Infinite Storm
UK/Polonia/Australia/USA/Slovenia 2022 dramma 1h37’
Regia: Małgorzata Szumowska, Michał Englert
Soggetto: vita di Pam Bales
Sceneggiatura: Joshua Rollins
Fotografia: Michał Englert
Montaggio: Agata Cierniak, Jarosław Kamiński
Musiche: Lorne Balfe
Scenografia: Katja Šoltes, Mojca Crnic
Costumi: Katarzyna Lewińska
Naomi Watts: Pam Bales
Billy Howle: John
Denis O'Hare: Dave
Parker Sawyers: Patrick
Eliot Sumner: Will
Joshua Rollins: Finn
TRAMA: Mentre una scalatrice esperta sale sul Monte Washington, torna indietro prima di raggiungere la vetta mentre si avvicina un’enorme bufera di neve. Ma durante la discesa incontra un uomo solo e immobile e decide di portarlo faticosamente giù dalla montagna prima che arrivi la notte e soccombano alla tempesta.
Voto 6
La polacca Małgorzata Szumowska, stavolta coadiuvata dal connazionale Michał Englert, che normalmente è il suo direttore della fotografia, e autrice di buone opere (una su tutte, il notevole e straniante Non cadrà più la neve) gira un film che tratta di una storia che ha qualcosa dell’incredibile. Basta leggerla in modo più approfondito per restarne sbalorditi.
La protagonista è Pam Bales (Naomi Watts), una volontaria di salvataggio in montagna che di mestiere fa l’infermiera, che una fatidica mattina parte per una escursione che la porterà in cima al Mount Washington, nel New Hampshire, la vetta più alta degli Stati Uniti nordorientali con i suoi quasi 2.000 metri. All’improvviso si scatena una violenta tempesta di vento e neve e nella tormenta, che la fa decidere di tornare indietro, scopre tracce di qualcuno che indossa semplicemente e incredibilmente degli sneakers! Deve assolutamente trovarlo perché sarà di certo in grave difficolta e bisognoso di aiuto. E difatti, nella bufera, intravede un uomo (Billy Howle) seduto in cima di un dosso nevoso: quando gli si avvicina scopre che è vicino alla morte per congelamento ma ciononostante è inamovibile, immobile e assente mentalmente, dai comportamenti strani e incoerenti. Lo sollecita ma non riceve reazioni o risposte positive, gli affibbia il nome di John, gli cambia (!) i vestiti, lo incita e se lo trascina, iniziando un impossibile, improbabile e pericoloso trasferimento giù dalla montagna verso la valle e quindi verso la salvezza, affrontando molti ostacoli lungo la strada e quasi annegando in un impetuoso torrente gelato. Durante questo faticosissimo percorso, più volte il “John” chiede di essere abbandonato “Non posso, non posso”, dice, ma è innegabile che piuttosto non voglia. Dopo essere quasi morti congelati, i due riescono a raggiungere il parcheggio alla base della montagna, dove c’è anche l’auto dell’uomo, il quale, rimessosi a malapena e con una gamba rovinata, riesce a fuggire senza nemmeno un ringraziamento.
Arrivata a casa, dove scopre che il giovanotto, in maniera anonima, ha reso noto l’atto eroico compiuto dalla donna e ne parlano anche i notiziari TV, Pam cerca di scoprire il suo vero nome e alla fine i due hanno modo finalmente di incontrarsi nella base di partenza delle escursioni che fa da bar dell’amico Dave (Denis O'Hare). È una conoscenza emozionante e drammatica, in cui entrambi spiegano il passato tragico che hanno vissuto. Lei sta dedicando la vita agli altri dopo una terribile disgrazia avvenuta in casa, lui svela il vero motivo per cui si era azzardato in condizioni non adatte a risalire la montagna.
Entrambi hanno un movente, se così si può dire, ai loro comportamenti che li spinge a scelte molto differenti. Lui è distrutto emotivamente per ciò che gli è capitato, lei pensa di scontare un’assenza terribile. Pagano, insomma, per colpe non proprie ma che hanno cambiato la loro vita e non vedono altre vie d’uscita. Ma se per il denominato John la scelta era quella di sacrificare la propria vita, Pam ha preferito dedicarsi al prossimo con il volontariato del soccorso alpino. Un dialogo sofferto, con cose sussurrate, dette e non dette: un colloquio che però, forse, serve a ripianare asperità interne, a differenza di quelle della natura circostante. Volevano entrambi morire ma quell’incontro, in quel momento e in quel luogo tutt’altro che accogliente, anzi forse proprio per tutto ciò, le loro vite sono cambiate e si sono influenzate positivamente.
È innegabile che una buona parte del film sia solo un survival movie che affascina per il paesaggio bianco e impossibile e per la passione e l’amore che la protagonista riversa alla natura, con escursioni ai limiti delle possibilità umane, ancor più perché lei donna. Ma tanto ardimentosa, coraggiosa e soprattutto dotata di un carattere fortissimo che non la fa mai mollare. E quella discesa lo dimostra ampiamente, con scene in cui viene da pensare: adesso muoiono oppure lei lo molla altrimenti soccombono tutti e due. Peccato però che il film non entusiasmi molto, anzi con il rischio che annoi. Invece, il finale, che spiega le personalità e le motivazioni, ripaga l’attesa e riempie il film, altrimenti sarebbe restato un semplice intrattenimento.
Fa specie che un’attrice validissima, bella e capace, come Naomi Watts abbia girato uno dietro l’altro due film di sofferenza fisica e mentale: prima Corsa contro il tempo - The Desperate Hour (2021) di Phillip Noyce e poi questo l’anno seguente. Due film che inducono a pensare che la brava attrice inglese del Kent sia diventata la Liam Neeson in gonnella, come una persona capace di mettersi anche contro un esercito. Non uccide nessuno perché i nemici dei suoi personaggi sono gli elementi della natura e il destino, i film non sono polizieschi ma drammi esistenziali che entrano nella vita di donna che si vede costretta ad affrontare una situazione solo apparentemente fuori dalla sua portata. Sono due storie minimali di sopravvivenza completamente affidati dalla sceneggiatura e dalla regia alla loro protagonista e di conseguenza diventa necessario che questa sia in grado di sembrare credibile. Ebbene, questo è il punto di forza del film: la Watts è in modo evidente come sia un’interprete capace di rappresentare queste caratteristiche, con le sue rughe nervose e di sorriso, purtroppo arrivate, asciutta nel corpo, grintosa, inarrendevole. E che crede in queste opere fino a diventarne anche produttrice. Comunque merita ben altri palcoscenici e soggetti più validi per sfruttare meglio le sue indubbie qualità, speriamo presto.
Nonostante gli elogi che l’attrice merita, il film non sembra memorabile e si salva solo per pochi motivi: innanzitutto per la sua presenza e l’impegno disseminato per tutto l’arco del film (sempre nell’inquadratura), poi per un finale che giustifica la visione. Alla fine per una conclusiva considerazione: è una vicenda talmente ai limiti del comprensibile che la si può giudicare troppo avventurosa e fantasiosa, ed invece. Invece Pam Bales è una persona veramente esistita, ha vissuto realmente quella storia, ha compiuto incredibilmente quella prodezza miracolosa. In altri termini, quando ci si rende conto che è tutto veramente accaduto si arriva a riconsiderare il giudizio generale, limitandosi, eventualmente, a giudicare una regia senza grandi pretese ma che ha saputo descrivere bene l’iter narrativo, trasportando la location nella più vicina Slovenia (più comoda per i due registi polacchi), nella regione montuosa di Krvavec.
“Nella tempesta, nonostante il dolore e il vento, c’è un’infinita bellezza. L’intero universo è un’infinita tempesta di bellezza.”
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