Interiors (1978)
- michemar
- 19 dic 2024
- Tempo di lettura: 4 min

Interiors
USA 1978 dramma 1h32’
Regia: Woody Allen
Sceneggiatura: Woody Allen
Fotografia: Gordon Willis
Montaggio: Ralph Rosenblum
Scenografia: Mel Bourne
Costumi: Joel Schumacher
Diane Keaton: Renata
Mary Beth Hurt: Joey
Kristin Griffith: Flyn
Geraldine Page: Eve
Richard Jordan: Frederick
E.G. Marshall: Arthur
Maureen Stapleton: Pearl
Sam Waterston: Mike
TRAMA: Renata, Joey e Flyn sono tre sorelle la cui vita resta sconvolta dalla decisione del padre di abbandonare la famiglia. Eve, la madre, tenta dapprima di suicidarsi con il gas, poi, quando il marito, ottenuto il divorzio, si risposa, la donna si annega nell’Oceano. Joey tenta invano di salvarla, ed è a sua volta salvata a stento dalle altre due.
Voto 7,5

Ho sempre scritto (buon ultimo, ovviamente, essendo un semplice spettatore) che pochi autori hanno saputo scrivere di e sulle donne come Woody Allen, alla pari – a volte meglio altre meno – di altri grandissimi registi e sceneggiatori di cinema e teatro, ma pochissimi ad alti livelli e con una introspezione acuta come lui: oltre a Jane Campion, Agnès Varda e le nuove Greta Gerwig e Sofia Coppola, tra gli uomini che hanno dedicato i loro lavori all’altra metà del cielo spiccano Pedro Almodóvar e pochi altri, ma soprattutto Ingmar Bergman, con cui il regista newyorkese condivide lo sguardo più intimo e psicologico. E fa sempre molta impressione il modo gentile con cui entrambi entrano, come in punta di piedi, nel loro mondo.
Questa (superflua) introduzione solo perché Woody, dopo sei film fondamentalmente comici (dall’esordio di Che fai, rubi? fino a Guerra e pace) prima vira verso Io e Annie e poi comincia quel percorso artisticamente e intellettualmente impegnativo con questo film, decisamente differente nei temi e nei toni della produzione precedente. Percorso che continuerà con altre scritture totalmente votate alla donna: Hanna e le sue sorelle, ma soprattutto Settembre, Un’altra donna, Alice.
Arthur (E.G. Marshall) è un avvocato sposato con Eve (Geraldine Page), decoratrice di interni, ossessionata dalla perfezione estetica, ma abitata da una fragilità emotiva che la potrebbe distruggere. La coppia ha tre figlie: Renata (Diane Keaton), una poetessa insicura sposata con Frederick (Richard Jordan), scrittore in difficoltà; Flyn (Kristin Griffith), attrice emergente che si trova per lo più lontana da casa a fare film di basso costo ma che lotta per essere presa sul serio; e infine Joey (Mary Beth Hurt), moglie del giornalista Mike (Sam Waterston), che non riesce a costruirsi una carriera e risente dell’affetto eccessivo di sua madre nei confronti della sorella Renata. Un giorno Arthur annuncia inaspettatamente di volersi separare dalla moglie e di voler vivere da solo. Eve, depressa e mentalmente instabile, tenta il suicidio. Lo shock di questi due eventi provoca una spaccatura tra le sorelle. In seguito, Arthur ritorna da un viaggio in Grecia con Pearl (Maureen Stapleton), una donna vivace che ha intenzione di sposare. Le figlie sono contrariate per il fatto che il padre vuole ignorare il tentato suicidio della moglie e che si sia cercato un’altra donna, che viene definita da Joey come volgare.
Il contesto peggiora e rischia di precipitare nell’abisso in occasione del non evitato matrimonio tra Arthur e Pearl nella casa sul mare, dopo il quale succede di tutto, tra cui Frederick, ubriaco, tenta senza successo di violentare Flyn, Eve entra in acqua per uccidersi, più di una rischia di morire. Già, siamo passati dalle gags, dalle battute fulminanti, alla tragedia pura, al drammatico degno dei palcoscenici teatrali. E Allen si comporta, scrive e dirige come se questo fosse stato da sempre la sua declinazione. Più che mai, si può notare come l’artista si esprime ampiamente influenzato sia dall’opera di Ingmar Bergman (che non ha mai nascosto di ammirare e prendere come modello) e, in parte, dalla tradizione teatrale americana di Eugene O’Neill, ed è proprio per questi motivi che il film si distingue per la sua seria eleganza e per la meticolosa esplorazione delle dinamiche di una famiglia borghese sull’orlo della disintegrazione.
La regia (mi sembrò inaspettata, a dir la verità, tanto è sorprendente) è quella di un autore misurato, rigoroso, da nordeuropeo, con una tecnica di riprese che non ci si poteva aspettare: inquadrature fisse per tenere a fuoco le discussioni, le crisi, le reazioni emotive dei personaggi femminili e l’indifferenza quasi apatica dell’uomo che ha scatenato il crollo dell’equilibrio che fino a quel momento pareva cristallizzato. Anche i piccoli dettagli registici e di scena sono curati per esprimere quella rigidità che si è man mano creata tra i personaggi: la geometria degli interni, i colori, gli sguardi, le frasi che sono ad un passo dalla bocca ma rimasti nell’animo, i pranzi e le cene nervose. Il tutto, chiaramente, con lo stile del cinema che Woody sta amando in questo periodo, quindi gelido, lontano dal melodrammatico. Freddo e implacabile.
Interiors, interni. Quelli delle vite e delle menti dei personaggi, quelli di una famiglia che si sta fermando e che forse era ferma ormai da tempo, quelli delle loro lotte emotive e psicologiche. Vi si esplorano i conflitti e le tensioni che si sviluppano all’interno delle relazioni familiari, mettendo in luce le complessità e le fragilità dei personaggi. Ma anche gli spazi fisici in cui si svolge gran parte del film, che sono spesso ambienti chiusi e claustrofobici, simbolizzando l’isolamento e la reclusione emotiva dei personaggi.
Il cast è notevolmente all’altezza delle esigenze e la prediletta Diane Keaton dimostra in modo ampio come sia capace di versatilità e adattamento a diversi ruoli, ma anche le altre non sono da meno, a cominciare dalle ottime Geraldine Page e Maureen Stapleton.
Woody non è ancora al 100% per argomenti serissimi come questa opera ma è il suo primo affaccio e sorprende non poco la maturità che, comunque, ha dimostrato per scriverne e parlarne.
Riconoscimenti
1979 - Premio Oscar
Candidatura al miglior regista
Candidatura alla miglior attrice protagonista a Geraldine Page
Candidatura alla miglior attrice non protagonista a Maureen Stapleton
Candidatura alla migliore sceneggiatura originale
Candidatura alla miglior scenografia
1979 - Golden Globe
Candidatura al miglior regista
Candidatura alla miglior attrice in un film drammatico a Geraldine Page
Candidatura alla miglior attrice non protagonista a Maureen Stapleton
Candidatura alla miglior sceneggiatura
1979 - Premio BAFTA
Miglior attrice non protagonista a Geraldine Page
Candidatura alla miglior attrice debuttante a Mary Beth Hurt
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