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L’uomo che verrà (2009)

Aggiornamento: 11 mag 2023


L’uomo che verrà

Italia 2009 dramma storico 1h55’


Regia: Giorgio Diritti

Sceneggiatura: Giorgio Diritti, Tania Pedroni, Giovanni Galavotti

Fotografia: Roberto Cimatti

Montaggio: Giorgio Diritti, Paolo Marzoni

Musiche: Marco Biscarini, Daniele Furlati

Scenografia: Giancarlo Basili

Costumi: Lia Francesca Morandini


Maya Sansa: Lena

Alba Rohrwacher: Beniamina

Claudio Casadio: Armando

Greta Zuccheri Montanari: Martina

Maria Grazia Naldi: Vittoria

Stefano “Vito” Bicocchi: signor Buganelli

Raffaele Zabban: don Giovanni Fornasini

Eleonora Mazzoni: signora Buganelli

Orfeo Orlando: il mercante

Diego Pagotto: Pepe

Bernardo Bolognesi: il partigiano Gianni

Stefano Croci: Dino

Zoello Gilli: Dante

Timo Jacobs: ufficiale medico SS

Germano Maccioni: don Ubaldo Marchioni

Raffaele Zabban: don Giovanni Fornasini

Francesco Modugno: Antonio


TRAMA: Inverno 1943. Martina ha 8 anni, vive alle pendici di Monte Sole, non lontano da Bologna, è l'unica figlia di una famiglia di contadini che, come tante, fatica a sopravvivere. Anni prima ha perso un fratellino di pochi giorni e da allora ha smesso di parlare. Nel dicembre la mamma rimane nuovamente incinta. I mesi passano, il bambino cresce nella pancia della madre e Martina vive nell'attesa del bimbo che nascerà, mentre la guerra man mano si avvicina e la vita diventa sempre più difficile. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre 1944 il piccolo viene finalmente alla luce. Quasi contemporaneamente le SS scatenano nella zona un rastrellamento senza precedenti, che passerà alla storia come la strage di Marzabotto.


Voto 8

La strage di Marzabotto (chiamata così dal nome del maggiore dei comuni colpiti) fu un insieme di stragi compiute dalle truppe nazifasciste in Italia tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, nel territorio dei comuni di Marzabotto, Grizzana Morandi e Monzuno che comprendono le pendici di Monte Sole in provincia di Bologna. Fu l’eccidio di 775 persone inermi, tra decine e decine di bambini sotto i due anni, un centinaio di bambini sotto i dieci anni, altrettanto di giovani, più di 300 donne, cinque sacerdoti e moltissime persone anziane.

Giorgio Diritti l’ha raccontata in questo film con gli occhi innocenti di una bambina, Martina.

Da molto tempo ormai è diventato un sottogenere a sé stante: le storie di guerra viste con gli occhi dei bambini hanno un posto speciale anche nel cinema italiano. Dal crudo dolore della guerra di Roberto Rossellini al lirismo altrettanto doloroso dei fratelli Taviani, i registi sono più volte tornati ai bambini che lottano per aggrapparsi ai frammenti della loro innocenza tra bombe e proiettili come mezzo per esaminare i traumi della guerra in generale ma della Seconda guerra mondiale in particolare. Analizzando i bambini nei film neorealisti, si potrebbe affermare che loro, nel mondo caotico degli adulti, siano testimoni silenziosi con una maggiore capacità di vedere e sentire, mentre gli altri sembrano sordi e ciechi. La descrizione sembra fatta su misura per Martina (Greta Zuccheri Montanari), di otto anni, che, come perno centrale del film, vive la vita di provincia rurale bolognese scossa dalla guerra e si muove liberamente (anche se con crescente pericolo) tra civili e soldati, partigiani e invasori. Rimasta muta dal trauma della morte del fratellino, vaga nel piccolo comune collinare dove la sua numerosa famiglia ha messo radici, dove notiamo la fatica del lavoro nei campi di suo padre Armando (Claudio Casadio), le preoccupazioni della madre incinta Lena (Maya Sansa) e, poiché siamo nel 1944, la brutale lotta tra partigiani italiani e soldati tedeschi che si svolge nella campagna e nei boschi appena fuori dal villaggio.

Il film racconta insieme due storie ben contrastate, che si evolvono in parallelo man mano che la storia progredisce. Sono anche intervallati, bilanciandone la tensione. Da un lato, si osserva la crescita di quel bambino non ancora nato, le preghiere alla Madonna per proteggerlo, l'amore della sua famiglia, la gelosia e il modo contemplativo in cui Martina attende il fratello. Mentre, contrapposto, c’è un altro mondo, rispetto all’armonia familiare e una lotta quotidiana per sopravvivere, dove si registra l'avanzata dei soldati tedeschi sui partigiani e sui contadini, i quali devono subire l’onta degli oltraggi, le rapine, gli abusi sulle donne.

Giorgio Diritti applica una testimonianza fedele e realistica di quell'episodio storico e nella visione soggettiva iniziale ci mostra letti vuoti, tracce di corpi che non ci sono, case svuotate, come metafora del perduto, dell'annientato, dell'odio tra gli uomini e dell'intolleranza delle differenze. La messa in scena riesce a rielaborare un quadro storico fedele alla realtà, senza diventare un documentario, mettendo in evidenza i dettagli della vita quotidiana semplice degli abitanti di quei giorni. Anche i luoghi, i costumi e il dialetto bolognese parlato dai suoi protagonisti sottolineano il reale, tanto da portare la decisione di girare tutto in dialetto stretto. Le azioni che si sviluppano generano un'atmosfera di incertezza e costante desolazione, anche di paura. L'uso del primo piano sul viso di Martina evidenzia la bellezza e la purezza del suo volto, la sua malinconia. I suoi occhi saranno i nostri, il suo trauma il nostro.

Una cosa risalta chiaramente: questo film non banalizza la tragedia come accade in altre occasioni (vedi La vita è bella), né sfrutta la facilità del compiacimento (vedi Il ragazzo con il pigiama a righe), piuttosto ne condivide il tema della perdita dell'innocenza quando si è costretti a maturare di fronte alle avversità, ma soprattutto se ne distanzia per la portata del suo sguardo.

L’uomo che verrà? È sicuramente quel neonato di cui si fa simbolicamente carico la piccola eroina.


“La nostra pietà per loro significhi che tutti gli uomini e le donne sappiano vigilare perché mai più il nazifascismo risorga.”

(Lapide del cimitero di Casaglia)


Riconoscimenti

David di Donatello 2010

Miglior film

Migliore produttore

Miglior sonoro

Candidatura miglior regia

Candidatura migliore sceneggiatura

Candidatura migliore attrice protagonista a Greta Zuccheri Montanari

Candidatura migliore attrice non protagonista a Alba Rohrwacher

Candidatura migliore fotografia

Candidatura miglior colonna sonora

Candidatura migliore scenografia

Candidatura migliori costumi

Candidatura miglior trucco

Candidatura migliori acconciature

Candidatura miglior montaggio

Candidatura migliori effetti speciali visivi

Candidatura David Giovani a Giorgio Diritti


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