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I dannati (2024)

I dannati

(The Damned) Italia/Belgio/USA-Francia/Canada 2024 dramma storico 1h29’

 

Regia: Roberto Minervini

Sceneggiatura: Roberto Minervini

Fotografia: Carlos Alfonso Corral

Montaggio: Marie-Hélène Dozo

Musiche: Carlos Alfonso Corral

Scenografia: Denise Ping Lee

Costumi: Chris Hoffert

 

Il sergente: Timothy Carlson; i soldati ricognitori: Jeremiah Knupp, René W. Solomon, Cuyler Ballenger, Noah Carlson, Judah Carlson, Bill Gehring, Duncan Vezain, Timothy Carlson

 

TRAMA: Nell’inverno del 1862, in piena guerra di secessione, una compagnia di volontari viene inviata a perlustrare e presidiare quelle terre selvagge e inesplorate che dovranno diventare il territorio del Montana.

 

VOTO 6



Il lavoro del documentarista fermano Roberto Minervini (apprezzati i suoi Stop the Pounding Heart, Louisiana (The Other Side), Che fare quando il mondo è in fiamme?), il quale si cimenta per la prima volta nel cinema di finzione (ma di finzione molto singolare), è un film ambientato durante la Guerra Civile Americana, lontano dalle linee del fronte. Si segue un gruppo di soldati dell’Unione assegnati a esplorare la frontiera nord-occidentale nel 1862.



Nonostante il paese sia diviso, questa missione riunisce uomini di diversa estrazione, promuovendo cameratismo e rispetto reciproco. Il film è caratterizzato da un approccio pacifico e poetico, con una lunga battaglia destabilizzante contro un avversario invisibile. Minervini esplora le tensioni e le convinzioni che modellano l’identità americana, senza sollevare il tema della schiavitù, se non appena in un solo dialogo. Il film si distingue per il suo stile che sfuma i confini tra documentario e finzione, e per la sua attenzione ai dettagli storici e alla rappresentazione autentica dei soldati dell’epoca. Confini sfumati perché in una certa maniera, molto autoriale, pare davvero un film, un racconto, insomma, ma ha molto del documentario: lunghi silenzi, inquadrature bellissime esaltate dalla straordinaria fotografia, uomini (molto stanchi), animali, natura (alquanto difficile da vivere).



La sequenza migliore consiste nell’unica battaglia mostrata, con la macchina da presa traballante che insegue alle spalle i soldati, prima attaccati e poi inseguitori. Ma il nemico? Pressocché invisibile, fantasmi immersi nella foresta e nella mente. Impressionanti, uggiosi e dilungati ma interessanti, i dialoghi: non scritti (così è stato presentato) ma frutto di libere elucubrazioni dei soldati dell’Unione seduti attorno al fuoco, per ripararsi dal gelo circostante, in merito alla loro vita, alle scelte di arruolamento, alla religione, in cui Dio ha dato loro il compito di difendere la terra che ha concesso. E risiamo, quindi, nel retorico pensiero conservatore e destrorso per cui Dio ci spinge a presidiare territori considerati propri, quando invece, a mio parere, vi siamo come ospiti in transito. Per non parlare del fatto che esaltano la Bibbia e Dio ma sono in divisa e con armi moderne ed efficienti per uccidere.



Se l’operazione riesce è per via, nella sceneggiatura, della scelta del regista di lasciare liberi gli attori, che rappresentano se stessi, per due mesi nelle alture del Montana e riprendere i loro movimenti (quelli sì, guidati) e le loro riflessioni a carta bianca, a ruota libera. Quindi, dialoghi molto personali ma pertinenti al periodo, alla ricognizione in corso e al luogo. Tanto personali che questi personaggi non hanno un nome ma il cast li elenca con il solo proprio nome, come personaggi che rappresentano se stessi.



Però ci vuole molta pazienza ad assistere e ad ascoltare. Ecco perché finzione e documentario, terreno prediletto di Roberto Minervini, si incrociano e si mescolano in un matrimonio organizzato ma di libera interpretazione. Può anche dare l’impressione che l’operazione sia perfino un parallelo de Il deserto dei Tartari e della loro fortezza che guarda il deserto, edificio che diventa aggettivo se riferito a questa location.



Il voto è una media tra il non facile compito di assistere e la grande tecnica del regista e della fotografia.



Riconoscimenti

Festival di Cannes 2024

Migliore regia nella sezione “Un Certain Regard”



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