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Honeymoon (2024)

Honeymoon

(Medovyi misiats) Ucraina 2024 dramma 1h24’

 

Regia: Zhanna Ozirna

Sceneggiatura: Zhanna Ozirna

Fotografia: Volodymyr Usyk

Montaggio: Zhanna Ozirna, Philip Sotnychenko

Musiche: Anton Dehtiarov

Scenografia: Marharyta Kulyk

Costumi: Asya Sutyagina

 

Ira Nirsha: Olya

Roman Lutskyi: Taras

 

TRAMA: Olya e Taras si sono appena trasferiti nel nuovo appartamento che diventerà la loro casa ma all’alba della prima notte vengono svegliati dalle esplosioni: la Russia ha iniziato l’invasione dell’Ucraina.

 

Voto 6,5



Festival di Venezia 2024, Biennale College


Non so se capita anche ai pochi che mi leggono, a me tante volte. Mi chiedo spesso, leggendo o sentendo di terremoti, alluvioni, crolli, accidenti naturali o causati dall’essere più stupido che esiste sulla Terra, cioè l’uomo, cosa stessero facendo le persone in quel momento. Erano a tavola a mangiare, sotto la doccia, guardando la TV, facendo l’amore o semplicemente dormendo come è successo ai corpi carbonizzati di Pompei? Si sono accorti, hanno cercato scampo, sono stati colti di sorpresa e morti all’istante? Quanta paura avevano gli ebrei nei primi anni ’40 quando i nazisti iniziavano a rastrellarli per portarli via per sempre? E come si viene colti quando d’improvviso cominciano a bombardare vicino o vicinissimo? A pensarci fa davvero paura.



Olya e Taras sono una bella coppia, molto affiatata e in procinto di sposarsi (o lo hanno già fatto) e quel bell’appartamento che hanno scelto come casa è abbastanza ancora vuoto ma con il nastro adesivo disegnano sui muri il posizionamento dei mobili che riempiranno le stanze. Felici, architettano e si baciano, progettano e si lanciano segnali d’amore. Non sono più giovanissimi ma è evidente quanto il loro rapporto sia solido e in armonia. Con i loro amici hanno organizzato una festa per celebrare l’inaugurazione della casa e dopo decidono di continuare in un locale, dopo di che, ormai notte, si salutano ma quei conoscenti chiedono ai due innamorati se hanno davvero l’intenzione di passare la notte in quel palazzo moderno sito in una cittadina nei pressi di Kiev: lo hanno sentito che i russi hanno intenzione di invadere l’Ucraina? Qualcuno di loro ha paura e consiglia prudenza o anzi, addirittura, di lasciare per qualche giorno la zona e spostarsi in luoghi più lontani e sicuri.



No, loro due non ci pensano affatto. Hanno fatto tanto per avere quell’alloggio e adesso vogliono abitarci e riempirlo con i mobili scelti. Restano soli e cominciano la nottata tra tenerezze e progetti futuri, compreso una felice gravidanza. A cambiare la prospettiva, nel pieno della notte e del buio, ci pensano le prime, spaventose e cupe, esplosioni: la Russia ha davvero iniziato l’invasione. Che fare? scappare giammai, oltretutto potrebbe essere pericoloso, più che stare al riparo tra le mura. Mica cercheranno proprio loro! Cosa fanno gli altri inquilini? Come reagiscono? Dormiveglia, spavento, sonno leggero e preoccupato sul materasso steso sul pavimento. Le esplosioni aumentano e si avvicinano, sentono i passi dei militari nelle scale, qualcuno strilla ordini, qualche condomino urla come sotto tortura, il vicino di casa bussa (mai aprire, mai!) e li esorta a scappare. Ma per dove?



Honeymoon, luna di miele. È una luna di miele? È il peggior incubo che non potevano immaginare: i loro sogni, la felicità del futuro, la famiglia in costruzione… tutto da demolire? Ma perché, poi? Cosa vogliono questi russi, perché rovinano la vita di gente tranquilla? Il film di Zhanna Ozirna, giovane regista e sceneggiatrice, oltre che montatrice, era iniziato come una pellicola romantica e adesso è più che un incubo, è un horror. Pleonastico dire claustrofobico, dato lo spazio limitato in cui possono muoversi, il problema è che non basta starsene lì chiusi ma che gli aggressori possono fare irruzione da un momento all’altro, possono sfondare la porta e ucciderli all’istante. Taras, più che confortare e tenere su il morale di Olya, non può fare, anche perché ormai teme solo il peggio. Le scatole del trasloco sparse per le stanze diventano una trincea illusoria, il buio delle camere serve a poco, i rumori nel palazzo sono macabri, ogni passo che si avvicina è una minaccia reale. Il silenzio non tranquillizza e quello di loro due è vitale, pena essere scoperti. Busserà qualcuno alla porta, infatti, ma nessuno muoverà un dito né respirerà.



Ecco come ci si può trovare quando accade l’accidente improvviso che coglie di sorpresa le persone ignare. Ecco come si può reagire, ammesso che se ne abbia il tempo. La guerra Russa – Ucraina è iniziata. Se ha sconvolto l’Europa, figuriamoci gli ucraini, specialmente se vicini al confine.



Non vedremo nulla, non ci viene mostrato un corpo sanguinante, non vediamo soldati, inquilini uccisi. Nulla. Sullo schermo solo i due protagonisti atterriti e la nostra mente che immagina, come loro, ciò che sta accadendo fuori per strada, per le scale e i corridoi. I nostri e i loro occhi si spostano nelle orbite per intuire quello che sta accadendo oltre la porta e il portone: uccisioni, sparatorie, stupri. L’orrore. Nel frattempo, le truppe russe allestiscono il quartier generale nella loro casa, proprio nel loro cortile interno. La coppia si ritrova intrappolata nel proprio appartamento senza connessione, acqua o elettricità. Non sanno nemmeno se l’Ucraina esiste ancora. Per i cinque giorni successivi Taras e Olya esploreranno l’oscuro abisso della vera intimità tra due persone e affronteranno domande esistenziali cruciali sotto il costante pericolo di morte. Il loro obiettivo primario è mantenere segreta la loro presenza, organizzare un piano di fuga e credere nella possibilità di un futuro.



Spiega Zhanna Ozirna: “Ho sentito questa storia da un amico. E poi da un altro amico. E poi ho letto una notizia che raccontava una storia simile. Così sono andata da tutte queste persone a registrarne i recenti ricordi degli eventi. Volevo capire come i miei vicini e i miei amici hanno vissuto l’esperienza dell’occupazione, ma anche adattare la storia alle mie idee su questa guerra: le difficoltà affrontate dalla mia generazione in questo momento, le scelte che siamo costretti a fare e la necessità di riconsiderare l’attuale sistema di valori. Per noi era importante anche filmare in Ucraina: lo abbiamo considerato una scelta morale ed etica, perché la guerra è ancora in corso, il ricordo degli eventi è ancora fresco e molti ucraini vivono ancora sotto occupazione. Ma è stata anche una scelta molto pratica, perché un gran numero di professionisti del cinema ucraino ha perso il lavoro a causa della guerra o è stato arruolato nell’esercito. È stato il nostro piccolo contributo alla sopravvivenza dell’industria del cinema.” Fanno già spavento queste frasi.



Il cinema è una certa visione della realtà, a volte falsata per motivi tra i più vari, altre volte fedelissima, in ogni caso esso ha il compito di tenerci aperta la mente e la coscienza. Può sembrare lento, può parere monotono, il film è terribilmente realistico e appassionante e i minuti che passano sembrano lunghissimi mentre invece dura pochissimo. Come quando si vivono le notti di guerra, perché quelle notti paiono eterne e senza fine.



Buonissimo film, almeno per il merito di averci fatto immergere in maniera molto efficace in una situazione impensabile, ma che la gente vive in qualche parte del mondo. Anche in questo momento.



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