Il buio oltre la siepe (1962)
- michemar
- 9 mar
- Tempo di lettura: 7 min

Il buio oltre la siepe
(To Kill a Mockingbird) USA 1962 dramma 2h9’
Regia: Robert Mulligan
Soggetto: Harper Lee (romanzo)
Sceneggiatura: Horton Foote
Fotografia: Russell Harlan
Montaggio: Aaron Stell
Musiche: Elmer Bernstein
Scenografia: Henry Bumstead
Costumi: Rosemary Odell
Gregory Peck: Atticus Finch
Mary Badham: Jean Louise “Scout” Finch
Phillip Alford: Jeremy “Jem” Atticus Finch
Robert Duvall: Arthur “Boo” Radley
John Megna: Charles Baker “Dill” Harris
Estelle Evans: Calpurnia
Brock Peters: Tom Robinson
Frank Overton: sceriffo Heck Tate
James Anderson: Robert E. Lee “Bob” Ewell
Collin Wilcox Paxton: Mayella Violet Ewell
Rosemary Murphy: Maudie Atkinson
Ruth White: signora Dubose
Paul Fix: giudice Taylor
Alice Ghostley: zia Stephanie
William Windom: procuratore Gilmer
TRAMA: Atticus Finch, un avvocato nel Sud degli USA durante la depressione, assume la difesa di un uomo di colore ingiustamente accusato di stupro.
Voto 9

Sebbene sia un film notevole sotto ogni aspetto, non è riuscito a vincere l’Oscar come miglior film solo a causa della concorrenza del colossal Lawrence d’Arabia. Definirlo semplicemente un dramma giudiziario, come verrebbe spontaneo a chiunque lo voglia classificare, sarebbe riduttivo poiché il film eccelle in vari ambiti, dalla portata dell’argomento sino al tono mantenuto per tutta la durata, per non parlare del contenuto tematico. Pur se presenta una lunga sequenza ambientata in tribunale, questo elemento centrale della trama rappresenta solo uno dei numerosi momenti che, insieme, contribuiscono alla sua qualità complessiva.
Realizzato nel 1962, è tratto dal romanzo semi-autobiografico del 1960 di Harper Lee, l’unica opera letteraria che l’autrice ha pubblicato. Nonostante il successo ottenuto con la vittoria del Premio Pulitzer, non è mai stato oggetto di competizione tra gli studios cinematografici a causa dell’assenza di elementi tradizionalmente considerati imprescindibili per i film di successo: come per esempio azione, romanticismo oppure una punizione teatrale per il cattivo di turno e vero colpevole. Non è questo l’obiettivo principale del libro e del film. Tuttavia, il produttore Alan Pakula e il regista Robert Mulligan erano convinti del valore intrinseco della storia e, grazie alla visione condivisa del progetto, ottennero la partecipazione di Gregory Peck nel ruolo principale. Inizialmente, Horton Foote era riluttante a scrivere la sceneggiatura, temendo di non rendere giustizia al romanzo, ma tali preoccupazioni si rivelarono infondate, considerato l’elevato livello qualitativo del prodotto finito.
Nonostante che oggi ci giungano ancora numerose notizie di ingiustizie sui diritti civili, sono minime rispetto ai primi anni ‘60, quando venne prodotto, perché quel decennio era segnato da atti di odio razziale per contrastare il crescente movimento a difesa di essi. E il film, infatti, che affronta il pregiudizio e la giustizia non sempre imparziale, stupisce per la sua uscita in un periodo così turbolento. Chissà se una storia simile sarebbe potuta essere raccontata e accettata oggi con l’attuale clima che è sicuramente migliorato sotto il punto di vista del politicamente corretto, ma ogni tanto ci sono qui e là, nel mondo, episodi inquietanti. Forse varrebbe sempre la pena tenere presente la lezione morale e sociale dell’opera.
Negli anni ‘30, periodo in cui è ambientato, il clima politico era ancora più incerto. Ambientato a Maycomb, Alabama, stato ben noto per la quantità di episodi poco piacevoli in merito alla questione, il film copre un anno delimitato da due estati. Atticus Finch (Gregory Peck) è un avvocato con una forte etica, responsabile dei suoi figli Jem (Phillip Alford) e Scout (Mary Badham), bambini affascinati dalla misteriosa casa dei Radley dove vive Boo Radley (Robert Duvall) che passano il tempo giocando e osservando la figura enigmatica di quel tizio misterioso, per giunta oggetto di varie e fantasiose leggende locali.
Quando Atticus prende il caso di Tom Robinson (Brock Peters), un uomo di colore ingiustamente accusato di aver violentato una ragazzina bianca, alcuni cittadini gli si rivoltano contro, in particolare Bob Ewell (James Anderson), il padre razzista della cosiddetta vittima. Per Atticus, a differenza di molti degli abitanti di Maycomb, la situazione di Tom riguarda la giustizia, non il colore della pelle. Ma il Sud sta cambiando troppo lentamente e ci sono molte più persone come Ewell che vedono gli uomini neri come figure pericolose. Sebbene Atticus presenti forti argomentazioni per dimostrare l’innocenza di Tom, l’uomo accusato viene comunque giudicato colpevole da una giuria che non è disposta a credere alla parola di un uomo di colore rispetto a quella di uno bianco. La giustizia non viene rispettata e servita e ciò che ne consegue è una tragedia.
La particolarità del film è il punto di vista da cui viene osservato e raccontato, perché racconta la storia attraverso la prospettiva dei bambini, in particolare di Scout, che tutti consideriamo la controfigura della scrittrice. Il diligente Robert Mulligan ebbe il pregio di assicurarsi che questo punto di vista rimanesse costante durante tutto il film e che le azioni di tutti i personaggi fossero considerati attraverso gli occhi di Jem e Scout. Ed ecco allora che, con la loro visione, vediamo il papà Atticus che è presentato sia come avvocato che come padre, un bellissimo e responsabile padre ed anche un grande educatore dallo spirito civico. Bob Ewell è invece il cosiddetto antagonista della trama, colui che può influenzare (e lo fa) negativamente lo sviluppo degli eventi. Poi c’è Tom Robinson che è descritto come una figura sfortunata ed infine il povero e innocente Boo Radley, rappresentato come un personaggio misterioso.
Un aspetto rilevante di questo approccio permette al regista di analizzare la differenza tra la percezione del pericolo da parte dei bambini e quella degli adulti. In una scena, la folla minacciosa avanza verso Atticus mentre sorveglia la prigione dove è detenuto Tom e da un punto di vista oggettivo questa situazione apparirebbe estremamente instabile e pericolosa, ma Jem e Scout non provano paura, poiché la presenza di Atticus li rassicura e rimangono semplicemente al suo fianco. Tuttavia, nei loro incontri con Boo, per quanto limitati possano essere, i bambini mostrano timore e inquietudine, anche se, come si scoprirà in seguito, Boo è una persona gentile e una delle sue azioni lo trasforma da figura temibile a salvatore agli occhi di Scout.
Lo stile di Mulligan è per lo più sommesso, evitando ostentazione e manipolazioni evidenti. Questo emerge chiaramente dopo la scena giudiziaria in cui Atticus perde ma viene silenziosamente salutato dagli osservatori neri mentre lascia l’edificio senza applausi o musica invadente. La scena più commovente. Uno dei punti di forza resta comunque il forte senso del tempo e del luogo. Ironia della sorte, non fu girato sul posto a Monroeville, la città natale di Lee, ritenuta inadatta per le riprese a causa della modernizzazione ed allora costruirono una replica della cittadina su un’area adiacente allo studio cinematografico, contenente edifici permanenti e spazi adatti alla costruzione temporanea del set per le scene della Universal Pictures, mentre il mondo, l’ambiente naturale, il pezzo di strada dei bambini, rappresentato da una semplice via con alcune case, fu solo il frutto della magia del cinema. Il risultato? Si narra che Harper Lee commentò che l’illusione ottenuta era perfetta.
La fotografia in bianco e nero di Russell Harlan è altamente evocativa e ci trasporta nel profondo Sud dell’era della depressione. Non osserviamo Maycomb solo da lontano, ma lo percepiamo intimamente, come se fossimo realmente presenti. Le musiche bellissime di Elmer Bernstein sono dolci e rispettose alla pari della famiglia Finch. Il monologo di apertura della voce fuori campo di Scout stabilisce il tempo e il luogo in maniera tangibile, conferendo al film una coerenza costante, poiché, come si intuisce facilmente, l’immediatezza dell’ambientazione accresce la credibilità dei personaggi e li rende naturalmente realistici.
“Maycomb era una vecchia stanca città, anche quando io la conobbi nel 1932. Allora faceva ancora più caldo e i colletti inamidati degli uomini alle 9 erano già flosci. Le signore si lavano prima delle 12. Dopo il sonnellino delle 3 e verso sera, sembravano dei teneri dolcini da tè coperti da una glassa di sudore e dolcissimo talco. Le giornate duravano 24 ore ma sembravano molto più lunghe. Non c’erano posti dove andare, niente da comprare, né i soldi per comprare. Eppure era stato comunicato alla contea di Maycomb che da temere c’era solo la paura stessa. Quell’estate io avevo sei anni.”
[Nella versione originale]
Queste parole sono un miracolo di letteratura e di cinema, che da sole creano un’atmosfera magica e che, abbinate alle immagini, operano come una vera e propria macchina del tempo. È uno di quei film che paiono terapeutici per la salute mentale degli uomini d’oggi, del XXI secolo, sembra una medicina contro lo stress, favorendo la quiete del vivere pacificamente.
Solo due nomi noti compaiono nel cast. Uno è quello di Gregory Peck, che al culmine della carriera, ha avuto – meritatamente – il ruolo che non solo gli è valso l’Oscar come miglior attore ma soprattutto, osservandolo, viene in mente che lui È Atticus, lo è sempre stato e lo rimarrà per sempre. La sua interpretazione così equilibrata mostra il controllo e la passione per la giustizia del personaggio che sicuramente sono i suoi. Lui È Atticus! L’altro è Robert Duvall, all’epoca sconosciuto, che ha fatto il suo debutto nei panni di Boo Radley, un ruolo che lo ha fatto notare a Hollywood e da cui ha iniziato una gloriosissima carriera, perché, nonostante il tempo limitato sullo schermo, ha trasmesso efficacemente l’essenza del personaggio.
Mary Badham e Phillip Alford, non erano professionisti ma erano bimbi adatti al compito che dovevano svolgere per essere Scout e Jem con naturalezza, contribuendo al successo del film. Anche la Badham ha vissuto sempre con il marchio della sua fanciulla amorevole. Il cattivo umano del film è Bob Ewell, interpretato con grande malevolenza da James Anderson e, anche se difficile da rappresentare, la sua performance è notevole, mentre Brock Peters ha interpretato Tom Robinson con nobiltà, sottolineando la sua innocenza.
Che romanzo, che film! Merito di tutti, di un gruppo di persone che hanno contribuito al capolavoro che fu e che rimane. Onore al regista: Robert Mulligan ha avuto la fortuna, le capacità e le qualità adatte per realizzare il fedele adattamento del romanzo e un capolavoro che ricordiamo sempre.
Oggi, con quella misurata sceneggiatura, questo cast perfetto e la regia encomiabile, è universalmente riconosciuto come un classico che fa sempre piacere rivedere.
To Kill a Mockingbird. Perché, come spiega Atticus ai suoi figli, uccidere un usignolo è un peccato perché questi uccelli non fanno nulla di male, cantano soltanto per il piacere delle persone. Gli usignoli rappresentano da sempre, assieme a tanti altri animali della Terra, l’innocenza e la bontà, e ucciderli significa distruggere qualcosa di puro e innocente. Nel contesto del libro e del film, la metafora si applica ai personaggi che subiscono ingiustizie. Come Tom.

Riconoscimenti
Premio Oscar 1963
Miglior attore protagonista a Gregory Peck
Migliore sceneggiatura non originale
Migliore scenografia
Candidatura miglior film
Candidatura migliore regia
Candidatura miglior attrice non protagonista a Mary Badham
Candidatura migliore fotografia
Candidatura miglior colonna sonora
Golden Globe 1963
Miglior attore in un film drammatico a Gregory Peck
Miglior film promotore di amicizia internazionale
Miglior colonna sonora
Candidatura miglior film drammatico
Candidatura migliore regia a Robert Mulligan
Premio BAFTA 1964
Candidatura miglior film
Candidatura miglior attore straniero a Gregory Peck
David di Donatello 1963
Miglior attore straniero a Gregory Peck
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