L’uomo che sapeva troppo
(The Man Who Knew Too Much) USA/UK 1956 thriller 2h
Regia: Alfred Hitchcock
Soggetto: Charles Bennett, D.B. Wyndham-Lewis
Sceneggiatura: John Michael Hayes
Fotografia: Robert Burks
Montaggio: George Tomasini
Musiche: Bernard Herrmann
Scenografia: Henry Bumstead, Hal Pereira
Costumi: Edith Head
James Stewart: dr. Ben McKenna
Doris Day: Jo McKenna
Brenda De Banzie: Lucy Drayton
Bernard Miles: Edward Drayton
Ralph Truman: Buchanan
Daniel Gélin: Louis Bernard
Mogens Wieth: ambasciatore
Alan Mowbray: Val Parnell
Hillary Brooke: Jan Peterson
Christopher Olsen: Hank McKenna
TRAMA: Il dottor Ben McKenna, in vacanza a Marrakech con la famiglia, raccoglie casualmente da una spia in punto di morte informazioni sull’attentato che verrà compiuto a Londra ai danni di un uomo politico straniero. Gli attentatori, che si sono guadagnati la sua fiducia facendosi passare per turisti, gli rapiscono il figlioletto per ricattarlo e indurlo al silenzio.
Voto 7,5
Se ci si mette alla ricerca di un esempio del tipico film del maestro del brivido Alfred Hitchcock, viene facile in mente questo rifacimento di un vecchio successo dello stesso regista (la versione precedente è addirittura del 1934, quindi dei suoi primi anni di attività). Tipico perché il classico caso di un “uomo qualunque”, come dicono gli anglosassoni, un everyman) che si caccia in guai mortali senza neanche rendersi conto. Questa volta si tratta di un complotto omicida che – ai fini della trama - è abbastanza irrilevante ed è necessario solo per rendere plausibile il resto della vicenda e cioè un ricatto che dà il via ad una storia emozionante, senza fronzoli, ma raccontata in modo altamente efficace e con grande maestria nell’uso della cinepresa. Non per nulla lo stesso regista affermò, parlando di sé e giudicandosi, che la prima versione era di un dilettante promettente mentre questo film è chiaramente di un vero professionista, anche perché nel frattempo erano trascorsi ben 22 anni. E tantissimi film.
Dunque, il complotto che sta alla base della trama è ritenuto irrilevante perché ciò che interessa principalmente è tutto ciò che ne consegue, un McGuffin, come in linguaggio giornalistico viene definito un elemento che risulta solo un pretesto. Difatti, l’opera del maestro britannico punta in modo deciso alle non poche disavventure in cui incappa la coppia che è in vacanza in Marocco.
Il medico americano Benjamin McKenna (James Stewart), sua moglie Josephine (Doris Day) – ex cantante che ha rinunciato alla carriera per la famiglia – e il loro figlio Hank sono in vacanza a Marrakech e su un autobus fanno conoscenza con un francese che si fa passare per turista, Louis Bernard (Daniel Gélin), che rincontrano il giorno dopo nella piazza del mercato travestito da arabo. Durante questo incontro l’uomo viene mortalmente ferito con un coltello nella schiena e avvicinandosi all’orecchio di McKenna gli confida informazioni segrete su un assassinio pianificato: un importante statista sta per essere ucciso a Londra nei prossimi giorni durante un concerto nella Royal Albert Hall. Con loro anche i coniugi Drayton, una coppia inglese conosciuta la sera prima che inganneranno gli americani e si rifaranno vivi con una telefonata: se riveleranno alla polizia quanto detto dal francese (che risulta invece un agente dei Servizi Segreti) faranno del male al loro piccolo, appena rapito. Da questa situazione si sviluppa l’avvincente storia che, appunto, interessa primariamente al regista, il resto è contorno e semplice causa.
Il film, si può affermare, ha segnato un’epoca nel genere thriller, portando il concetto di suspense a un livello molto alto, benché da molti critici non sia ritenuto tra i migliori in assoluto di Hitchcock. La pellicola, comunque, si distingue per la sua capacità di coinvolgere lo spettatore in un intricato labirinto di tensione e mistero, trovandosi la ignara coppia “qualunque”, immersa in un complotto internazionale. La regia è indubbiamente magistrale, giocando con l’angoscia e l’attesa, e guidando lo spettatore attraverso un viaggio emozionante e imprevedibile. La performance di James Stewart e Doris Day aggiunge profondità ai personaggi, rendendo la loro disperata ricerca del figlio rapito ancora più palpabile e commovente. Il film è noto per alcune delle scene più iconiche del cinema, come l’assordante silenzio che precede il colpo di pistola nella Royal Albert Hall, un momento che esemplifica la ben nota dote del regista nel manipolare l’audiovisivo per creare tensione. Minuti e minuti di silenzio, né dialoghi, per far accrescere la tensione ansiogena dell’intera sequenza: Jo che guarda l’attentatore e questi che invece mira al personaggio da colpire. Ed intanto lo spettatore, bloccato, subisce l’incanto della celebre canzone cantata da Doris Day: Que Sera, Sera (Whatever Will Be, Will Be) che diventerà un successo mondiale.
Nonostante la mancata riconoscenza da parte dell’Academy per i premi importanti, la pellicola rimane un ottimo e indiscusso punto di riferimento per i cineasti e gli appassionati di thriller di sempre. La sua influenza è palpabile ancora oggi, dimostrando come Hitchcock sia riuscito a trasformare il giallo in un’arte che gioca con le paure più profonde dello spettatore, lasciando un’impronta indelebile nella storia del cinema.
Come in molti altri suoi film, Hitchcock fa la sua breve apparizione davanti alla macchina da presa: qua lo si vede, di spalle, mentre assiste allo spettacolo di alcuni saltimbanchi nel mercato di Marrakech. Anche il compositore solito di Hitchcock, Bernard Herrmann, appare di persona in questo film: il suo nome è menzionato sui manifesti dell’Albert Hall e poco dopo lo si vede sul podio del direttore d’orchestra durante il concerto nel corso del quale dovrebbe avvenire l’omicidio. Qui dirige la "Storm Clouds Cantata" del compositore australiano Arthur Benjamin, che era già stata ascoltata nell’originale di Hitchcock del 1934.
James Stewart è più che collaudato per il cinema hitchcockiano (è la sua terza presenza nei suoi film) e con quel viso e quel fisico da lungagnone è il perfetto americano in vacanza ingenuo e fiducioso del prossimo, che invece si rivela nemico. A salvare queste apparenze ci pensa il personaggio della moglie, l’ennesima bionda del regista, la brava Doris Day, donna risoluta e più perspicace del marito e più veloce ad intuire gli avvenimenti che intaccano pericolosamente la famiglia. Diciamo una miscela equilibrata di mondanità e amore pragmatico di una madre e moglie di un medico di provincia un po’ goffo. I produttori volevano assolutamente sfruttare la sua popolarità come cantante e quindi fu stipulato nel contratto che lei dovesse cantare nel film. All’inizio, era riluttante a cantare la canzone appositamente composta perché era "solo una canzone per bambini". Poi il brano vinse l’Oscar e dette alla Day il più grande successo della sua carriera discografica.
Comments