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Il giardino delle vergini suicide (1999)


Il giardino delle vergini suicide

(The Virgin Suicides) USA 1999 dramma 1h37'

Regia: Sofia Coppola

Soggetto: Jeffrey Eugenides (romanzo)

Sceneggiatura: Sofia Coppola

Fotografia: Edward Lachman

Montaggio: Melissa Kent James Lyons

Musiche: Air

Scenografia: Jasna Stefanovic, Jon P. Goulding

Costumi: Nancy Steiner

James Woods: Ronald Lisbon

Kathleen Turner: Mrs. Lisbon

Kirsten Dunst: Lux Lisbon

Josh Hartnett: Trip Fontaine (giovane)

Michael Paré: Trip Fontaine (adulto)

Scott Glenn: Padre Moody

Danny DeVito: dott. E. M. Horniker

A. J. Cook: Mary Lisbon

Hanna R. Hall: Cecilia Lisbon

Leslie Hayman: Therese Lisbon

Chelse Swain: Bonnie Lisbon

TRAMA: Cinque sorelle fra i quindici e i diciannove anni vivono infelici, tormentate da genitori che credono di fare il loro bene. La madre è integralista e cieca: costringe una delle sorelle, per punizione, a bruciare i dischi più cari. Il padre è molle e latitante, tutto preso a costruire i suoi modellini. Affascinati da queste bellissime ninfe, i ragazzi del vicinato le spiano nel tentativo di penetrare nel loro cuore. Quando la figlia più giovane Cecilia si uccide, l'attrattiva nei ragazzi si acuisce, divenendo curiosità perversa. Quando la situazione sembra trovare una soluzione, arriverà il finale più tragico che si possa immaginare.

Voto 7,5




Svelando un talento sorprendente, e confermando la teoria dei figli d’arte, Sofia Coppola sceglie un romanzo di uno scrittore statunitense, Jeffrey Eugenides, come direzione d’esordio: una storia cupa e misteriosa che diventa il film di una famiglia immersa in un’atmosfera elettrizzata e terribile, guidata con severa mano da una mamma cattolica bigotta che condiziona la vita familiare fino a condurla inconsapevolmente ma colpevolmente alla tragedia più profonda. La vita di questa signora (Kathleen Turner, che sembra arrivata direttamente dalla maniacalità de La signora ammazzatutti) è dominata dall’ansia che la porta a continui e puntali riti di preghiere e sermoni e da precise regole che impone alle sue cinque figlie e al marito (James Woods), un professore completamente succube della moglie e disinteressato agli avvenimenti di casa.




Una tipica famiglia della middle class americana dalla apparenza esteriore tranquilla e ordinaria, ma che vive i turbamenti e la curiosità di cinque fanciulle che crescono e che soffrono la prigione di bambagia che ha costruito intorno a loro la sorda e cieca mamma. È estate e come in città imperversa una malattia che attacca gli alberi, così nella famiglia Lisbon cresce il virus della ribellione incosciente, del gesto estremo come segno di disubbidienza, come unica fuga per uscire dall’asfissia familiare. Il finale sarà un crescendo crudo e amaro, così tragico da oltrepassare la linea di confine dell’orrore, dell’orrore familiare quotidiano che si realizza in orrore definitivo e reale.




La giovane Coppola, anche autrice dello script, sorprende davvero perché a soli ventotto anni dimostra una maestria da esperta, curando ogni minimo particolare, quasi in maniera maniacale: l’accostamento della malattia delle piante alla rovina dei rapporti all’interno della famiglia Lisbon; i vicini di casa che non si accorgono della degenerazione che avviene in una famiglia accanto alla loro; i dottori chiamati dai due genitori assolutamente incompetenti e superficiali; la dimensione onirica che riesce a creare intorno alla storia.




E attenzione: tra le cinque ragazze ce n’è una il cui sguardo perfora lo schermo e arriva dritto allo stomaco con un sorriso tra il sornione e il tragico, preannunciatore di crudeli decisioni: la giovane e promettente Kirsten Dunst.




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