I ragazzi della Nickel (2024)
- michemar
- 1 mar
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 3 mar

I ragazzi della Nickel
(Nickel Boys) USA 2024 dramma 2h20’
Regia: RaMell Ross
Soggetto: Colson Whitehead (romanzo omonimo)
Sceneggiatura: RaMell Ross, Joslyn Barnes
Fotografia: Jomo Fray
Montaggio: Nicholas Monsour
Musiche: Alex Somers, Scott Alario
Scenografia: Nora Mendis
Costumi: Brittany Loar
Ethan Herisse: Elwood
Ethan Cole Sharp: Elwood bambino
Daveed Diggs: Elwood adulto
Brandon Wilson: Turner
Aunjanue Ellis-Taylor: Hattie
Hamish Linklater: Spencer
Fred Hechinger: Harper
Jimmie Fails: Mr. Hill
Luke Tennie: Griff
Sam Malone: Percy
Najah Bradley: Evelyn
Peter Gabb: Mr. Marconi
TRAMA: Nella Florida del 1962, il giovane di colore Elwood, ha l’opportunità di una borsa di studio per il college, ma proprio in quello che sarebbe stato il primo giorno della sua nuova vita, viene incolpato di essere complice di un furto d’auto e mandato alla Nickel Academy, un riformatorio che si rivela essere molto peggio di una prigione. Qui conosce Turner. I due ragazzi diventano grandi amici e si sostengono a vicenda per sopravvivere.
VOTO 7,5

Sarà mai sconfitto il razzismo? Impossibile rispondere e appare alquanto improbabile osservando come nella storia dell’uomo spesso si verificano fiammate di ritorno a seconda dei momenti e delle circostanze, innanzitutto causate da salite al potere di governi, nei vai stati del mondo, più conservatori e più inclini al suprematismo bianco. Di certo, in America il problema è stato sempre presente, anche quando pare che si affievolisca e si vede riaccendere la fiamma della discriminazione razziale. Tantissimi sono i film che si sono sempre occupati della segregazione e altrettanto succede per la letteratura, specialmente statunitense. Il problema, infatti, esiste da secoli e non vede una vera soluzione.
Se ne assume il compito il regista RaMell Ross al suo secondo lungometraggio, portando sul grande schermo non un romanzo qualunque ma il Premio Pulitzer dello scrittore Colson Whitehead, già vincitore di numerosi riconoscimenti letterari. Il suo libro racconta di un mondo dominato dall’ingiustizia e dal razzismo istituzionalizzato nell’America dell’era delle cosiddette Leggi Jim Crow, termine derivato da una canzone-balletto degli afroamericani comparsa per la prima volta nel 1832. Quindi non un nome derivato dall’autore di una legge ben precisa ma piuttosto da un modo di dire di uso comune scaturito da un insieme di leggi emanate nella seconda metà dell’800 che, ipocritamente, consideravano gli ex schiavi come uomini liberi ma separati, uno status che limitava nella pratica quotidiana le libertà necessarie nella vita civile. Di fatto servirono a creare e mantenere la segregazione razziale in tutti i servizi pubblici per i neri americani e per gli appartenenti a gruppi razziali diversi dai bianchi. Quello che il regista mostra nella sua opera è agghiacciante benché si svolga ormai agli inizi degli anni ‘60, che è pur sempre un periodo durissimo per i neri d’America e il film ce lo dimostra in maniera lampante.
L’eccezionalità del lavoro di RaMell Ross sta nel fatto che ha girato il film principalmente in soggettiva e per giunta doppia, nel senso che vediamo una lunga parte iniziale dal punto di vista del povero Elwood e poi da quello di Turner: una genialata che rende ancor più coinvolgente la storia perché noi è come se partecipassimo in prima persona alla storia, alla terribile esperienza di entrambi i protagonisti, soffrendo assieme a loro per le terribili ingiustizie e i tanti soprusi, solo per usare dei termini poco crudeli. Ciò rende unico questo adattamento sia per la scelta narrativa che per quella visiva, offrendo uno sguardo intimo e profondamente umano sul sistema oppressivo che le intrappola. diventando una visione indubbiamente intensa.
Se a questo si aggiunge la disgraziata coincidenza che rovina quella che doveva essere la positiva svolta nella vita del giovane Elwood, si capisce meglio come il destino si sia accanito contro lo sfortunato giovane. Nel 1962 a Tallahassee, in Florida, nell’era appunto del famigerato Jim Crow, il giovane afroamericano sembra destinato a grandi cose nello studio: il suo insegnante, nero come i suoi studenti, lo incoraggia a pensare con la propria testa, rifiutando la visione distorta della storia dei libri di testo del Sud. Tuttavia, il giovane viene cresciuto dalla sua adorabile nonna (che bel personaggio!), dopo che il padre era morto in prigione in circostanze sospette, donna che teme che la società bianca si vendicherà contro di lui se parteciperà al crescente movimento per i diritti civili, attività che lo ha attirarto. Immagini di Martin Luther King, Sidney Poitier e altre icone dei diritti civili vengono mostrate e appaiono in tutto il film, insieme ad altri montaggi, come le immagini del programma spaziale degli Stati Uniti.
È così bravo e diligente che viene accettato in un programma di studio accelerato gratuito presso un HBCU, un college che potrebbe emanciparlo e dargli un titolo di studio importante. Ma mentre fa l’autostop verso il campus, sale su un’auto guidata da un uomo che l’ha rubata e quando la polizia ferma la macchina e arresta l’automobilista, condanna anche Elwood considerandolo suo complice. È nero, quindi sospettabilissimo, anzi, sicuramente colpevole. Semplice, no? I guai, però iniziano solo ora, poiché lui, in quanto minorenne, viene mandato alla Nickel Academy, un riformatorio conosciuto per la severità e per la durezza verso i ragazzi di colore. La Nickel è prima di tutto un luogo di segregazione, tanto che gli studenti bianchi godono di alloggi confortevoli e di un’attenzione personale da parte del personale, mentre i neri sono alloggiati in strutture squallide e la scuola fa pochi tentativi per educarli. Anche se Spencer, il terribile aguzzino sovrintendente bianco, dice agli studenti neri che possono essere rilasciati per buona condotta, in pratica non possono andarsene fino a quando non compiono diciotto anni, poiché la scuola fa soldi assumendoli nei lavori forzati nei campi agricoli.
Il film è una sequela di maltrattamenti sui due giovani sia da parte dei superiori che degli altri detenuti che amano usare violenza lontano dagli sguardi dei controllori e se Turner, il giovane con cui ha stabilito una forte e sincera amicizia, evita qualche moto di ribellione avendo intuito l’aria che tira pur restando cinico e pessimista, Elwood sceglie la strada del silenzio e della sopportazione, da vero discepolo dei suoi eroi pacifisti dediti alla non violenza. La sua espressione mi ha parecchio ricordato quella del giovane Chiron del bellissimo Moonlight di Barry Jenkins: triste, silenzioso, rassegnato ai maltrattamenti. I segreti intanto vengono custoditi in un diario personale del giovanotto, che un giorno servirà a rendere noto quello che di immondo accade in quel lurido posto, dove non si possono escludere anche violenze sessuali e dove a distanza di anni verranno trovate tante tombe anonime.
Ma ciò che impressiona di più, va ribadito, è la tecnica della macchina da presa soggettiva che ci fa vedere quello che i due vedono, con alcuni momenti in cui si muove all’unisono con il corpo fisico (penso con una sorta di steadycam), specialmente quando il film compie un bel salto in avanti nel tempo, un flashforward, dopo averci raccontato la fuga tentata da Elwood dopo essere stato torturato, tentativo che termina tragicamente. Nel futuro, appunto, scopriamo che Turner, sano e salvo a Tallahassee, il luogo di partenza della trama, assume, per omaggio, il nome dell’amico e apre un’impresa di traslochi, pronto a testimoniare la sua tremenda esperienza quando il governo decide di aprire un’inchiesta sul riformatorio.
RaMell Ross non si ferma solo alle scelte tecniche citate ma va anche oltre per dare un forte identità indie al suo lavoro, spingendolo a utilizzare il formato 4:3 e inserendo inserti onirici, viraggi, tagli di luce e d’inquadratura coraggiosi e rischiosi, forse perfino inutili, dato che il materiale di base è già una storia potente e stravolgente. Sull’onda di film simili (basti ricordare il Moonlight citato oppure Sleepers o Le ali della libertà, insomma il sottogenere del prison movie che parla di maltrattamenti disumani o di razzismo conclamato, ma specialmente l’indimenticabile La parete di fango di Stanley Kramer) questo si fa originale e innovativo per via della tecnica usata dal regista, puntando però anche e soprattutto sul contenuto intrinseco del romanzo e sulla lunga storia della discriminazione – se vogliamo, di qualsiasi genere – che infesta la società moderna. Anche l’amicizia come baluardo contro le barbarie umane diventa un argomento forte, e quella che nasce tra i due ne è la dimostrazione per come diventa essenziale per loro ai fini della sopravvivenza, non solo mentale. Ovvio che la lettura doppia del film non rende agevole lo scorrimento della visione, ma resta pur sempre una opzione ragguardevole nonostante lo si possa ritenere un virtuosismo evitabile, ma - almeno per la mia esperienza, essendone stato al corrente in anticipo - l’ho apprezzata moltissimo e ho cercato di “vedere” il film con la filosofia dell’autore.

Di film su innocenti arrestati per errore o per cattiveria mossa da un motivo o un altro esiste una lista lunghissima ma a volte sono di facile effetto altre meno ma più profonde e significative: questo film fa parte della seconda categoria e la cura che è stata dedicata a tutti gli aspetti del cast tecnico ne fanno un caso quasi a parte. Dalla fotografia al copione, la regia si muove sul filo dell’autorialità disponendo anche di un cast indovinato, scelto con molta oculatezza. Sia Ethan Herisse che Brandon Wilson si rivelano due giovani davvero interessanti e la nonna Aunjanue Ellis-Taylor è uno spettacolo a parte con il suo infinito amore e la totale dedizione verso il nipote, per non parlare delle due scene degli abbracci. Che brava attrice!

L’opera non è passata inosservata e gli apprezzamenti ufficiali non hanno tardato ad arrivare. Un bel film.
Riconoscimenti
Premio Oscar 2025
Candidatura per il miglior film
Candidatura per la migliore sceneggiatura non originale
Golden Globe 2025
Candidatura per il miglior film drammatico
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