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Gifted - Il dono del talento (2017)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 17 set 2019
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 13 nov 2024

Gifted - Il dono del talento

(Gifted) USA 2017 dramma 1h41'


Regia: Marc Webb

Sceneggiatura: Tom Flynn

Fotografia: Stuart Dryburgh

Montaggio: Bill Pankow

Musiche: Rob Simonse

Scenografia: Laura Fox

Costumi: Abby O'Sullivan


Chris Evans: Frank Adler

Mckenna Grace: Mary Adler

Lindsay Duncan: Evelyn Adler

Jenny Slate: Bonnie Stevenson

Octavia Spencer: Roberta Taylor

Glenn Plummer: avv. Greg Cullen

John M. Jackson: giudice Edward Nichols


TRAMA: Frank Adler è un uomo che cresce da solo la prodigiosa nipotina Mary in una città costiera della Florida. I piani di Frank per garantire un'educazione normale a Mary vanno in fumo quando le incredibili capacità matematiche della piccola vengono scoperte da sua madre Evelyn, i cui progetti rischieranno di separare per sempre zio e nipote.


Voto 7



Uno dei sottogeneri che il cinema ci ha spesso offerto è quello dei piccoli geni, dei bambini superdotati, che spiazzano noi adulti e ci fanno talvolta sentire degli incapaci. E non perché siamo al di sotto degli standard ordinari ma piuttosto perché i vari film che si sono interessati all’argomento ci mostrano questi fanciulli talmente intelligenti da farci sentire sempliciotti al loro confronto. Spesso sotto forma di commedia, non poche volte invece sono film che assumono le sembianze di racconti drammatici, sia per le difficoltà che affrontano i ragazzini per affermare le proprie doti, sia per chi li circonda, perché non sempre sa come bisogna comportarsi verso di loro, verso i conoscenti e la scuola che frequentano. Qualche volta addirittura il racconto si tinge di vero dramma, proprio come in questo caso. E non perché la trama porta a tragedia, bensì perché il regista Marc Webb (fattosi conoscere per il giovanile (500) giorni insieme e per un paio di Spider-Man, oltre ad un fiume interminabile di video short e serial TV) sceglie la strada della trama con traumi precedenti ai fatti raccontati.



La seienne Mary Adler è una scontrosa ragazzina, sdentata come prevede la natura a quella età, che una avuto il dono supremo di una intelligenza superiore, totalmente rivolta alla matematica e non quella che ti fa calcolare in un attimo una operazione complessa, ma a calcoli di matematica pura, a quella super scienza che raramente arriva a spiegare delle teorie spesso non dimostrabili, a cui si dedica una intera vita e non ci si riesce. Ebbene, lei invece legge quelle formule come fosse un libro illustrato per ragazzi. Vive con lo zio Frank, che sopravvive riparando imbarcazioni a motore in Florida, mentre la simpatica e affezionata vicina, Roberta, fa le veci di una nonna che non si vede da anni. Quest’ultima è assente sin dalla nascita della sorprendente Mary, da quando cioè è stata partorita dalla mamma cacciata di casa perché incinta. Rimasta subito orfana a seguito del suicidio di questa ragazza, la bimba è stata allevata, per volontà della defunta, dallo zio Frank, il quale si trova nella scomoda posizione di dover allevare la bimba e farle condurre una vita normale e appagante, consapevole però che con un tale genio in miniatura come Mary non è facile: ha il fondato timore di non riuscirci. Per esempio, quale scuola è quella giusta dal momento che si annoia con gli scolari della sua età e con quegli insegnamenti adatti solo ai bambini? Perché non riesce a legare con i suoi coetanei? Lui la ama moltissimo e la considera una vera figlia, ricambiato totalmente sulla base di un fortissimo legame, soffrendo anche perché non ha molto da offrirgli con un lavoro come il suo.



La situazione già non facile si trascina avanti con tanti dubbi ma viene completamente destabilizzata dall’improvvisa comparsa della ricca e prepotente nonna Evelyn che pretende di strapparla al figlio per farle frequentare addirittura il MIT di Boston dove lei abita, per sfruttare le sue enormi potenzialità e magari (sogno mai abbandonato perché anch’ella è stata una studiosa del ramo) portare a termine il compito che la figlia morta si era prefissato: le “Equazioni di Navier-Stokes”, un sistema di equazioni differenziali alle derivate parziali che descrivono il comportamento di un fluido dal punto di vista macroscopico. Una teoria da far tremare i polsi a qualsiasi professore matematico di tutto il mondo. Ne segue una battaglia legale, con decisioni sofferte e scene commoventi.



È qui che il regista Marc Webb doveva prestare attenzione: era facile scivolare nel patetico quando si affrontano sequenze drammatiche con bambini che vengono tirati di qui e di là con conseguenze psicologiche molto gravi che si possono ripercuotere sulla mente dei minori: scene-madri, pianti, urla, sono le caratteristiche di questo genere di film e se non ci si sa destreggiare dosando gli atteggiamenti si scivola facilmente nel penoso e lacrimevole melodramma, rovinando tutta l’opera. Tutto ciò non succede, per fortuna e per la saggezza del regista. Nei momenti topici del dramma se la cavano egregiamente anche gli attori: molto bene Lindsay Duncan nel ruolo antipatico della nonna ed altrettanto sa fare il sorprendente Chris Evans, più avvezzo a ben altri personaggi d’azione e supereroi che lo hanno reso celebre, mentre la sempre in gamba Octavia Spencer svolge da par suo il ruolo della affezionata vicina di casa. La piccola McKenna Grace nei panni di Mary? Beh, e cosa si deve scrivere più dei bambini che recitano come se nella vita precedente sono stati attori affermati? Questa ragazzina entra di diritto nell’olimpo dei dotati di natura ed è uno spettacolo ed una simpatia unica vederla all’opera.



Tirando le somme magari qualche sequenza schiaccia l’occhiolino alla facile demagogia istruttiva (vedi la scena dell’ospedale in cui stanno partorendo alcune mamme), magari viene sfruttata la simpatia della ragazzina o l’avvenenza di un bel ragazzone come Chris Evans, i cui sguardi lanciano strali di forte empatia con il pubblico femminile, ma nel complesso è un film che ispira quella partecipazione emotiva che il regista cercava anche furbescamente, pur senza che io abbia trovato tutta l’operazione maliziosa o abilmente costruita per emozionare in maniera facile.

A tratti simpatico e a tratti commovente, ma con una storia come questa sono due aspetti quasi inevitabili: il film è costruito bene e ci porta perlomeno a ragionare su un problema serio e che ho appunto accennato in questo scritto.

Qual è il modo migliore di educare una bambina dall’intelligenza enormemente superiore alla media, in pratica un vero e proprio genio? Il disagio è degli adulti e purtroppo si rischia di trasmetterlo alla parte debole, il minore.


Nessuno di noi è capace di saperlo né prima né durante. Riflettiamoci.



 
 
 

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Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

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