell’est, verso quei luoghi in cui è ancora presente il regime sovietico. Giunti a Budapest conoscono Emil, un rumeno in fuga dal suo paese a causa della dittatura. L'uomo, preoccupato per la famiglia rimasta in Romania, chiede l'aiuto dei tre. Il compito è semplice: portare una valigia alla moglie e alla figlia. Mossi da compassione e in cerca di emozioni, i tre si dirigono in direzione Bucarest, nel cuore della dittatura di Ceausescu. Senza sapere cosa li aspetta.


Voto 6,5

Volendo raccontare questo film come una favola, si potrebbe iniziare dicendo che c’erano una volta tre ragazzi di Cesena che nel 1989, poco prima della caduta del Muro di Berlino, un po’ per gioco, un po’ per noia, ma soprattutto per il senso di avventura che li spinge, decidono di partire per un viaggio verso l’Est europeo con meta Budapest e l’Ungheria in genere perché, a sentire le loro fantasie giovanili, “Si va a figa!”. Vivendo la placida provincia emiliana, roccaforte politica italiana della sinistra, sono attratti dalla vita di quella zona e dalla certa facilità di abbordare le ragazze locali, per cui si armano di tanti indumenti intimi femminili da regalare alle prime occasioni. Ma anche cioccolata, oggetti da donare e poi, non si sa mai, una bella fornitura di generi alimentari tipici emiliani. L’entusiasmo è tanto e lo spirito di avventura anche: la gioventù si esalta in questi casi.

Sono tre amici scherzosi e simpatici, ognuno col suo carattere ben differente dagli altri. Rice (Lodovico Guenzi, meglio noto come Lodo, il leader del gruppo musicale Lo Stato Sociale) è quello più ansioso: basta un minimo contrattempo per mandarlo nel panico e non vuole mai rischiare più di tanto. Bibi (Jacopo Costantini) è il più corrucciato dei tre, pronto alla battuta, spesso fuori luogo, che lo caccia tante volte nei guai; ma il suo tempo di intervento facilmente inopportuno è dovuto al facile entusiasmo che lo anima e alla poca riflessione prima di parlare; con lui è facile fare figuracce e se ne pente sempre dopo. Pago (Matteo Gatta) è posato e sorridente, guida l’auto dell’avventura e sembra il più riflessivo della comitiva. Tre bravi ragazzi, semplici, allegri, pronti allo scherzo e alla battuta e non vedono l’ora di puntare il muso della macchina verso est. Dove però l’ottimismo e il sorriso si spegneranno lentamente, scorgendo la reale vita degli ungheresi e soprattutto dei romeni ancora sotto la dittatura di Ceausescu: gente ridotta alla miseria e alla fame da un regime infame, persone che guardano all’Italia come un emigrante di inizio Novecento all’America. L’umore dei tre cambierà capendo che quelle regioni dell’Europa non sono il paradiso del socialismo, ma l’inferno del comunismo, delle libertà individuali, del continuo controllo da parte della milizia statale. Partono giovani e spensierati e torneranno maturi, più consapevoli dei valori della vita occidentale, della libertà conquistata con il benessere e la democrazia che si può godere in occidente. La vera svolta, che inciderà sulle reazioni emotive e sulle immediate e future riflessioni dei giovanotti, sarà l’obbligo morale che avvertiranno quando decidono di soddisfare l’accorata richiesta di un rumeno conosciuto a Budapest, la cui valigia deve arrivare nelle mani della moglie e della figlia: uomo di cui non sapranno più nulla e nelle didascalie nei titoli di coda ne viene anche svelato il penoso esodo forzato in un campo profughi in Austria e non conosceremo se si è mai ricongiunto con i suoi cari.

È impressionante, e la commedia diventa tragedia, almeno per qualche attimo, guardare le immagini di repertorio dell’epoca nella Romania impoverita, con contadini senza speranza che si spostano alla ricerca di un posto più sicuro o di code di gente dagli occhi spenti davanti agli sguarniti negozi alimentari. Rice, Bibi e Pago li osservano – nei frammenti di finzione – dai finestrini dell’auto ed è in quei frangenti che realizzano la realtà di quel Paese. E completano la conoscenza della situazione nel momento in cui la polizia li avverte in maniera minacciosa per il loro comportamento non gradito. Ripartiranno con il cuore gonfio, consci che la loro gita non è stata una scampagnata ma un viaggio di istruzione che ricorderanno per sempre.

Questa storia, già raccontata da due di loro (Maurizio Paganelli e Andrea Riceputi) nel libro Addio Ceausescu, è così diventata un film molto apprezzato sin dalla presentazione a Venezia 2020. A firmarlo è Antonio Pisu, figlio dell’indimenticabile Raffaele, che in collaborazione con Paolo Rossi Pisu (fratellastro che ha scoperto solo qualche anno fa e che nel film interpreta un trafficone italiano stabilitosi a Bucarest, quasi sosia del padre, tanta è la rassomiglianza) ha fondato nel 2016 la casa di produzione Genoma Films. Il film parte come commedia d’evasione, con tre personaggi molto tipizzati, poi diventa un romanzo di formazione forzatamente on the road, che fa sorridere e commuovere e riesce a sorprendere nel suo passare gradualmente dalla commedia a qualcosa di inaspettato, con questi tre ragazzi italiani ingenui che partono da una vita comoda e arrivano in un posto dove si vive ancora come nel Medioevo. Fa specie poi che i tre partono dalla cosiddetta regione rossa dell’Italia per andare a scoprire proprio l’Est europeo di quegli anni bui. La visione interessante dei giovani (e del film) è racchiusa nel fatto che vengono a conoscenza, viaggiando e visitando, del vero e reale socialismo così distante da quello immaginario di cui si chiacchierava allora in Italia. Visione che non solo conduce alla classica domanda “Te lo immaginavi così?” ma anche al cambio di rotta mentale, che passa dall’avventura di andare a divertirsi con le ragazze dell’est alla scoperta della realtà. Accompagnati dalle canzoni dell’epoca, da Battiato a Al Bano e Romina, il primo del tutto sconosciuto ai rumeni, le canzoni dei secondi note alla stregua di un inno nazionale italiano.

Buonissima la regia di Antonio Pisu, che sa cogliere molto bene lo spirito del libro e di ciò che i protagonisti provarono in quei giorni. Il trio Lodo Guenzi, Jacopo Costantini, Matteo Gatta è simpaticissimo e lavorano in piena armonia, perfetti interpreti dell’Italia giovane degli anni Ottanta e della libertà semplice che animava i giovani per bene.

Buon film.


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