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Il corsetto dell'imperatrice (2022)


Il corsetto dell'imperatrice

(Corsage) Austria/Lussemburgo/Germania/Francia 2022 dramma biografico 1h54’


Regia: Marie Kreutzer

Sceneggiatura: Marie Kreutzer

Fotografia: Judith Kaufmann

Montaggio: Ulrike Kofler

Musiche: Camille

Scenografia: Martin Reiter

Costumi: Monika Buttinger


Vicky Krieps: Elisabetta

Florian Teichtmeister: Francesco Giuseppe

Katharina Lorenz: Marie Festetics

Jeanne Werner: Ida Ferenczy

Alma Hasun: Franziska “Fanny” Feifalik

Manuel Rubey: Ludovico II di Baviera

Finnegan Oldfield: Louis Le Prince

Aaron Friesz: Rodolfo

Rosa Hajjaj: Valeria

Lilly Marie Tschörtner: Maria Sofia di Baviera

Colin Morgan: Bay Middleton


TRAMA: Elisabetta di Baviera, imperatrice d’Austria e regina d’Ungheria meglio nota come Sissi, è idolatrata per la sua bellezza e rinomata per aver ispirato diverse tendenze di moda. Nel 1877 però Sissi compie quarant'anni ed è ufficialmente considerata vecchia. Sempre più insofferente alla corte di Vienna e in crisi coniugale, cerca di liberarsi dalla conformità del suo stile di vita. Incomincerà a vedere vecchi amanti e alleati politici, come anche a viaggiare per l’Europa, allontanandosi dal marito e tentando di ritagliarsi un ruolo tutto nuovo.


Voto 6

Tutto mi sarei aspettato in questi anni tranne che vedere il rifacimento – molto differente dai mitici film che le TV mandano in onda periodicamente con la bellezza luminosa e giovanile di Romy Schneider – di Sissi, la Principessa per antonomasia. Per fortuna, però, ci ha pensato una regista austriaca praticamente sconosciuta agli spettatori italiani, Marie Kreutzer, che lo ha anche scritto, spalleggiata dall’attrice protagonista Vicky Krieps, che ne è stata anche la produttrice esecutiva. Dico per fortuna perché ha cancellato con un vigoroso colpo di spugna la figura romantica e tradizionale della nobile bella e triste che ha commosso milione di donne negli anni Cinquanta (ma anche in seguito) con tre pellicole. La visione che ha voluto illustrare la regista è sfrontatamente antitetica a quella finora celebrata: ribelle, in un certo qual modo protofemminista, antitradizionale, contro la monotonia e i riti canonici imperiali, insomma tutto ciò che può avere come prefisso anti- e contro-, affinché l’altra parte del cielo potesse conquistare la metà che le spetta.

Ma quello che la spinge a dare una svolta alla sua vita, che nonostante i figli comincia a giudicare noiosa, è il fatto che sta compiendo i fatidici 40 anni, un’età che a quei tempi era ritenuta già tarda, tant’è che, nel corso di una visita del dottore di corte, questi le dice che le aspettative di vita delle donne è proprio quella. Ella sente l’intima necessità di fare un passo decisivo per dimostrare a tutti, per primo al marito, che la sua vita attiva non è agli sgoccioli e che ha ancora molto da dire e fare. Innanzitutto comprovare che ha sempre un fisico giovanile, missione che si impone cominciando a mangiare pochissimo, bevendo tè alla viola e indossando un corsetto così stretto da dover scegliere la dama di compagnia e la cameriera che meglio sanno tirare i lacci in una morsa da far mancare il fiato. Provate voi a costringervi ad un giro vita di 47 centimetri! Già dettava legge nella moda femminile mitteleuropea ma ora, viaggiando per distrarsi dalle disattenzioni e le discussioni con il marito, ancora di più. Nel palazzo non vive bene anche perché anche il figlio maggiore, candidato ad essere l’erede, è abbastanza d’accordo con lei e la sua mentalità, ma, essendo succube del padre, mantiene una certa distanza pubblica dalle sue trovate ed esternazioni. Oltre, ahimè, a trovarsi in casa una figlia minore che la rimprovera per i suoi atteggiamenti anticonformisti.

Un inferno insopportabile per Elisabetta e la sua nuova voglia di godere la vita ed è uno stato di cose che la spinge persino ad un tentativo di suicidio eseguito tanto male da ferirsi appena. Una contraddizione, se si vuole: da una parte la vivacità morale e sociale che la spinge ad atteggiamenti ribelli e dall’altra lo sconforto che la deprime fino a gesti preoccupanti. In mezzo, qualche concessione all’imperatore Francesco Giuseppe, gli incontri con le vecchie conoscenze giovanili, la passione sfrenata per i cavalli (e per il nobile stalliere), il fumo delle sigarette come segno distintivo di ribellione, la decisione del taglio dei lunghi capelli che portava con orgoglio, scappate improvvise, fino alla fuga ad Ancona, dove l’acqua blu dell’Adriatico le ricorda quanto la attiri morire suicida nel mare. Il tutto alternando il gelo nelle apparizioni pubbliche che non sopporta con la tensione interiore in continua fibrillazione, che la conduce appunto a quelle reazioni non accettate dall’imperatore insofferente.

A vestire i panni di Sissi è l’eccellente Vicky Krieps, che ha vinto il premio per la sua interpretazione a Cannes nella sezione Un certain regard, mentre al London Film Festival la pellicola è stata premiata come miglior film. L’opera si basa quindi su questa figura inquieta, ma lo fa concentrandosi solo ed esclusivamente su un periodo poco esplorato della sua vita, dato che punta il suo focus lungo solo un anno, quello tra il 1877 e il 1878, nel quale l'imperatrice, sempre più insofferente alla corte di Vienna e in crisi coniugale, cerca di liberarsi dalla conformità seguendo il suo stile di vita.

La regista Marie Kreutzer, parlando del film, ha spiegato: “Pensavo che potesse essere una bella storia sulle donne di quell'epoca, ma ancora oggi, cresciute e addestrate a compiacere per essere amate. Mentre il ruolo di Elisabetta è stato ridotto contro i suoi desideri a puramente performativo, la sua fame di conoscenza e gioia di vivere la rende sempre più irrequieta a Vienna. Si reca in Inghilterra e in Baviera, visitando ex amanti e vecchi amici, cercando l’eccitazione della sua giovinezza. Con un futuro di doveri strettamente cerimoniali, Elisabetta si ribella all’immagine iperbolica di se stessa e propone un piano per proteggere la sua eredità.”

La protagonista Vicky Krieps è affiancata da Florian Teichtmeister nei panni di Francesco Giuseppe, Katarina Lorenz in quelli di Marie Festetics e Jeanne Werner come Ida Ferenczy, dame di compagnia e confidenti di Sissi. In un’intervista l’attrice ha raccontato come ha inteso il personaggio: “Il mio approccio iniziale è sempre stato quello di pensare alla donna dietro alla donna. Dietro a una donna, ce n’è sempre un’altra, come se ci fosse una società segreta dietro di noi. E ho pensato che prendere come riferimento mia nonna fosse la strada giusta. Volevo sapere cosa significasse davvero indossare un corsetto - ed è stato molto, molto doloroso - e volevo davvero imparare il linguaggio del corpo degli aristocratici. Ho voluto imparare come cavalcare e come fare scherma”. La sua prova è decisamente l’aspetto più importante del film, bravissima a mostrare un bel sorriso, spesso di circostanza, che però rimane talmente fisso che non dà speranze di gioia vera, al contrario di quello della Sissi di Romy Schneider che illuminava lo schermo ma che preludeva alle vicissitudini del suo futuro. No, qui, questa Imperatrice sorride ma a guardar bene nasconde altri sentimenti e opinioni, un carattere non docile come pretendevano gli uomini, poco assoggettabile, quasi trasgressivo. Trasgressiva come è stata Marie Kreutzer nel voler inserire nel contesto elementi fuori tempo come la forma primordiale di cinema di un fotografo all’avanguardia e l’uso dell’eroina per calmare la tensione caratteriale. Oltre ai brani musicali che modernizzano la figura quasi pop di questa imperatrice, che ama aiutare e sovvenzionare gli ospedali che curano i malati di mente ma che pazza non è: vuole solo essere libera e nella Storia questa voglia di indipendenza è stata sempre scambiata per malattia.

Assoluta dominatrice del set è quindi la bravissima Vicky Krieps, sempre pronta anche per ruoli non sempre allineati o fuori dai consueti schemi e lo dimostra il modo sfrontato con cui ha affrontato questo personaggio a cavallo tra la depressione per essere considerata “vecchia” e la voglia di essere importante almeno per se stessa e nei confronti dell’esterno del palazzo, sfogandosi al galoppo su un cavallo di razza, con la scherma per battere il rigido marito e le evasioni dalle etichette sia delle cerimonie che del tempo. Il suo sforzo è valso la pena, dato che il film non è certo entusiasmante. Le intenzioni erano buone, il risultato un po’ meno.


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