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Hot Summer Nights (2017)

Hot Summer Nights

USA 2017 dramma poliziesco 1h47’

 

Regia: Elijah Bynum

Sceneggiatura: Elijah Bynum

Fotografia: Javier Julia

Montaggio: Jeff Castelluccio, Tom Costantino, Dan Zimmerman

Musiche: Will Bates

Scenografia: Kay Lee

Costumi: Carol Cutshall

 

Timothée Chalamet: Daniel Middleton

Maika Monroe: McKayla Strawberry

Alex Roe: Hunter Strawberry

Maia Mitchell: Amy Calhoun

William Fichtner: Shep

Thomas Jane: sergente Frank Calhoun

Emory Cohen: Dex

Jack Kesy: Ponytail

 

TRAMA: Daniel Middleton è un teenager introverso e problematico che dopo la tragica e inaspettata morte del padre si è completamente chiuso in sé stesso, tentando addirittura il suicidio. La madre decide dunque di fargli trascorrere l’intera estate da una zia alla lontana che vive a Cape Cod. È l’estate del 1991, l’anno in cui la località marittima è destinata a soccombere dinanzi ad una violenta tempesta senza precedenti. Prima del suo arrivo però Daniel ha modo di trascorrere il più movimentato ed indimenticabile periodo della sua vita.

 

Voto 6,5



Nello stesso anno in cui uscì Chiamami col tuo nome, Timothée Chalamet appare nel film d’esordio del giovane regista e sceneggiatore afroamericano Elijah Bynum, un’opera fortemente di formazione, un vero coming age in cui l’attore appare persino più adolescenziale di come possa sembrare nel film di Guadagnino. Era comparso già in qualche film importante (Interstellar) ma qui prende decisamente il ruolo da protagonista. È Daniel, un giovane alla ricerca di un posto nel mondo, sbandato, impacciato e depresso a causa della morte del padre, ma anche introverso, traballante, tanto da spingere la madre a fargli cambiare aria e magari a inserirlo, in un ambiente diverso, nella vita spensierata degli altri ragazzi durante il periodo estivo. Motivo per il quale lo manda da una zia che vive a Cape Cod nel Massachusetts, una penisola nell’Atlantico, luogo in cui, anche se inizialmente in modo timido, il giovane sta pochissimo con la parente e cerca fin da subito di partecipare alla vita collettiva che scopre lì.



Fatica a integrarsi con i coetanei ma la fortuita conoscenza con Hunter Strawberry (Alex Roe), affascinante ribelle che tutte le ragazze del posto ambiscono conquistare, ma che è perennemente nei guai con la polizia avendo un piccolo traffico di marjuana tra la gioventù, gli è utile ad ambientarsi. L’incontro segna l’inizio di una strana amicizia, prima impaurita e poi consolidata dall’unità d’intenti: si mettono, infatti, in società nell’attività di spaccio dell’erba, contribuendo con entusiasmo all’allargamento degli affari con nuove idee. Nel frattempo, vista la facilità dei ragazzi a frequentare le belle giovani della cittadina, ha la fortuna di poter avvicinare e frequentare la bella e da molti desiderata sorella del suo nuovo amico, McKayla (Maika Monroe), che ha rotto da tempo con il fratello per via di seri problemi familiari. Si attraggono e si respingono, fino a sancire l’intesa con un lecca-lecca.



Mentre gli affari non solo vanno molto bene ma, anzi, appaiono del tutto redditizi e si allargano a dismisura, Daniel pensa di cavalcare l’onda favorevole puntando sul traffico più proficuo, quello della cocaina, cercando di accostarsi a soggetti pericolosi e dalle maniere spicce, un giro che, a detta di Hunter, non è per nulla alla loro portata e gli avvenimenti susseguenti stanno infatti a dimostrarlo. L’epilogo sarà catastrofico.



La prima parte dà una falsa idea del film, sembrando un banale soggetto di ragazzi e ragazze che godono la libertà estiva lontana dalla scuola e dai parenti, un teen movie come tanti, un’opera per raccontare le libertà che questi potevano godere nei primi anni ’90 pieni di idee libertine, droga leggera, feste, alcol e sesso facile. Invece no, nella seconda parte il film prende la strada piuttosto del teen crime, dove i giochi sono molto più azzardati, compaiono le pistole, si fanno avanti persone da cui stare alla larga, e così via. Hunter, che per tutti è un giovane spavaldo e senza timori, visti gli sviluppi della storia, entra in allarme e la sfrontataggine di Daniel lo spaventa, intimandogli maggiore prudenza, ma quest’ultimo oramai ha preso coraggio e incoscienza e spera di approfittare degli eventi a suo favore, cercando maggiori guadagni, andando in giro con una potente macchina sportiva. Come era prevedibile, camminando su un campo minato, l’ambizione e il precipitare degli eventi porteranno quest’equilibrio a un rovinoso declino. Sono i giorni e soprattutto le notti di un’estate calda che preannunciano pessimi momenti, mentre le condizioni meteorologiche, alla pari di quelle ambientali, stanno precipitando verso un ciclone in arrivo, come quello che si sta abbattendo sulla sconsideratezza del protagonista. E proprio quando lui crede di poter cavalcare la tigre, succede l’ineluttabile.



A metà strada, quindi, tra il romanzo di formazione e il crime più classico, la storia si incupisce e diventa un piccolo noir come queste giovani vite alla ricerca di se stessi e del ruolo che avranno nel futuro della loro esistenza, attraverso le dinamiche che sostengono la parabola di crescita nel periodo in cui il mondo pare una prateria da attraversare con l’incoscienza che è propria dei ragazzi che non hanno una guida che insegni loro a tenere a bada sogni irrealizzabili, che li metta in guardia dai pericoli di quella che sembra una vita facile, dato, indubbiamente, il momento storico di una gioventù che vuole approfittare della libertà che si sono ritrovati.



Il teenager delle prime sequenze è diventato serio, sta scoprendo il pericolo dell’avventatezza, sta imparando a proprie spese cosa vuol dire affrontare le difficoltà di una vita borderline, anche se non proprio delinquenziale, ma molto vicino. Qualcuno resterà a terra, qualcuno dovrà scegliere, qualcuno preferirà sparire e cercare il futuro altrove: nei film americani c’è spesso un bus che ti porta lontano. L’importante è salire sul mezzo che fa cambiare prospettive e speranze, mettendo da parte le ambizioni di facile successo, qualunque esso sia. Son cose che si pagano caramente, a volte con la vita. Dopo una terribile sbandata, l’auto si può sempre raddrizzare e percorrere meglio la strada restante.



Interessante l’esordio di Elijah Bynum, tanto da essere seguito da un altro film, anch’esso mai approdato, come questo, nelle sale italiane, Magazine Dreams, storia di un bodybuilder amatoriale che fatica a trovare delle connessioni umane nella sua esplorazione sociale della celebrità e della violenza, sempre anche scritto da lui stesso. Fuor di dubbio che gli attori principali se la cavino abbastanza bene, ma che Timothée Chalamet sia davvero in gamba lo si vedeva già da questo primo ruolo da protagonista: ha la dote naturale di saper recitare, di saper esprimere molto bene le più intime sensazioni con uno sguardo, un tic, un gesto minimo, nonostante un costante doppiaggio che lo danneggia. È un attore di primo livello e in questa occasione lo dimostrava già, aprendogli una carriera che lo ha portato in alto nel panorama mondiale, dove ci resterà sempre comodamente. Anche se il suo viso ha sempre quella apparenza di un ragazzino che non cresce mai, al contrario della sua folgorante e luminosa professione.

Sue sono due candidature su tre che il film ha avuto nei premi in cui il film è stato nominato.



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