Il sol dell'avvenire
Italia/Francia 2023 commedia 1h35’
Regia: Nanni Moretti
Sceneggiatura: Francesca Marciano, Nanni Moretti, Federica Pontremoli, Valia Santella
Fotografia: Michele D'Attanasio
Montaggio: Clelio Benevento
Musiche: Franco Piersanti
Scenografia: Alessandro Vannucci
Costumi: Silvia Segoloni
Nanni Moretti: Giovanni
Margherita Buy: Paola
Silvio Orlando: Ennio Mastrogiovanni
Barbora Bobulova: Vera
Mathieu Amalric: Pierre
Jerzy Stuhr: Jerzy
Teco Celio: psicanalista
Valentina Romani: Emma
Arianna Pozzoli: Arianna, l'aiutoregia
Giuseppe Scoditti: il giovane regista
Flavio Furno: Edoardo
Elena Lietti: executive Netflix
Blu Yoshimi: attrice
TRAMA: Giovanni dirige tra mille incertezze un film sulla vita di un intellettuale comunista nel fatidico 1956, l'anno dell'invasione sovietica dell'Ungheria. Nel frattempo, il suo matrimonio va in crisi.
Voto 7
Nella sua non ricchissima ma influente filmografia (14 film in quasi mezzo secolo) sempre caratterizzata dalla sua personale filosofia sociopolitica (più la seconda che la prima) ma costantemente ambientata nel suo intimo microcosmo con lo sguardo rivolto alla società contemporanea, dopo la digressione artistica di Tre piani (tratto da un romanzo di Eshkol Nevo), Nanni Moretti torna sui suoi amati passi: la politica. Lo fa con l’ideazione di un film nel film per tornare a riflettere sul passato e sul momento importantissimo in cui il Partito Comunista Italiano andò in crisi quando l’Unione Sovietica, faro della dottrina di base del partito di Palmiro Togliatti, invase con i carrarmati e distrusse i sogni di libertà e democrazia del popolo ungherese. Adeguarsi oppure abiurare il corso dittatoriale e antidemocratico dell’URSS? Ovviamente, come fa spesso la politica, l’attendismo sembrava la migliore tattica per osservare e decidere con calma l’atteggiamento da assumere, almeno da parte del vertice del partito e, ossequiosamente, da parte dei funzionari delle sezioni locali, quando invece la base voleva ribellarsi e dare un netto taglio ai vecchi e superati cordoni con Mosca.
Perché in pieno XXI secolo Moretti scrive, a più mani, un film con questi contenuti, pur se mescolati ai cari e soliti aspetti intimi della vita privata? In effetti, la risposta si trova in una breve frase contenuta in un’intervista da lui rilasciata ad un quotidiano importante: “Il cinema non si fa solo per compiacersi di raccontare una brutta realtà. Il cinema si fa anche per sognare una bella e diversa realtà. Questi sono i sentimenti con cui nasce questo film.” Quindi, osservando lo status quo, in questa Italia che guarda politicamente più a destra che nel passato recente, il regista ha come un impeto per tornare a mostrare come agiva il popolo che partecipava con molto più interesse e passione alla discussione politica della vita quotidiana. Forse un po’ di nostalgia (canaglia, si suol dire) che assale il settantenne, forse una voce che vuol scuotere l’apatia dominante, e forse, soprattutto, la voglia di mescolare il pubblico con il privato, come ha sempre fatto. Tanto che la trama è un continuo andirivieni tra quella del momento attuale e quella del film nel film che il protagonista con grande difficoltà e indecisione sta portando avanti in qualità di regista. E toccando vari temi non solo sociali: vedi il rapporto coniugale in piena crisi di cui, assorto nel suo lavoro, non si accorge che la moglie Paola (Margherita Buy) sta frequentando uno psicanalista per decidersi a lasciarlo; le difficoltà di produzione in un periodo in cui i produttori sono anche inaffidabili finanziariamente; la figlia che sta per sposare un anziano funzionario dell’ambasciata polacca (l’immancabile Jerzy Stuhr); l’avvento dei capitali coreani; l’invadenza produttiva delle potenti piattaforme streaming come Netflix che però pretende un quid che lui neanche capisce (ci vuole il “what the fuck!”). Eh sì, i tempi sono cambiati molto e lui è ancora fermo al cinema tradizionale e al sentimento di un’arte che non ammette la violenza per la violenza.
Il vero problema è che il regista Giovanni è un autore sempre meno in sintonia con il mondo che lo circonda. Al momento è impegnato, appunto, con le riprese di un film ambientato nel 1956, che racconta la storia di Ennio, il segretario della sezione del partito comunista di un quartiere romano (Silvio Orlando) che non sa come reagire all'invio dei carri armati sovietici in Ungheria e aspetta le decisioni di Via delle Botteghe Oscure, continuando a litigare con l’innamorata moglie Vera (Barbora Bobulova). La produttrice del suo film è sua moglie, che è sul set anche di un altro film molto più di tendenza. Pure lui sta scrivendo un altro progetto tratto da un romanzo e allo stesso tempo sogna di girare un film che racconti la storia d'amore quarantennale di una coppia, con molte canzoni italiane a fare da sottofondo. Grazie a Dio non ci si confonde con le due trame intrecciate, anche perché, oltre agli adeguati abiti dei personaggi, con l’idea del direttore della fotografia Michele D'Attanasio la colorazione pastello fa subito pensare appunto agli anni ’50. A dir la verità, vengono in mente i fotogrammi di Wes Anderson, come pure la scenografia che è molto simile a quella della fiction targata RAI L’amica geniale tratta da Elena Ferrante.
Queste reminiscenze storiche di Moretti sono anche più ampie e si rivelano in molte forme. Prima di tutto con la presenza nostalgica di tanti attori che hanno riempito la sua vita artistica, con un lungo elenco che vede Giulia Lazzarini, Alba Rohrwacher, Jasmine Trinca, Lina Sastri, Anna Bonaiuto, Renato Carpentieri, Fabio Traversa, Elio De Capitani, Dario Cantarelli, Mariella Valentini, Alfonso Santagata, Claudio Morganti, Gigio Morra e persino la sua ex compagna Silvia Nono. Inoltre non ha mancato di seminare citazioni cinematografiche non solo riguardanti la sua filmografia, ma l’omaggio chiaro e lampante a Federico Fellini è continuo e sparso per buona parte della durata: oltre ad un breve flash de La dolce vita, molte sono le scene che paiono simili ai film del maestro romagnolo (tra cui 8 e ½ oppure la presenza importante di un circo, stavolta chiamato “Budavári”, come il pluridecorato pallanuotista ungherese, un omaggio al suo sport preferito, praticato e portato sullo schermo con Palombella rossa), e poi ancora riferimenti a celebri pellicole del passato. Insomma, un excursus talmente ricco da toccare anche i tratti personali. La nuotata nervosa e polemica in piscina, il palleggio con il pallone, la paranoia per i sabot femminili (Bianca docet!), i luoghi romani del cuore, il monopattino al posto della mitica vespa, ma soprattutto la coperta di lana quando è seduto sul divano a guardare la TV: non è il momento di dire “qualcosa di sinistra” ma di riguardare per l’ennesima volta il Lola di Jacques Demy. Per non parlare delle citazioni riguardanti il film che ha in testa per il prossimo futuro: un uomo che nuota attraversando molte piscine delle abitazioni vicine è il tema centrale del bellissimo Un uomo a nudo di Frank Perry. O la polemica con il cinema del grande John Cassavetes che amava lasciare libertà di copioni ai suoi attori. E vogliamo parlare delle canzoni e delle sue scelte musicali che lo spingono a cantare, come tante altre volte, a squarciagola, insieme agli altri?
Comunque non è un film davvero della nostalgia, piuttosto è una riflessione totalmente morettiana tra il passato ed il presente politico, una pellicola sospesa tra ortodossia e rivolta popolare che mette in fila tutti i tic, le fobie, le idiosincrasie dell’autore che forse sono anche le nostre, specialmente di coloro che hanno vissuto quegli e questi anni. Adeguatamente ambientata in un quartiere ugualmente popolare come il Quarticciolo. Un “film sovversivo” come urla il suo produttore francese (per ricordarci che i suoi film sono quasi tutti con la matrice italo-francese) Pierre (Mathieu Amalric). Sovversivo perché, non ammettendolo, è anche un film sull’amore e si schiera apertamente contro la violenza, inserendo interviste agli amici Renzo Piano, Chiara Valerio e Corrado Augias. Il cinema è spesso un sogno, come è stata la caratteristica principale di Fellini, e Moretti sogna un cinema di fatti reali, di rapporti umani, pieni di canzoni strettamente italiane da cantare in compagnia. Un invito ad amarsi e a baciarsi, come quel finale nella sala cinematografica in cui incita i due fidanzatini a farlo e a suggerire le frasi più appropriate quando si ritrovano a litigare. Una delle scene più divertenti, prettamente morettiana. Un film sull'amore per il cinema, sull'amore per le persone e sull'amore per l'amore. Anzi, a dirla con il regista “Attraverso questo film volevo ricordare l’amore per il cinema, l’amore per l’amore, l’amore per le persone e l’interesse per la politica. La nostalgia non è qualcosa che si fissa nevroticamente nel passato, ma è una nostalgia generatrice di futuro. È il bilancio di questa primissima fase della mia carriera, poi ci sarà una seconda fase dei prossimi 50 anni.”
Ogni interprete si presenta, a cominciare dallo stesso autore, con le proprie spiccate doti ed ognuno recita come da attesa, da Margherita Buy a Silvio Orlando, da Barbora Bobulova a Mathieu Amalric fino a Jerzy Stuhr, notando come sia aumentata la lentezza della pronuncia dei dialoghi dello stesso Nanni Moretti, che la accentua esaltando gli intervalli temporali tra le parole. È indubbiamente il suo cinema sciorinato con sicurezza e convinzione, essendo un artista capace di non cambiare mai ma adottando uno sguardo più maturo come se cominciasse a tirare le somme. Non è il suo ultimo film ma mi è sembrato come la summa delle sue opere, un testamento che ovviamente sarà solo una puntualizzazione, per poi riprendere il cammino artistico. Un chiarimento che serve per fare i conti anche con se stessi, quasi come se ci volesse ricordare quanto dobbiamo essere indulgenti con noi stessi.
Non so quanto le mie riflessioni sono attendibili, ma l’impressione è che Nanni Moretti prende sempre la postura del moralista (che è fastidiosa e odiosa) quando invece mostra soltanto quanto sia debole e quando dà lezione lo fa sicuramente guardandosi allo specchio. Perché è davvero severo ma con se stesso. Tanto da voler cambiare il finale tristissimo e non indulgente evitando il suicidio del segretario di partito, perché la storia e la Storia si possono cambiare, solo se si vuole.
La sfilata finale è una festa del ringraziamento, un corteo di belle facce, appena dopo che sul set il cast tecnico e artistico si saluta ballando felicemente, come nella passeggiata sul tappeto rosso di Cannes 2023.
Riconoscimenti
2024 - David di Donatello
Candidatura a miglior film
Candidatura a miglior regista
Candidatura a miglior sceneggiatura originale
Candidatura a miglior attrice non protagonista a Barbora Bobulova
Candidatura a miglior attore non protagonista a Silvio Orlando
Candidatura a miglior musicista
Candidatura a miglior suono
2023 - Nastri d'argento
Miglior attrice non protagonista a Barbora Bobulova
Premio Guglielmo Biraghi a Valentina Romani
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