L'ultima notte di Amore
Italia 2023 noir poliziesco 2h4’
Regia: Andrea Di Stefano
Sceneggiatura: Andrea Di Stefano
Fotografia: Guido Michelotti
Montaggio: Giogiò Franchini
Musiche: Santi Pulvirenti
Scenografia: Carmine Guarino
Costumi: Olivia Bellini
Pierfrancesco Favino: Franco Amore
Linda Caridi: Viviana
Antonio Gerardi: Cosimo Forcella
Francesco Di Leva: Dino Ruggeri
Emiliano Brioschi: Fulvio
Matilde Vigna: Nureyev
Camilla Semino Favro: Daria Criscito
Martin Francisco Montero Baez: Ernesto
Carlo Gallo: Tito Russo
TRAMA: La sera prima di andare in pensione, il tenente di polizia Franco Amore viene bloccato per seguire le indagini relative all'omicidio di un caro amico e collega: Dino è stato ucciso nel corso di una rapina e Amore dovrà affrontare il caso con l'aiuto della moglie Viviana.
Voto 7
Se il titolo dice che è notte, i primissimi minuti che Andrea Di Stefano (presente come attore in molti film nostrani e non, ma ora ormai regista di opere per duri, Escobar e The Informer - Tre secondi per sopravvivere) dedica per introdurci nel buio ambientale lo fa a volo di elicottero sulla Milano non più da bere ma in cui agire, tra la criminalità locale e quella cinese che da tempo manovra nel sottobosco metropolitano. Ma anche in superficie, anzi negli attici dei grattacieli che dominano il panorama, visto che il capo di una organizzazione potente e ricca si sta organizzando vieppiù nel traffico che loro definiscono legale, da circa 20 anni. Quel volo accarezza le case, le vie e le piazze per metter al centro dello schermo le finestre illuminate dell’appartamento di Franco Amore, dove la moglie Viviana (Linda Caridi) ha organizzato una festa a sorpresa con gli amici e i parenti calabresi, come lei, per accogliere, calici in mano, il rientro del marito dall’ultimo giorno di lavoro: sta andando finalmente in pensione dopo “35 anni di onorato servizio” senza macchia, un esempio per tutti, come dedizione, esperienza ed efficienza, senza mai (caratteristica importante che segnerà l’intero film) aver sparato ed ucciso un uomo. Mai. Eppure, come dice il saggio: se nella storia compare una pistola, questa prima o poi sparerà. Amore rientra, a suo dire, da una corsetta e trova la sorpresa, interrotta subito dalla chiamata urgente del suo capo per andare dove si è verificato un evento criminale. Subito.
Per capire cosa è successo veramente è necessario risalire a dieci giorni prima e quindi una buona metà del film diventa un lungo flashback per illustrare tutto l’antefatto che conduce sino a quella notte, una maledetta notte, preparata da altri come un mortale tranello in cui lui ed il suo più fidato collega fraterno cascano completamente ignari. Doveva essere un compito facile, molto ben ricompensato dai cinesi committenti: una eccezione per la coscienza sia del protagonista che per il suo amico Dino (Francesco Di Leva). Anche se Franco era disposto a farsi assoldare dal capo dei cinesi solo dopo l’ormai imminente pensionamento, per organizzare un servizio di security, la missione di condurre in auto un ospite dall’aeroporto sino in centro era un compito semplice, si poteva fare, anche perché 5.000 euro da dividere in due facevano gola. Ed invece subito dopo aver lasciato l’aeroporto i due agenti della Polizia di Stato milanese intuiscono di essere nei pasticci. E ci si ritrova a quella maledetta ultima notte piena di dramma e di sangue. Ma anche di soffiate, tradimenti, complici mai immaginati. Un’imboscata.
Questo poliziotto non è corrotto, non siamo nei paraggi di Olivier Marchal e neanche in quelli del poliziottesco che tanta fortuna ebbe negli anni ‘70 ma li sfioriamo a causa di qualche mela marcia, qualcuno che – come al solito – non si accontenta del magro stipendio di fedele servitore della Stato e ha legato rapporti con la malavita: è verso di questi che Amore punterà l’attenzione una volta trovatosi profondamente nei guai. Si guarda sospettoso in giro in mezzo ai tanti agenti che lo circondano cercando una minima prova del loro tradimento alla causa, accorgendosi con timore che si trova tra due fuochi: i cinesi che lo attendono al varco e i colleghi compromessi, entrambi con le intenzioni di eliminarlo. I primi per vendetta, i secondi per essere ostacolo e testimone. In ogni caso la sua vita è appesa ad un filo. A lui poco importa, l’essenziale è preservare la vita della moglie Viviana e il figlio del collega rimasto a terra. Per loro è disposto a tutto.
Film che parte piano ma che ha tutta l’aria di poter esplodere da un momento all’altro, in una spirale pericolosa piena di insidie, un noir di commistione tra criminalità e onestà anche personale, che prende velocità e ritmo lentamente, nel buio delle vie metropolitane e autostradali, con la classica auto che segue da vicino: qualcosa che non preannuncia nulla di buono. Poi il fuoco dell’imboscata e delle armi, con il protagonista costretto a prendere in mano una pistola, ma non per sparare ma per difendersi ed iniziare sul campo minato su cui si è trovato a capire che cosa stia effettivamente succedendo. Stupore e reazione, sorpresa e azione: una lunga notte, quella che è l’ultima come servizio, e che non può diventare anche definitiva per l’uomo, più che per il poliziotto. La crescente tensione conduce lo spettatore a restare allarmato di continuo facendo ipotizzare un finale imprevedibile. Ovunque Amore si giri vede solo pericoli, persino una immediata indagine delle autorità giudiziarie in cui deve stare attento a misurare le parole, per non tradirsi, non tradire ed uscire illeso anche nella reputazione. Spontaneo viene da esclamare: ohibò, ma allora, anche il cinema italiano può sfornare un film consistente e di portata internazionale, uscendo finalmente dalla commediaccia, dalle produzioni che puntano solo sul pubblico facile e dalle parodie natalizie. Il merito è di un soggetto che si sviluppa a Milano ma che poteva andar bene in una qualsiasi metropoli europea, un ottimo copione che aveva bisogno di una regia adeguata e il buon Andrea Di Stefano si dimostrato adeguato, scrivendone anche la sceneggiatura, che però non è immune da qualche difetto dovuto a dialoghi buonissimi ma a tratti troppo scontati, standardizzati. Con il pregio, comunque, di essere colorati dal forte accento calabrese che risulta molto efficace. Nello stesso tempo, l’ambientazione è ideale in quella Milano che vede il melting pot composto da ’ndranghetisti, carabinieri e la Chinatown di via Paolo Sarpi dove i cinesi di prima generazione parlano italiano meglio dei milanesi. La vera perplessità è l’ultimo fotogramma che ci lascia in sospeso: Franco Amore è nell’auto in Piazza Duomo, ha terminato l’ultima notte di servizio, saluta alla radio di bordo tutti gli agenti, le volanti e la Questura, e mentre si commuove per gli auguri ricevuti, una figura nera si staglia in secondo piano nell’inquadratura: lui si gira e quella è lì che si avvicina. Chi è? Cosa succede? Lo stanno arrestando, vero? Titoli di coda.
Buon film, quindi, non eccezionale ma molto buono, teso e in crescendo nervoso, con una buonissima storia di base, impreziosito dalle interpretazioni degli attori più importanti, iniziando da quel polemico Pierfrancesco Favino (riferimento ai discorsi nazionalistici di Venezia80) che di tutto può lamentarsi tranne che gli affidino ruoli in tantissimi film ogni anno e con diversissime caratteristiche, un attore per ogni stagione, si direbbe. Ma lui, siccome è bravo, se la cava egregiamente in ogni occasione, anche qui dove ha modo di esporre le sue qualità, tra il serio, il preoccupato, l’amicone, l’effettuoso. Ma sono bravi in tanti, in verità, perché Linda Caridi dà una ulteriore dimostrazione di quanto sia una valida performer, soprattutto in questo ruolo di donna che non maschera le sue origini meridionali: troppo facile per lei che ha origini siculo-calabresi, che qui trova terreno fertile per le sue uscite e per la sua sicuramente saporita teglia di parmigiana di melanzane con la provola. Peccato solo di alcuni dialoghi (rieccoci) in cui, più che improvvisare, pare avere pronto il campionario delle frasi prestabilite. La sua Viviana è una moglie intelligente, perspicace e sveglia ma le sue iniziative e le sue risposte paiono troppo meccaniche per essere frutto della prontezza e vivacità del personaggio. È davvero brava e preparata, sempre. Molto apprezzabili sono anche sia Antonio Gerardi, che ha il perfetto physique du rôle per essere Cosimo Forcella, il traffichino dal doppio gioco che spera di guadagnare fiducia e soldi dalle due trincee opposte, sia il sempre più giustamente affermato Francesco Di Leva, nel ruolo dell’amico fraterno Dino: una sicurezza ormai in tanti film italiani, un crescendo di prestazioni che lo stanno premiando con apprezzamenti da parte di critica e spettatori.
Il film di Andrea Di Stefano (che è chiaramente migliorato dalle due regie precedenti) è senz’altro promosso, non straordinario ma molto valido, tanto che si è guadagnato nel frattempo l’inserimento nella prima lista dei candidati ad entrare nell’elenco italiano nella corsa agli Oscar 2024. Vedremo.
Riconoscimenti
2024 - David di Donatello
Candidatura a miglior regista
Candidatura a migliore attrice protagonista a Linda Caridi
Candidatura a miglior compositore
Candidatura a miglior montatore
2023 – Nastri d’Argento
Candidatura miglior regia
Candidatura miglior attrice protagonista a Linda Caridi
Candidatura miglior attore protagonista a Pierfrancesco Favino
Candidatura miglior attore non protagonista a Francesco Di Leva
Candidatura miglior montaggio
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