Full Metal Jacket (1987)
- michemar
- 2 mar 2019
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 9 ott 2024

Full Metal Jacket
UK/USA 1987 guerra 1h56'
Regia: Stanley Kubrick
Soggetto: Gustav Hasford
Sceneggiatura: Stanley Kubrick, Michael Herr, Gustav Hasford
Fotografia: Douglas Milsome
Montaggio: Martin Hunter
Musiche: Vivian Kubrick
Scenografia: Anton Furst
Costumi: Keith Denny
Matthew Modine: marine "Joker" Davis
R. Lee Ermey: serg. magg. Hartman
Adam Baldwin: marine "Animal"
Vincent D'Onofrio: marine "Palla di Lardo"/Leonard Lawrence
Arliss Howard: marine "Cowboy"
Peter Edmund: marine "Biancaneve"
Dorian Harewood: marine "Eightball"
Kevyn Major Howard: marine "Rafterman"
Ed O'Ross: ten. "Touchdown"/Walter J. Schinoski
John Terry: ten. Lockhart
TRAMA: Un gruppo di marines americani, reclute normali presto trasformate in macchine per uccidere dall'intenso e implacabile addestramento del feroce sergente Hartman, parte per il Vietnam e sperimenta nella cruda Offensiva del Têt, che ha per teatro la città vietnamita di Hue, gli orrori di una guerra micidiale per entrambi gli schieramenti, da cui i superstiti non usciranno vincitori, né vinti, ma disumani e cinici professionisti di morte.
Voto 10

Assieme a ‘Orizzonti di gloria’, il film sfavilla come pochi nella storia del Cinema di antimilitarismo mostrando le atrocità e la stupidità della guerra, mettendo alla berlina il mondo degli uomini in divisa come nessuno ha mai fatto. Unendo in maniera originale immagini e commento musicale, Kubrick spalanca nelle due fasi del racconto, prima con l’addestramento e poi con l’azione militare sul campo, i nostri occhi come obiettivi di una camera da presa fotografando scene impietose e disumane. Non ci risparmia nulla, perché se mostrasse meno sarebbe inefficace e quasi inutile.

Il Vietnam visto con gli occhi di una recluta è un mondo in cui tutti gli appartenenti all’esercito sono esseri ridicolmente ma terribilmente alieni e gli eroici marines sono ragazzi a cui è stato affibbiato un soprannome e che non hanno idea di dove siano o di cosa stiano facendo. Ispirato al libro The Short Timers di Gustav Hasford, Stanley Kubrick girò un film spietato, comico, raccapricciante e toccante grazie alla sua descrizione di aspetti della guerra raramente mostrati da altri autori.

Nella prima parte domina la figura del sergente istruttore Hartman (il sorprendente R. Lee Ermey): i suoi insulti osceni, fantasiosi e implacabili a tutte le reclute servono a far crollare gli smidollati ragazzi e trasformarli quindi in macchine per uccidere. La terribile ironia di queste sequenze sta nella trasformazione di un disadattato come "Palla di Lardo"/Leonard Lawrence (Vincent D’Onofrio) in uno dei grotteschi uomini-scimmia di 2001, con quello sguardo truce che ricorda i violenti drogati di Arancia Meccanica o del mitico Jack Torrance di Shining.

La spiazzante e nello stesso tempo prevedibile conseguenza è che la prima azione compiuta dal marine appena forgiato è uccidere il suo creatore-aguzzino e poi se stesso. È talmente incisiva questa prima parte che appena iniziano le scene girate in Vietnam si prova quasi un sollievo e ci si può godere le stranianti situazioni in cui il soldato giornalista Joker (Matthew Modine, perfetto nel rappresentare tutto il sarcasmo kubrickiano) si trova ad affrontare individui ancor più folli, come il mitragliere elicotterista che, alla domanda su come si possano uccidere donne e bambini, dice: “È facile, vanno più lenti, miri più vicino!”.

A parte il fatto che solo un genio come Kubrick poteva trattare così Walt Disney, con la mitica strofetta di Topolino, in quello scontro finale tra le macerie non vince nessuno: c’è bisogno di altro per ribadire la stupidità della guerra?

La frase del soldato Joker (il cui nome, o meglio soprannome, del protagonista stride con il contesto) esprime il suo sollievo ma esalta nel contempo il senso dell’opera kubrickiana: “Sono proprio contento di essere vivo, tutto d’un pezzo e prossimo al congedo certo, vivo in un mondo di merda, questo sì, ma sono vivo... e non ho più paura.” Oramai l’esperienza lo ha anestetizzato: l’addestramento e l’esperienza vissuta sul campo lo hanno reso insensibile e cinico.

Il film è seccamente diviso in due parti ed è molto differente da tutti i war movies mai visti. La prima parte è la più scioccante cronaca di addestramento della storia del cinema, mentre la seconda è girata come un’opera senza fiato facendoci stare attaccati alle spalle e agli stivali dei marines mostrando un caos bellico organizzato con precisione chirurgica degna del Maestro. Un film killer, fu definito, con l’idea crudele dell’uomo destinato al fallimento, essendo sempre travolto dai sistemi per organizzare la violenza.

Riconoscimenti
1988 - Premio Oscar
Candidato per la migliore sceneggiatura non originale
1988 - Golden Globe
Candidato per il miglior attore non protagonista a Ronald Lee Ermey
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