Fire Squad - Incubo di fuoco (2017)
- michemar
- 23 ott 2020
- Tempo di lettura: 4 min

Fire Squad - Incubo di fuoco
(Only the Brave) USA 2017 azione 2h14’
Regia: Joseph Kosinski
Soggetto: Sean Flynn (articolo su GQ)
Sceneggiatura: Ken Nolan, Eric Warren Singer
Fotografia: Claudio Miranda
Montaggio: Billy Fox
Musiche: Joseph Trapanese
Scenografia: Kevin Kavanaugh, Marisa Frantz, David Meyer
Costumi: Louise Mingenbach
Josh Brolin: Eric "Supe" Marsh
Miles Teller: Brendan "Donut" McDonough
James Badge Dale: Jesse Steed
Alex Russell: Andrew Ashcraf
Dylan Kenin: Robert Caldwell
Geoff Stults: Travis Carter
Ryan Busch: Dustin DeFord
Taylor Kitsch: Chris MacKenzie
Sam Quinn: Grant McKee
Kenny Miller: Sean Misner
Thad Luckinbill: Scott Norris
Ben Hardy: Wade Parker
Nicholas Jenks: John Percin Jr.
Jake Picking: Anthony "Baby G." Rose
Matthew Van Wettering: Joe Thurston
Geoff Stults: Travis Turbyfill
Ryan Jason Cook: William Warneke
Scott Haze: Clayton Whitted
Michael McNulty: Kevin Woyjeck
Brandon Bunch: Garrett Zuppiger
Jeff Bridges: Duane Steinbrink
Andie MacDowell: Marvel Steinbrink
Jennifer Connelly: Amanda Marsh
TRAMA: Il 30 giugno 2013 diciannove vigili del fuoco di Prescott, in Arizona, vengono mandati a spegnere il fuoco divampato sulla montagna di Yarnell. Contro ogni previsione, si dedicano sotto la guida del loro coraggioso capitano a portare a termine un obiettivo ritenuto impossibile, diventando nella peggiore delle situazioni delle persone migliori.
Voto 6,5

Viene spontaneo quando leggiamo titoli come questo (da noi parzialmente in inglese, tra l’altro neanche quello originale ma con completamento in italiano per specificare meglio il contenuto del film) pensare alle solite baraonde da action movie ed invece con sorpresa bisogna dare i giusti meriti al regista e al film, che si rivela alla visione sufficientemente avvincente e godibile. Esso rientra di diritto nel lunghissimo elenco del cinema americano che ama celebrare con la solennità dei finali e con la retorica (inevitabile e per certe giuste ragioni) che si denota necessaria per rendere maggiormente omaggio al ricordo di chi ha messo in gioco la vita propria e dei colleghi per compiere fino all’ultimo istante il proprio dovere. Il che comporta inevitabilmente la narrazione del coraggio e della dedizione dei protagonisti, elementi essenziali per assicurare la protezione che tanti operatori offrono nel loro lavoro quotidiano, che siano poliziotti, infermieri, dottori, pompieri e via dicendo. In particolare, in questo caso proprio questi ultimi, che come sappiamo bene sono per definizione dei simil-supereroi sempre pronti a scavare, spegnere, salire, scendere scalare, affrontare ogni difficoltà con disprezzo del pericolo, di cui sono però consci. Tutti i giorni, in tutti i luoghi, sempre reali e coraggiosi eroi in ogni occasione.

Se c’è un pericolo in questo genere di film si chiama appunto retorica, il raccontare con enfasi l’epicità, la cronaca che esalta le gesta anche oltre i giusti meriti: agli americani piace la figura dell’eroe e amano celebrarlo. Poi ovviamente c’è chi sa raccontarlo in maniera memorabile e altri che pasticciano. Tra i primi c’è indubbiamente il grande Clint Eastwood, che ormai da anni non fa altro che raccontarne uno ad ogni film, spesso armato. Ma questa è un’altra storia. Altri registi sono solo capaci di filmare vicende vere che perdono valore quando vengono sovradimensionate. Nel nostro caso l’autore ha cercato rispettosamente di rimanere fedele alla storia realmente accaduta, senza doverne esagerare e dando il meritato omaggio alla memoria di un gruppo affiatato e valoroso di 19 pompieri della città in cui si svolge la trama.

Come ci si poteva aspettare, diverse sequenze sono girate per evidenziare le prodezze professionali di quegli uomini e si può perdonare al regista di aver accoppiato nella maniera più classica le scene d’azione e la musica dal sapore epico, il tutto ripreso con inquadrature opportunamente posizionate. L’esaltazione leggendaria ne guadagna e il pubblico si esalta: scopo raggiunto. Tutto, diciamo, perdonabile se si tiene conto che i protagonisti si sono meritato tutto ciò.


Il regista, tanto per cominciare, è Joseph Kosinski, uomo avvezzo alle opere di azione e fantascienza (vedi Tron: Legacy, Oblivion, e addirittura il famoso seguito di un grande successo degli anni ’80, Top Gun: Maverick, che purtroppo è stato rimandato al 2021 per via della pandemia) che quindi si trova molto bene con questo tipo di soggetti. Il nutritissimo cast di prim’ordine ha risposto con vigore ad un film “maschio” e rude, da guerriglieri (caratterizzati da un sano cameratismo di tipo militaresco) che devono intervenire tempestivamente per domare i furiosi incendi a cui l’America ci ha purtroppo abituati, tra esplosioni, incidenti industriali e giganteschi fuochi boschivi. Uomini tosti come il film, sequenze forti e spettacolari, abnegazione totale e immancabile sacrificio finale: il massimo per un film americano. Ma quello che risalta maggiormente è però il senso di fratellanza e di amicizia che unisce i 19 uomini e il loro vigoroso capo, Eric Marsh, che viene meritatamente esaltato nel film. Se si tiene conto che inizialmente lui aveva ingaggiato solo giovanottoni (ma anche sbarbatelli) sbandati e senza futuro, ma soprattutto senza scopo morale nella vita, fa ancora più sensazione il lavoro che questo loro condottiero aveva saputo realizzare: unire questi uomini, o uomini a divenire, in un saldo rapporto di fraternità, solidarietà e aiuto reciproco, pur partendo da iniziali rivalità e inimicizia che serpeggiavano tra di loro. Quando sono capitolati davanti alla furia delle fiamme quegli uomini fatti erano un tutt’uno, erano un corpo unico di mentalità e di fatto.


Purtroppo tutto vero, tutto tragicamente accaduto e narrato nel dettaglio in un articolo di “GQ” tragicamente intitolato No Exit, storia dei Granite Mountain Hotshots, una squadra di qualificati pompieri del dipartimento di Prescott (in Arizona) destinati a trasformarsi in eroi nazionali. Consapevoli dei pericoli che correvano e dei rischi a cui andavano incontro, gli uomini non si tirarono indietro quando misero a repentaglio le loro stesse esistenze per salvare la loro cittadina da uno storico incendio. Il finale rende ancora più omaggio ai caduti mostrando nei titoli di coda sia l’attore che il reale uomo che ha interpretato nel film, passando perciò dal duro e coriaceo Josh Brolin (bravo, molto bravo), l’esperto capo della squadra Eric, fino all’ex tossico Brendan interpretato intensamente dal sempre più promettente Miles Teller. L’iconico Jeff Bridges compare in un ruolo di secondo piano e mentre la sempre bella Andie MacDowell ha pochi minuti a disposizione, intenso e forte è il personaggio della bellissima Jennifer Connelly, Amanda, la moglie del caposquadra.
Nulla di esaltante, ma un buon film che appassiona, ben diretto e con sequenze molto ben girate.
コメント