Foglie al vento
(Kuolleet lehdet) Finlandia/Germania 2023 commedia drammatica 1h21’
Regia: Aki Kaurismäki
Sceneggiatura: Aki Kaurismäki
Fotografia: Timo Salminen
Montaggio: Samu Heikkilä
Scenografia: Ville Grönroos
Costumi: Tiina Kaukanen
Alma Pöysti: Ansa
Jussi Vatanen: Holappa
Janne Hyytiäinen: Huotari
Nuppu Koivu: Liisa
Matti Onnismaa: capo ferramenta
Simon al-Bazoon: barista
Martti Suosalo: capo di Ansa
Maria Heiskanen: infermiera
Alina Tomnikov: Tonja
Maustetytöt: loro stesse
TRAMA: Due persone sole si incontrano per caso una notte a Helsinki. È l’ultima occasione per trovare il primo, unico e definitivo amore della loro vita. Il percorso è però intralciato dall’alcolismo di lui, dai numeri di telefono persi, dal non conoscere nomi o indirizzi reciproci e dalla tendenza generale della vita a porre ostacoli a chi cerca la propria felicità.
Voto 7,5
Più che foglie al vento, il titolo originale parla di foglie cadute, già a terra e ammucchiate come inservibili. Foglie di vita, in particolare di Ansa e Holappa, ognuno con la sua magra esistenza, monotona ed esclusa, con lavori saltuari per colpa di cause le più varie. Lei ha perso alcuni familiari per colpa dell’alcol, lui è un alcolizzato nel senso che lo era, lo è, potrebbe esserlo per sempre. Sono semplicemente un uomo e una donna, due vite precarie e solitarie che la sera di un weekend, quando tutti hanno programmi per divertirsi, si incontrano casualmente in un locale dove si canta il karaoke, mentre loro guardano senza capire in cosa consista il divertimento. Poi diventa un rincorrersi, sballottati dal caso e dal dolore, ognuno il proprio. Attorno, una realtà surreale e le storie del grande cinema che sembrano possano materializzarsi sotto l’egida dei grandi registi, sotto i poster dei film che hanno fatto la storia. E così, come padri tutelari, ecco David Lean, Chaplin, Visconti, Godard che li sorvegliano alle spalle, tra vane attese, un ritrovamento fortuito, un appuntamento che chissà.
Aki Kaurismäki non cambia passo o registro. Come suo solito e in pieno suo stile, la lentezza dei movimenti e dei dialoghi brevi segna il suo cinema con personaggi che fissano con lo sguardo un punto indecifrabile e si dicono l’essenziale. Perché, in realtà, questo cinema è semplicemente essenziale: sarebbero fuori luogo i campi larghi, le carrellate, i montaggi frenetici del cinema d’oggi. Il suo è quello delle storie semplici di gente semplice che si accontenta di quello che può avere e aspetta, senza grandi pretese, qualcosa che migliori anche di poco la situazione.
Ansa, quando la vediamo all’inizio, lavora in un supermarket ma viene licenziata su due piedi perché si stava portando via un prodotto scaduto che altrimenti sarebbe andato al macero. Holappa è sabbiatore in uno stabilimento, ma beccato con il tasso alcolemico fuorilegge, dopo un lieve infortunio, viene mandato via. Il suo non è tanto un circolo vizioso, è proprio un cerchio che gira all’infinito: beve perché è depresso ed è depresso perché beve. Tutto tragicamente comico. Si è rassegnato così, mentre la donna, non più giovane ma ancora piacente, amerebbe trovare un compagno da sistemare nella casa ereditata. Quell’incontro potrebbe ora cambiare la loro vita, ammesso che vada a buon fine. Ed invece, un po’ la trasandatezza, un po’ la sfortuna, le cose non vanno proprio lisce. Per dire: lei aspetta una chiamata come promesso ma lui perde il bigliettino con il numero e, non essendosi neanche presentati (che sciagurati!) per eccesso di prudenza espansiva, come fanno tutti al primo contatto, non sono neanche in grado di rintracciarsi o chiedere notizie ad amicizie comuni. Che strana la vita! Il caso ti allontana quando sai come fare e ti rintraccia quando ormai non sai più come fare. Grosso modo ciò che succede ai due sballottati. Ma non tutto è perso perché, in fondo, ma molto in fondo, ciò che spinge Kaurismäki è uno sguardo misericordioso di speranza nell’attesa della persona amata. Magari davanti ad un cinema, che per un cineasta è il massimo.
Smarrimento di biglietti, ricerca affannosa (mai affannata), sfiducia e quindi rinuncia, casualità, incidente, ospedale, luogo ideale per la nascita di un vero amore e il rilancio dei rapporti, come nel più classico dei film sentimentali. Oltre a ciò e alla immobilità fisica e gestuale così tipica del regista finlandese, ritroviamo i consueti colori pastello abbondati non tanto sulla bella fotografia di Timo Salminen (ricordiamo che i collaboratori sono sempre gli stessi, dice lui che ormai non si parlano più, si fischiano… sembra un suo film) quanto sugli oggetti, sugli abiti, sulle pareti: il rosso dominante delle camicie, del maglione e del divano, il giallo e il verde di altre camicie, il blu indaco degli interni. E ovviamente un cagnolino, anzi LA cagnolina del regista, una deliziosa creatura che lui ha trovato per strada in Portogallo, che qui – altra citazione – la protagonista la adotta e la chiama Chaplin. Come sempre, i suoi, sono film riconoscibili sin dalla prima inquadratura.
Ispirata alla canzone composta da Joseph Kosma sui versi di Jacques Prévert per la colonna sonora del film Mentre Parigi dorme, del 1946, diretto da Marcel Carné e resa celebre dall’interpretazione di Yves Montand, questa è una storia sulla ricerca dell’amore, della solidarietà, della speranza e del rispetto per gli altri, per la natura, ed assume le vesti di una commedia tragica e, perché no, romantica. Che è anche dolce e malinconica, con una serie infinita di omaggi al cinema che ispira l’autore, il quale si diverte ad inserire alcuni frammenti di un film di Jim Jarmusch, I morti non muoiono, che Ansa e Holappa vanno a guardare durante il loro primo appuntamento, dove si divertono osservando la contaminazione dell’horror con l’umorismo nero del regista dell’Ohio, che mescola ironia e zombies. Persino la scena finale è una dedica a Chaplin, quando i due, finalmente, si allontanano camminando verso l’orizzonte come succedeva ne Il vagabondo.
È un film che ci parla dell’umanità semplice, ai margini, che cerca timidamente la via per il proprio piccolo paradiso, magari facendosi guidare verso il futuro dalle note della famosa canzone cantata in finlandese al ritmo del punk-rock delle sorelle Maustetytöt (il rock è un’altra costante del regista). Momenti rilassanti e divertenti che spezzano il ritmo ossessionato delle news della radio che parla solo e continuamente della guerra in Ucraina, messa appositamente da Kaurismäki per non ignorarla in questo contesto storico. Una strampalata storia d’amore a contrapposizione della stupidità e della ferocia della guerra in atto e nello stesso momento. Tanto da spingere la dolce ma determinata Ansa ad esclamare “Maledetta guerra!”, mente spegne la radio. Determinata perché lei non esita a prendere una dura posizione nei confronti dell’uomo quando si accorge che non è in grado di disintossicarsi e a cacciarlo.
I luoghi in cui si sviluppa la trama sono pochi e determinati, facilmente localizzati: la fabbrica (o le fabbriche, dal momento che le varie vicissitudini li portano a cambiare lavoro), il pub, il cinema. Tutte le strade del film convergono in questi tre capisaldi, che sono fisici e mentali. Per questo quando non riescono più a trovarsi, si cercano all’ingresso della sala o chiedono informazioni nei pub che frequentano, in mezzo a tanti avventori ovviamente immobili, con bicchieri colmi di birra e di lakka o vodka. E (poteva mancare?) sigaretta in mano, tutti a cominciare da Holappa (non credo che esistano foto di Kaurismäki senza sigaretta fumante, appoggiato eventualmente al bancone di un bar, non credo).
Malinconico e dolce, ricco di sensazioni non espresse ma leggibili, a tratti brusco ma delicato, romantico nell’essenza nonostante la ostentata freddezza del protagonista, che – attenti – non vede l’ora di arrendersi come un pivello innamorato qualsiasi. Perché alla base del cinema di Kaurismäki c’è sempre la generosità e l’altruismo, usati dalle persone buone e di buon senso per combattere l’insensatezza degli stolti. Perché i suoi piccoli eroi si salvano sempre.
Immagino che lo spettatore, alla fine della visione, si accorga che è rimasto con la smorfia di un sorriso per un’ora e mezza.
Menomale che esiste Aki Kaurismäki.
Riconoscimenti
2023 - Festival di Cannes
Premio della giuria
Menzione speciale alla Dog Palm al meticcio Bijou nel ruolo di Chaplin
Menzione speciale al premio AFCAE
2024 - Golden Globe
Candidatura per il miglior attrice in un film commedia o musicale ad Alma Pöysti
Candidatura per il miglior film straniero
2023 - BAFTA
Candidatura per il miglior film internazionale
2023 - EFA
Candidatura per il miglior film
Candidatura per il miglior regista
Candidatura per il miglior attore
Candidatura per la miglior attrice ad Alma Pöysti
Candidatura per la miglior sceneggiatura
Comments