top of page

Titolo grande

Avenir Light una delle font preferite dai designer. Facile da leggere, viene utilizzata per titoli e paragrafi.

Cerca
Immagine del redattoremichemar

Gloria! (2024

Aggiornamento: 15 set

Gloria!

Italia/Svizzera 2024 dramma 1h46’

 

Regia: Margherita Vicario

Sceneggiatura: Margherita Vicario, Anita Rivaroli

Fotografia: Gianluca Palma

Montaggio: Christian Marsiglia

Musiche: Margherita Vicario, Davide Pavanello

Scenografia: Susanna Abenavoli, Luca Servino

Costumi: Mary Montalto

 

Galatéa Bellugi: Teresa

Carlotta Gamba: Lucia

Veronica Lucchesi: Bettina

Maria Vittoria Dallasta: Marietta

Sara Mafodda: Prudenza

Paolo Rossi: Perlina

Elio: Romeo

Vincenzo Crea: Cristiano

Natalino Balasso: il governatore

Anita Kravos: Donna Lidia

Jasmin Mattei: Fidelia

Gioele Pagura: Giacomino

 

TRAMA: Veneto, 1800. Teresa, soprannominata “la muta”, lavora come domestica al Sant’Ignazio, un decrepito istituto musicale per educande. L’imminente visita del nuovo Papa, Pio VII, getta l’istituto in fermento e, mentre il maestro del coro fatica a comporre qualcosa per l’occasione, Teresa scopre uno strumento musicale di nuova invenzione: il pianoforte.

 

Voto 7



Alla regia, ci sono debutti e debutti, a volte sorprendono non poco non tanto per il talento espresso ma per il contenuto. Margherita Vicario va anche oltre: sorprende anche per l’originalità dell’idea di base, per una regia attenta e rivelatrice, per il saper dirigere un film pieno di personaggi (con interpreti notissimi e meno), per il manifesto estro musicale. Difficile scegliere quale, tra queste doti, sia la preminente, forse è proprio il senso della musica che domina principalmente il film, ma ne è anche l’essenza e l’asse portante. Perché lei è l’autrice delle musiche (assieme al musicista Dade, pseudonimo di Davide Pavanello). E che musiche! Quasi tutte di forte ispirazione ottocentesca. Per questa caratteristica artistica ha ingaggiato attrici adattissime, oltre che brave a recitare, in primis Veronica Lucchesi, componente del gruppo La Rappresentante di Lista, qui attrice che dà un saggio delle sue qualità canore in un momento magico del film. Inoltre, sono presenti molte attrici che fanno parte dell’orchestra del posto, che musiciste professioniste non sono ma hanno studiato per mesi con un coach di violino e violoncello per prepararsi ai loro ruoli. Tuttavia, il complesso musicale è anche composto anche da vere musiciste e coriste di musica barocca. Come premessa, per chi non lo conosce, il film diventa così sicuramente interessante. Comunque, uno scossone la regista lo dà ugualmente utilizzando musica pop in un ambiente così lontano nel tempo e quindi apparentemente fuori luogo, ma che invece risulta una divertente e riuscita provocazione culturale, un anacronismo musicale.



Il film, in buona sostanza, è la rappresentazione di un atto di ribellione e quindi di liberazione per un nutrito gruppo di fanciulle che vivono quasi come recluse in un istituto religioso, il Sant’Ignazio, perché abbandonate, ripudiate, orfane e via dicendo, con lo scopo preciso di educarle alla musica, soprattutto sacra, dato che il responsabile dell’istituzione è un prete-musicista, severo ed imbroglione ora in piena crisi creativa, che diventa un serio problema ora che è stata annunciata la visita del nuovo Papa, Pio VII. Infatti, questi, Perlina (Paolo Rossi) è stato incaricato dal Governatore (Natalino Balasso) a comporre appositamente un brano che le ragazze devono suonare alla presenza di Sua Santità. Le esibizioni, intanto, avvengono ogni domenica in occasione della santa messa, dopo la quale il reverendo, le suore e le giovani ricevono i fedeli nel parco circostante, e tra loro c’è “la muta”, Teresa, che non parla (così pare) ma che cerca sempre di avvicinarsi con amore ad un bambino, il figlio del Governatore e di Donna Lidia (Anita Kravos). Il perché lo scopriremo solo al termine, nel pieno caos di un finale liberatorio.



Ciò che cambia veramente il trantran quotidiano e rigoroso della vita delle fanciulle – bistrattate e rimproverate ma aiutate sempre da Romeo (Elio, delle Storie Tese) - è il segreto arrivo di uno strumento musicale che quei tempi era una vera novità: un fortepiano molto particolare, pesante, tutto di legno massiccio, persino con due pedali e che suona magnificamente. È il pianoforte! Regalato dalla figlia dell’artigiano tedesco Johann Stein, celebre produttore di strumenti a tastiera. Siamo nella laguna paludosa e nebbiosa veneta e la didascalia ci introduce nell’ambiente, mentre vediamo il primissimo piano delle bocche delle cantore che iniziano un armonico vocalizzo di suoni a scatti: Dentro le mura dell’Istituto Sant’Ignazio, da qualche parte vicino a Venezia all’alba dell’anno 1800.



Quando la protagonista Teresa (Galatéa Bellugi), facendo pulizia nel magazzino su ordine del prete, scopre il meraviglioso strumento, si siede e inizia a suonare: nessuno poteva immaginare che sapesse non solo suonare così bene ma anche che potesse essere dotata di una enorme facilità a comporre musiche e cantare con versi all’impronta. Cosa che meraviglia non poco le educande, una volta scoperte: come può avere queste abilità quella serva muta e all’apparenza ignorante? Chi reagisce peggio di tutte è Lucia (Carlotta Gamba), la più brava a suonare e a scrivere musica barocca, talentuosa ma arrogante, che non accetta di avere rivali. Sognatrice e romantica, fantastica che il giovanotto benestante e forse nobile che incontra nottetempo la sposi e la porti via, per essere finalmente una signora, dedita alla sua musica. Le altre, invece, guardano la serva con occhi benevoli e soprattutto Bettina (Veronica Lucchesi) la aiuterà ad esprimere meglio la sua bravura artistica e ad unirla al gruppo nel segreto del magazzino, dove si ritroveranno ogni notte per comporre, suonare, cantare e provare i brani più belli, anche improvvisati. È qui che Bettina potrà dar sfogo alla sua abilità nel canto con i versi poetici che scrive di nascosto. Ma, tra le varie vicissitudini che si vedranno nell’istituto, l’attesa della visita del Papa e del brano che Perlina deve approntare per l’evento si fa trepidante. Ma anche comicamente ansiogena dal momento che quel prete non è assolutamente in grado di scrivere qualcosa di decente, tanto da dover ricorrere a sotterfugi e ad aiuti esterni tramite il suo “preferito” fedele, il giovane Cristiano (Vincenzo Crea), cantante castrato senza talento e fortuna. Facile immaginare le smorfie e le espressioni maligne, grette, egoiste dell’ottimo Paolo Rossi.



Cosa cercano in realtà le ragazze del film è la libertà attraverso la musica. E quindi se di giorno devono rispettare le ferree regole dell’istituto, di notte possono cantare la loro ribellione, lontane dagli occhi giudicanti di troppi preti e troppe suore, “che ancora dicono la loro nel 2029”, come recita il provocatorio brano del secondo album, Bingo (2021), di Margherita Vicario. E l’insofferenza verso istituzioni bigotte e un pensiero arretrato e ristretto cantata nel brano è la stessa che ritroviamo nel film, in un mix di umorismo leggero, ribellione e i vari drammi personali delle fanciulle, ognuna delle quali ha il sogno di realizzarsi, dopo tanti anni di restrizioni. E se vogliono vincere la loro battaglia – questo lo intuiscono presto - Teresa e le altre devono fare fronte comune, devono procedere unite, compatte, a maggior ragione che sono ormai un gruppo, anzi un coro, in cui le voci e gli strumenti armonizzano insieme. Ed allora ecco il concerto finale, liberatorio gesto di autoaffermazione in musica e in ballo, un Sister Act all’italiana ottocentesca. Poverine, si son viste portar via tutto durante la loro breve vita: la libertà, il futuro, i figli (soprattutto se nati dalla violenza esercitata dal signorotto locale, come si scopre), l’amore (soprattutto se si infatuano di giovani le cui “buone famiglie” mai acconsentiranno all’unione con una ragazza di così indegne origini). Che cosa resta? La musica! Mica per niente la regista ha voluto affermare, a scanso di equivoci, che il suo film è un racconto in musica, che la fa da padrona senza mai diventare veramente un musical.



In ogni caso, gli epicentri del film sono due: il pianoforte, ovviamente, essendo lo strumento-trampolino che permette alle donne di iniziare il grande salto, e lei, soprattutto Teresa, amorevole e combattiva, docile solo all’apparenza ma indomabile nella realtà, messa a tacere per coprire l’insulto subito anni prima. ma pronta all’affermazione della personalità forte che possiede e che va fortificandosi per merito del pianoforte. Quello sguardo a viso leggermente chinato indica una tigre che sa che deve attaccare nel momento opportuno, riscattando sé e le altre, ormai divincolate dalla soggezione patriarcale e religiosa. Infatti, se quelle di Margherita Vicario sembrano, sulla bocca delle educande, solo canzonette - oltre ad alcuni brani di Vivaldi - in realtà celano, dietro all’irriverente ritmo pop, l’interesse a combattere fino al costo della vita per trattare argomenti di un certo spessore, che per loro sono vitali. Sono la libertà. Sono l’abbattimento delle regole imposte dalla società dell’Ancien Régime, prima nella musica e poi nella loro stessa vita. D’altronde, le notizie della Rivoluzione Francese, chissà come, sono arrivate fin lì. Dove si attua una piccola grande rivoluzione.



Dice la regista: Il film ha la musica come protagonista e usa la musica come linguaggio narrativo, spiegando che l'idea alla base della sceneggiatura è nata dalla volontà di far conoscere a un pubblico più ampio la storia delle donne musiciste e compositrici vissute in diversi orfanotrofi italiani fra il XV e il XVII secolo, fra cui le collaboratrici del compositore Antonio Vivaldi. Durante la sua vita, mantenne collaborazioni con vari gruppi di musiciste, lavorando gomito a gomito con circa 300 orfane divise in varie istituzioni, con gruppi di un'ottantina di componenti. Una sorta di orchestra. Gli storici sostengono che la sua musica venne profondamente influenzata da questa collaborazione: secondo alcuni, parte dei componimenti di quelle ragazze filtrò nel suo corpus. Quando ho scoperto questa storia, ho cominciato a documentarmi sempre più. Mi faceva impressione come per identificare alcuni compositori non serva nemmeno il cognome (Ludwig! Wolfgang!), e invece personalità come Francesca Caccini da Mantova siano praticamente sconosciute.

Come darle torto?



Galatéa Bellugi è una bellissima scoperta, per me che non l’avevo mai vista prima, e sono curioso di vedere cosa le affideranno ora. Con la sua pronuncia esitante (è parigina di padre italiano) dà un tocco curioso alla sua performance, ma, guidata dalla Vicario o per meriti propri, il suo viso rotondo conquista lo schermo. Carlotta Gamba ha il dono di un viso enigmatico e nello stesso tempo sensuale, pronto alle scommesse della vita, e nella sfida in un ruolo per buona parte antipatico se la cava egregiamente e sicuramente la rivedremo in primo piano. La bontà delle prestazioni delle altre è validata dalla ottima scelta del casting e se all’inizio si resta perplessi ad osservare il loro portamento, lentamente sanno conquistare, una alla volta, la loro porzione di schermo meritatamente. Brave tutte, davvero. Paolo Rossi, Natalino Balasso e Elio sono gemme preziose che conoscono bene il lavoro da svolgere dall’alto della loro esperienza, che, se non è prettamente cinematografica, va benissimo lo stesso, anzi.



Per Margherita Vicario vale l’elogio dell’introduzione, le musiche e la scenografia, come anche la fotografia, sono scelte fatte oculatamente, soprattutto i costumi, per cui il film, come una novella Cenerentola, è piacevole e si fa guardare con piacere, sebbene tutto non sia rose e fiori: la bella favola non va a fondo con lo studio dei caratteri, con l’ambientazione temporale (d’altronde la storia si sviluppa interamente all’interno di quella specie di convento), e lo scontro tra i due generi musicali stride con la realtà, ma – questo deve essere accettato anche dalla critica ufficiale che non ha apprezzato il film – il bello, credo, è tutto lì, la ventata giovanile e moderna portata dall’autrice con coraggio ed un pizzico di incoscienza è una scommessa e tale va accettata. E perché no, elogiata, pur senza eccessivi entusiasmi. La nota più bella è che è una novità nella mediocrità in cui naviga mediamente il cinema italiano



Riconoscimenti

Festival internazionale del cinema di Berlino 2024

In concorso per l’Orso d’oro

In concorso per la miglior opera prima

Nastro d'argento 2024

Miglior colonna sonora

Premio BNL BNP Paribas a Margherita Vicario

Candidatura alla miglior regista esordiente

Candidatura ai migliori costumi



21 visualizzazioni0 commenti

Post correlati

Mostra tutti

Land (2018)

Comments


Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

bottom of page