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L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford (2007)

L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford

(The Assassination of Jesse James by the Coward Robert Ford) USA/Canada/UK 2007 western biografico 2h40’

 

Regia: Andrew Dominik

Soggetto: Ron Hansen (romanzo)

Sceneggiatura: Andrew Dominik

Fotografia: Roger Deakins

Montaggio: Dylan Tichenor, Curtiss Clayton

Musiche: Nick Cave, Warren Ellis

Scenografia: Patricia Norris, Richard Hoover

Costumi: Patricia Norris

 

Brad Pitt: Jesse James

Casey Affleck: Robert Ford

Sam Rockwell: Charlie Ford

Mary Louise Parker: Zee James

Brooklynn Proulx: Mary James

Sam Shepard: Frank James

Jeremy Renner: Wood Hite

Zooey Deschanel: Dorothy Evans

Paul Schneider: Dick Liddil

Garret Dillahunt: Edward T. Miller

Tom Aldredge: maggiore George Hite

Michael Parks: Henry Craig

Ted Levine: sceriffo Timberlake

 

TRAMA: Il bandito più famoso del West, Jesse James, ha sulla propria testa una taglia esorbitante, ma è troppo abile per essere catturato o ucciso in duello. Il giovane Robert Ford, che ha da sempre una venerazione per James, viene ammesso nella banda, ma alla prima occasione gli spara alla nuca. Riscossa la taglia, passerà i dieci anni successivi braccato e additato come codardo.

 

Voto 7,5



Un film lungo, più del suo chilometrico titolo, ma che pare ancora più lungo a causa della lentezza (che non è sempre un difetto) in generale e ancor più nella parte centrale quando l’eccellente Andrew Dominik si sofferma anche troppo per illustrare i personaggi secondari, perdendo parecchio il ritmo. Senza nulla togliere, sia chiaro, all’imponenza dell’opera e al fascino che la pervade e che conquista al termine della visione. Risulta evidente, e tanto se n’è raccontato in merito, che il montaggio più volte rifatto (si parlava a suo tempo oltre trenta rimontaggi, con le discussioni tra il protagonista Brad Pitt in quanto anche produttore e il regista) ha tolto periodi che forse andavano lasciati e inutili momenti in cui l’autore si è soffermato. Di certo, chi vi ha rimesso le penne, dato il carisma di cui è dotato, è stato il grande Sam Shepard, che meritava più attenzione, anche come personaggio influente nell’ambito dell’intera storia raccontata.



Jesse James (Brad Pitt) fu un bandito famoso, molto, fino a diventare un mito ammirato, tanto che, si racconta, tutti i ribelli sudisti avrebbero voluto fare parte della sua banda. Un fuorilegge quasi ascetico, infallibile, bellissimo, etereo, di poche parole e dallo sguardo magnetico, che si era creato la fama con rapine infallibili. Ed ora ha una taglia sulla sua testa che fa girare quella di uno degli ultimi approdati alla banda, il giovane Robert Ford (Casey Affleck), detto Bob, che era stato ammesso insieme al fratello Charlie (Sam Rockwell), ma l’ammirazione per il capo si trasforma presto in invidia e desiderio di rivalsa, tanto che finisce per sparargli a tradimento. Riscossa la taglia, Bob passa i dieci anni successivi additato come vigliacco, sfruttando però il proprio ruolo nella leggenda.



Uno degli aspetti della vita (e della morte) del famoso fuorilegge affrontati da questo western drammatico è il modo in cui la celebrità può assumere una vita propria. Visto sotto una luce fredda e impietosa, perché oggettiva, questi era solo un ladro e un assassino. Tuttavia, anche ai suoi tempi e come succede sempre con i criminali amati, il mito aveva superato la realtà. Era visto come un affascinante Robin Hood, che in alcuni ambienti veniva vantato come un eroe e lo stesso suo assassino lo scopre a sue spese allorquando passa il resto della sua vita odiato dal popolo che l’amava, restando deluso avendo immaginato che invece sarebbe stato applaudito il suo gesto. Infatti, dopo un periodo di curiosità, l’opinione pubblica si rivoltò contro di lui. E il titolo del film, in cui viene chiamato “codardo”, riflette questo.



La prima mezz’ora è fantastica. È il 7 settembre 1881 e sta per verificarsi una rapina al treno. James ha 34 anni. Questo sarà l’ultimo atto criminale nell’arco di dodici anni per la gang e passerà alla storia come la rapina nel Missouri al treno Blue Cut. Lui e suo fratello maggiore, Frank (Sam Shepard), gestiscono ancora la banda, ma tutti gli altri membri originali sono morti o in prigione. Quindi, ad accompagnarli in questa rapina c’è un gruppo di gente del posto. Robert Ford è tra questi. È un grande fan di James, avendolo idolatrato fin dalla sua giovinezza. Sembra anche mal equipaggiato per essere un fuorilegge, tanto da spingere Frank a dirgli che non ha i requisiti adatti per essere assunto. Ciononostante, l’arrivato riesce a insinuarsi nella fiducia di Jesse e diventa un compagno costante e fidato, un uomo sempre al fianco del capo, fino al giorno in cui un atto per metà guidato dalla paura e per metà dall’invidia lo porta sulla strada del gesto che per lui sarà quella dell’infamia.



Il problema è che la sezione centrale del film, che si chiude con la rapina al treno e la morte di Jesse ha un passo lento e ricorda quello del grande Terrence Malick, autore che si sofferma molto sui paesaggi e non concede nulla al ritmo e allo spettacolo, espandendo lo sguardo alla complessità dei caratteri. Infatti, Dominik a questo punto si concentra sui personaggi minori che sono meno interessanti e importanti, se non nell’ambito dell’illustrazione della compagnia, delle loro donne e, comunque, serve a chiarire l’atmosfera che li circonda. Lo sviluppo del personaggio durante questo periodo sia per Jesse che per Robert è irregolare. Per tutto questa parte del racconto, Ford rimane un enigma e come si sia trasformato da grande fan di Jesse a uomo che lo guardava con rivalità e antagonismo non è spiegato in modo chiaro. Però, nello stesso tempo, è studiando con attenzione il comportamento e soprattutto le espressioni intime del giovane che si intuisce come lentamente stia maturando in lui l’idea. È qui che il regista avrebbe dovuto lavorare meglio, ma quando si torna al cuore del film, la pellicola assume una portata magnifica, con un lungo epilogo emozionante, pieno di pathos, fino al colpo di pistola.



Il film ha tre innegabili punti di forza. La recitazione - a parte il magnifico apporto di un attore straordinario come Sam Shepard - di Brad Pitt e di Casey Affleck è eccellente. Allontanandosi dalla sua immagine di superstar, Pitt ricorda i giorni della sua carriera iniziale quando, come attore caratterista, si guadagnava consensi, mentre Affleck sembra seppellirsi nel ruolo come gli capita con i personaggi impegnativi e drammatici. Mary-Louise Parker nel ruolo della moglie di Jesse e Zoey Deschanel in una piccola ma importante parte nei rapporti con Ford sono di contorno ma incisive. Ma non è solo una questione di interpretazioni per dare nobiltà a questo bel film: la fotografia è ai massimi livelli. È quella del bravissimo Roger Deakins. Le sue inquadrature paesaggistiche delle pianure aperte del Missouri sono sbalorditive, le innumerevoli composizioni visive sono mozzafiato, il buio dell’attesa dell’arrivo del treno da rapinare è ammirevole: l’intera scena comincia con una prolungata inquadratura di un orizzonte nero, lentamente squarciato dal fascio di luce del convoglio in arrivo, traballante come la luce di un proiettore di sala. Infine, a parte il fascino dei dialoghi che spiegano le varie situazioni e aumentano l’atmosfera ansiogena che va maturando, specialmente prima dell’uccisione, una volta tanto la narrazione della voce fuori campo è importante e utile, come un buon personaggio necessario, che si aggiunge alla struttura del film piuttosto che essere ridondante ed estraneo. Un cenno importante va fatto alla musica scritta da Nick Cave (assieme a Warren Ellis) che appare nel film cantando in un saloon la folk song “The Ballad of Jesse James”. Un mito, insomma.



La leggenda narra, particolarmente nel suo natio Missouri, che il bandito non sarebbe stato ucciso dal codardo assassino, ma sarebbe scappato in California, facendo volontariamente perdere le proprie tracce. Era tanta la popolarità dell’uomo che, come mostra il film, dopo l’uccisione i fratelli Ford si camparono replicando in teatro la vicenda truccati come s’usava allora e persino il leggendario Buffalo Bill fu costretto ad esibirsi sul fatto, una volta diventato attrazione da circo. Mi ripeto: un mito, insomma.



Trovo che sia un magnifico film, tra l’altro di un regista di cui ho ammirato il successivo lavoro (Cogan – Killing Them Softly), sempre con un ottimo Brad Pitt, il quale, secondo me, con Andrew Dominik ha trovato forse i suoi due migliori ruoli del suo corposo curriculum. Ci vuole pazienza a guardarlo e se si accetta il ritmo lento se ne rimane conquistati. Se fosse stato più breve, avrei volentieri aumentato il voto di mezzo punto, almeno per il merito dato alla recitazione dei due attori, in particolare quella di Casey Affleck, uno dei miei beniamini: formidabile, davvero bravo.



Non è il solito western, è molto di più. Abbraccia anche fama e infamia attraverso una calma narrazione storica, con uno sguardo intimo sulle complesse dinamiche tra i personaggi e il loro impatto sulla leggenda, ma a posteriori, quando tutto fu compiuto, giusto per dimostrare la natura della celebrità ed il prezzo della notorietà. Che non poche volte porta a diventare un obiettivo. Di una pistola.

Film bellissimo!



Riconoscimenti

Premio Oscar 2008

Candidatura miglior attore non protagonista a Casey Affleck

Candidatura migliore fotografia

Golden Globe 2008

Candidatura miglior attore non protagonista a Casey Affleck

Festival di Venezia 2007

Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Brad Pitt

Candidatura a Leone d’Oro a Andrew Dominik



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