Il cielo brucia
(Roter Himmel) Germania 2023 dramma 1h42’
Regia: Christian Petzold
Sceneggiatura: Christian Petzold
Fotografia: Hans Fromm
Montaggio: Bettina Böhler
Scenografia: Klaus-Dieter Gruber
Costumi: Katharina Ost
Thomas Schubert: Leon
Paula Beer: Nadja
Langston Uibel: Felix
Enno Trebs: Devid
Matthias Brandt: Helmut Werner
TRAMA: Due ragazzi berlinesi, lo scrittore Leon e il fotografo Felix, vanno in vacanza sul Baltico in una casa che appartiene alla famiglia di Felix. Qui incontreranno ospiti imprevisti: Nadja e il suo compagno Devid. La convivenza iniziale pare difficile, anche per la scarsa attitudine alla socialità di Leon, che rifiuta qualsiasi attività propostagli con la scusa di dover scrivere il suo libro.
Voto 7
Due giovanotti si dirigono con l’auto verso una località posta sul Mar Baltico, a Ahrenshoop, località balneare tedesca del Land Meclemburgo-Pomerania Anteriore, da sempre nota meta di numerosi pittori ma anche di scultori, scrittori e di produttori e registi cinematografici e televisivi, attratti dai paesaggi del luogo. Sono Leon (Thomas Schubert), un giovane scrittore in crisi che sta terminando il suo ultimo romanzo in attesa dell’arrivo del suo editore, mentre Felix (Langston Uibel), armato di macchina fotografica, deve preparare un portfolio per entrare in un’accademia. In cerca quindi di tranquillità per ultimare i propri progetti. Nella casa dove sono diretti, che appartiene alla mamma di Felix, però sta già trascorrendo le sue vacanze Nadjia (Paula Beer), una lavoratrice stagionale nel paesino dall’altro lato del bosco. Bella e misteriosa, la giovane donna, per sfuggire alla solitudine trascorre le notti con Devid (Enno Trebs), un prestante bagnino che si è aggiunto al gruppo. Tra i quattro si istaura un rapporto intenso quanto mutevole, che mette a nudo le problematiche di ciascuno di loro. Soprattutto quelle di Leon che, consapevole di aver scritto un romanzo non all’altezza delle aspettative altrui, sfoga le sue insicurezze sul resto della comitiva, isolandosi e cercando di sfuggire all’attrazione che sente verso Nadja.
Osservando meglio i quattro personaggi, in special modo l’inquieto scrittore e l’atmosfera che si va creando lentamente, si evidenzia come Leon sia uno scrittore in difficoltà, isolato e di poche parole, che giustifica la sua incapacità con le difficoltà che riscontra. Di notte, lui e Felix, come due bambini infastiditi, ascoltano i rumori di Nadja e Devid che fanno l’amore. Leon è turbato da tutto ciò che riguarda l’espressione dei sentimenti, spaventato dalla sua inadeguatezza a gestirli. La situazione cambia rapidamente: Felix è attratto da Devid e l’altro, di notte, si trova ad ascoltare i due ragazzi ansimare nella stanza accanto mentre si ritrova con gran sorpresa nella sua con Nadja a dormire nell’altro letto, ragazza dalla quale si allontana perché non accetta e non ammette di esserne innamorato. Lei rappresenta una femminilità vissuta liberamente che per Leon diventa inquietante, riflettendo sentimenti amorosi che lui stesso non vuole riconoscere.
Il film parte con i toni di una commedia spensierata di giovani ad un passo dalla maturità, vicini a cercare la strada della vita, per passare ad accenti di opera sentimentale, per poi, dopo qualche giorno di convivenza, gradualmente trasformarsi in qualcosa di più profondo ed enigmatico, che infine sfocia in una drammatica riflessione sulla condizione giovanile nella società contemporanea. In un ambiente siffatto ma non stabile perché continuamente cangiante, Christian Petzold indugia sullo sguardo del pingue Leon, le cui espressioni, con gli occhi che puntano sul fulcro di ogni sequenza, raccontano non solo il suo stato d’animo ma quello dell’intera comitiva. Ciò che Leon vede lo trasmette allo spettatore, anche se il regista inquadra solo lui: come sopporta l’esuberanza dell’amico Felix, come fa fatica a liberarsi dalle opprimenti richieste di partecipare alle iniziative degli altri, come cerca l’isolamento per potersi dedicare a completare la scrittura che lo opprime (l’arrivo dell’editore che deve leggere la bozza è vicino), come viene sedotto dalla presenza della bella Nadja. Ma soprattutto l’evoluzione dei rapporti tra i quattro e persino tra i cinque, dopo l’arrivo di Helmut Werner (Matthias Brandt) che presto si interessa non solo ai suoi fogli ma anche alle foto scattate dall’amico, con il fastidio di vedersi messo da parte. Per non parlare dello stupore di accorgersi dell’inaspettato e sorprendente idillio scoppiato tra Felix e Devid. Potrebbe ora cercare di conquistare la ragazza ma non prende alcuna iniziativa, limitandosi a dichiararsi innamorato quando ormai tutto sta diventando impraticabile.
Roter Himmel, dice il titolo originale, cielo rosso, rosso come il fuoco che in quell’estate arida e ventosa sta divampando senza sosta e aggravandosi sempre più, nonostante il lavoro ininterrotto dei canadair e dei pompieri. Il bosco brucia ma sono tranquilli, perché, si sentono dire, il vento spinge verso l’interno e loro, vicino al mare, sono sicuri. Ma fino a quando? Il film inizia, come si diceva prima, quasi (senza proporre paragoni impropri) à la Rohmer, con una felice spontaneità nei dialoghi, frutto di una precisa scrittura che ben definisce i personaggi. A un certo punto però, come in altri film di Petzold, interviene un elemento di forte valore simbolico che cambia il corso delle cose: se in Undine - Un amore per sempre era l’acqua, qui si tratta di quel fuoco minaccioso. Le immagini del film cominciano ad animarsi di un’energia che sfugge alla rappresentazione, non è facile spiegare, anzi sorge il dubbio che si potrebbe fare un torto alla pellicola a parlarne. Il certo è che il pubblico guarda quelle immagini e avverte quanto siano attraversate da un senso di inquietudine ed estraneità rispetto alla realtà finora stabilita. Tutto sta cambiando, lentamente ma inesorabilmente, inducendoci ad andare con la mente a David Lynch o al Tarkovskij, una sorta di metacinema con sequenze che si nutrono ed esprimono un’energia che potremmo definire emozionale. Ecco perché noi ci ritroviamo perennemente nella mente e riflettiamo negli occhi di Leon, come una visione soggettiva carica di angoscia.
Ad un certo punto la poesia. Che vagava in cerca di una pista per atterrare e plana nelle parole di Nadja che cita Heinrich Heine: “Il mio nome è Mohamet, vengo dallo Yemen - e la mia tribù è quella degli Asra - coloro che muoiono quando amano.” Sarà un caso, una coincidenza o una intenzione, ma lei, pronunciando, guarda tutti con il sorriso e si sofferma su Leon. È lui che ha il timore o il terrore di morire d’amore, come nel destino degli Asra, o a sentirsi già morto nella sua rinuncia alla vita? La lotta tra amore e morte è un tema ricorrente nell’opera di Petzold, il motore dell’ambivalenza nella quale si muovono i protagonisti dei suoi film, divisi tra la percezione del proprio desiderio e l’incapacità di sostenerlo. Esemplare a tal proposito è la citazione nel film degli amanti di Pompei, probabilmente sorpresi dal loro destino mortale durante un rapporto sessuale nel quale sono stati immortalati dall’eruzione del Vesuvio: quando l’incendio diventa inarrestabile e minaccia da vicino la casa che ospita i nostri personaggi, i corpi di Felix e Devid, raggiunti nel bosco, bruciano abbracciati. Proprio come a Pompei.
Christian Petzold mescola poeticamente e metaforicamente amore e morte, esuberanza giovanile e trattenimento caratteriale, tante parole e silenzi di riflessione. Anche perché, come spiega lo stesso: “Nei film estivi non c’è alcuno Stato, non ci sono genitori, non c’è nessuna fabbrica. Assistiamo a una sorta di pausa nell’esistenza e all’interno di questa sospensione si prendono decisioni cruciali”, mentre il fuoco rappresenta le emozioni e gli stati d’animo dei protagonisti, ma più esattamente la fragilità della vita e la brutalità degli eventi che possono colpire inaspettatamente. La sequenza del ritrovamento del piccolo cervo - spesso associato alla natura e alla purezza - bruciato tra gli alberi è un simbolo potente e inquietante, è un elemento visivo che riflette la distruzione e la trasformazione della natura circostante, qui mostrata in uno stato di devastazione spaventoso. “La posta è importante, a volte fai la scelta sbagliata e a volte quella giusta. Anche l’amore è uno dei fattori in gioco, anche se a volte quell’amore può rivelarsi solamente un malinteso”. Perché Leon non si dichiara, perché non scioglie l’indecisione e si apre sinceramente a Nadja? A volte si prova la sensazione che lei non stia aspettando altro (quell’invito ad andare in spieggia di notte da soli…), altre volte si ha la percezione che lei giochi e che gli risponderebbe di no: lei è libera, è indipendente, è senza complessi caratteriali. Soprattutto non è la gelataia che tutti credono. Se Leon è il protagonista e quindi il portavoce del senso del film di Petzold, lei è lo specchio in cui lui si deve guardare.
Il regista, con stile semplice ma elegante come suo solito, racconta relazioni umane e sentimentali in un’atmosfera senza una precisa connotazione del tempo a cui appartenere, direi atemporale: ciò che vi si avverte, piuttosto, è che quando pare un film in cui non succede nulla e si trascina senza sbocco, ecco la scintilla che scoppia e gli equilibri saltano, spingendoci a provare empatia per l’insicurezza di Leon, che è tanto irritante ma è vera, palpabile, e ci ricorda emozioni che sicuramente tanti di noi hanno provato e di conseguenza lo si perdona, lo si comprende. E gli si fa il tifo: dai, parla, esprimiti, diglielo! Invece, il nulla, come il contenuto di quei fogli del romanzo che non piace a nessuno, che deve cestinare e provare altro. Come nella sua fallimentare storia d’amore. E alla fine il cielo rosso e le fiamme assassine spingono i superstiti a tornare alla realtà e ricominciare altrove.
A dominare la trama sono due attori molto bravi. Una è la celebrata, dolce Paula Beer, la quale è al terzo film di Petzold. Dopo La donna dello scrittore ed il citato Undine - Un amore per sempre la si può quasi definire la sua musa, l’attrice che meglio esprime la sua idea di cinema. Eccellente, anche se non colpisce immediatamente, è Thomas Schubert che, secondo me, è la vera sorpresa del film, data la stima già assodata per l’attrice. Lui è straordinario nella necessità di trattenersi, di inspirare aria per palare e poi rinunciarvi, nelle espressioni e nello spostare gli occhi e dire tantissimo senza parlare.
Di certo, è un film che prende piano, che conquista lentamente, che è molto di più di ciò che sembra inizialmente. È il bel cinema di Christian Petzold.
Riconoscimenti
2023 – Festival Internazionale del Cinema di Berlino
Orso d’argento, gran premio della giuria a Christian Petzold
2023 – Sydney Film Festival
Candidatura per il miglior film
2023 – Deutscher Schauspielpreis (Premio ai migliori attori tedeschi)
Candidatura per il miglior attore protagonista a Thomas Schubert
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