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Immagine del redattoremichemar

La 25ª ora

Aggiornamento: 17 mag 2023


La 25ª ora

(25th Hour) USA 2002 dramma 2h15'


Regia: Spike Lee

Soggetto: David Benioff

Sceneggiatura: David Benioff

Fotografia: Rodrigo Prieto

Montaggio: Barry Alexander Brown

Musiche: Terence Blanchard

Scenografia: James Chinlund

Costumi: Sandra Hernandez


Edward Norton: Monty Brogan

Philip Seymour Hoffman: Jacob Elinsky

Barry Pepper: Frank Slaughtery

Rosario Dawson: Naturelle Riviera

Anna Paquin: Mary D'Annunzio

Brian Cox: James Brogan

Tony Siragusa: Kostya Novotny

Levan Uchaneishvili: zio Nikolai


TRAMA: Ultimo giorno di libertà per Monty Brogan, che sta per essere incarcerato: deve scontare sette anni per spaccio di droga. 24 ore per riflettere su se stesso (avrebbe voluto fare il pompiere), sul proprio destino (ha optato per il denaro facile), recuperare il legame con il padre, congedarsi dalla fidanzata (che forse è la responsabile della soffiata), dai suoi due migliori amici, Jacob e Francis, per giungere alla consapevolezza che deve pagare per quello che ha fatto.


Voto 9

Dopò l'attentato alle torri gemelle il cinema guarda per la prima volta Ground Zero. Prima fisicamente non poteva per il fumo o per la barriera psicologica che faceva dire: non adesso. Le riprese dovevano iniziare proprio nel settembre del 2001, ma dopo i tragici eventi il copione fu totalmente ribaltato e le riprese iniziarono il gennaio successivo. La storia di Monty, di Jackob, di Naturelle, di Frank, dei mafiosi russi, dei pompieri diventa nel film la storia di ognuno di questi. Sicuramente una delle scene più belle e indimenticabili è quella del confronto tra Barry Pepper (attore sempre sottovalutato, nel ruolo del cinico irlandese operatore di Wall Street) e Philip Seymour Hoffman (attore enorme sin da allora, nel ruolo di un represso professore ebreo) davanti alla finestra dell'attico che sovrasta la voragine di quello che era il World Trade Center, su cui sventola come una bandiera bianca di resa una bandiera a stelle e strisce. Retorica? Forse, anche se Spike Lee non l'ha mai fatto. Il film è uno sfilare di eroi morti o vivi, con musiche dall’impatto emotivo implacabile.

Si racconta che l'autore del romanzo, David Benioff, scrisse subito la sceneggiatura che volle far leggere al regista, profondo conoscitore degli umori metropolitani di Brooklyn in particolare e di New York in generale. Spike Lee, che aveva letto il libro, gli chiese come mai dal copione fossero state tolte le situazioni più belle, in primis quella di Monty che mandava a quel paese tutto e tutti. Benioff rispose che gli sembrava impossibile tradurre la drammaticità della scena sul grande schermo, ma Lee rispose secco: “Tu scrivi, al resto penso io.” La migliore dimostrazione di cosa è capace un valente regista.

È il racconto di una giornata difficile, è lo sviluppo di un conteggio alla rovescia, le ultime ore di un pusher consapevole che ha davanti ventiquattro ore a disposizione per decidere cosa fare nell’ora successiva, la 25.a. Montgomery Brogan, Monty per gli amici, pensava di potersi godere la tranquillità raggiunta dai suoi loschi affari con la sua bellissima portoricana Naturelle sulle rive delle calme acque dell’Hudson, ma una soffiata lo mette nei guai e sette anni di carcere lo aspettano. Il bel libro di David Benioff da cui è tratto il film fu scritto prima della tragedia dell’11 settembre e Spike Lee invece lo collega a quell’evento nefasto e getta un emozionante e scuro fascio di luce sulle rovine delle Twin Towers, in una delle sequenze più importanti della pellicola. Monty ha quindi ventiquattro ore per congedarsi dalla sua donna, di cui ha un atroce dubbio, dagli amici, un broker di Wall Street e un professore di letteratura inglese, e il padre, con cui non ha avuto mai il rapporto che avrebbe sognato.

"In culo ai mendicanti che mi chiedono soldi e che mi ridono alle spalle. In culo ai lavavetri che mi sporcano il vetro pulito della macchina. In culo ai Sikh e ai Pakistani, che vanno per le strade a palla con i loro taxi decrepiti! Puzzano di curry da tutti i pori; mi mandano in paranoia le narici! Aspiranti terroristi, e rallentate, cazzo! In culo ai ragazzi di Chelsea, con il torace depilato e i bicipiti pompati, che se lo succhiano a vicenda nei miei parchi e te lo sbattono in faccia sul Gay Channel. In culo ai bottegai Coreani, con le loro piramidi di frutta troppo cara, con i loro fiori avvolti nella plastica: sono qui da 10 anni e non sanno ancora mettere due parole insieme. In culo ai Russi di Brighton Beach, mafiosi e violenti, seduti nei bar a sorseggiare il loro the con una zolletta di zucchero tra i denti; rubano, imbrogliano e cospirano. Tornatevene da dove cazzo siete venuti! In culo agli Ebrei Ortodossi, che vanno su e giù per la 47.a nei loro soprabiti imbiancati di forfora a vendere diamanti del Sudafrica dell'apartheid. In culo agli agenti di borsa di Wall Street, che pensano di essere i padroni dell'universo; quei figli di puttana si sentono come Michael Douglas/Gordon Gekko e pensano a nuovi modi per derubare la povera gente che lavora. Sbattete dentro quegli stronzi della Enron a marcire per tutta la vita!!! E Bush e Cheney non sapevano niente di quel casino?! Ma fatemi il cazzo di piacere! In culo alla Tyco, alla ImClone, all'Adelphia, alla WorldCom... In culo ai Portoricani: venti in una macchina, e fanno crescere le spese dell'assistenza sociale. E non fatemi parlare di quei pipponi dei Dominicani: al loro confronto i Portoricani sono proprio dei fenomeni. In culo agli italiani di Benson Hurst con i loro capelli impomatati, le loro tute di nylon, le loro medagliette di Sant'Antonio, che agitano la loro mazza da baseball firmata Jason Giambi, sperando in un'audizione per I Soprano. In culo alle signore dell'Upper East Side, con i loro foulard di Hermès e i loro carciofi di Balducci da 50 dollari: con le loro facce pompate di silicone e truccate, laccate e liftate. Non riuscite a ingannare nessuno, vecchie befane! In culo ai negri di Harlem. Non passano mai la palla, non vogliono giocare in difesa, fanno cinque passi per arrivare sotto canestro, poi si girano e danno la colpa al razzismo dei bianchi. La schiavitù è finita centotrentasette anni fa. E muovete le chiappe, è ora! In culo ai poliziotti corrotti che impalano i poveri cristi e li crivellano con quarantuno proiettili, nascosti dietro il loro muro di omertà. Avete tradito la nostra fiducia! In culo ai preti che mettono le mani nei pantaloni di bambini innocenti. In culo alla Chiesa che li protegge, non liberandoci dal male. E dato che ci siamo, ci metto anche Gesù Cristo. Se l'è cavata con poco: un giorno sulla croce, un weekend all'inferno, e poi gli alleluia degli angeli per il resto dell'eternità. Provi a passare sette anni nel carcere di Otisville. In culo a Osama Bin Laden, a Al Qaeda e a quei cavernicoli retrogradi dei fondamentalisti di tutto il mondo. In nome delle migliaia di innocenti assassinati, vi auguro di passare il resto dell'eternità con le vostre settantadue puttane ad arrostire a fuoco lento all'inferno. Stronzi cammellieri con l'asciugamano in testa, baciate le mie nobili palle irlandesi! In culo a Jackob Elinsky, lamentoso e scontento. In culo a Francis Slaughtery, il mio migliore amico, che mi giudica con gli occhi incollati sulle chiappe della mia ragazza. In culo a Naturelle Riviera: le ho dato la mia fiducia e mi ha pugnalato alla schiena, mi ha venduto alla polizia, maledetta puttana! In culo a mio padre, con il suo insanabile dolore, che beve acqua minerale dietro il banco del suo bar, vendendo whisky ai pompieri inneggiando ai Bronx Bombers. In culo a questa città e a chi ci abita. Dalle casette a schiera di Astoria agli attici di Park Avenue, dalle case popolari del Bronx ai loft di Soho, dai palazzoni di Alphabet City alle case di pietra di Park Slope e a quelle a due piani di Staten Island. Che un terremoto la faccia crollare, che gli incendi la distruggano, che bruci fino a diventare cenere, e che le acque si sollevino e sommergano questa fogna infestata dai topi.

No... No, in culo a te, Montgomery Brogan. Avevi tutto e l'hai buttato via, brutto testa di cazzo!"

È la rappresentazione del dolore e della scoperta di un vago senso di pentimento, di una vita che avrebbe potuto essere e che non sarà più, dello sprofondo umano in cui è finito senza quasi rendersene conto. La rabbia e la malinconia che pervade l’atmosfera sono dovute al fatto che alla fine di quelle ore niente sarà più lo stesso e prima delle quali tutto poteva essere ancora. Ci sono tre scene che rappresentano totalmente il senso del film: il monologo (un capolavoro assoluto di sceneggiatura) di Monty davanti allo specchio del bagno del bar di suo padre, la rovina del suo volto che egli chiede al suo amico pur di non subire l’onta di uno stupro in carcere, la sequenza finale a bordo della macchina del padre, dove – con una musica che schiaccia l’anima – quest’ultimo gli offre un’alternativa, quello che avrebbe potuto essere e quello che è stato. Un sogno finale che Spike Lee offre come un viaggio della mente.

Lontano dai temi sociali e razziali dei suoi primi film, Lee gira un vero capolavoro e l’atmosfera che sa creare in quelle ultime maledette ore e l’interpretazione che riesce a dare il più superbo Edward Norton mai visto fa diventare questa opera una storia indimenticabile, un film che lascia il segno per sempre. È un sogno, rivolto a tutti coloro i quali hanno avuto o avranno la loro 25.a ora a disposizione, dopo una vita mancata.


"Sai quando trovano la gente? La trovano quando torna a casa. Le persone scappano, ma poi tornano ed è allora che le prendono. Perciò, se vai non devi tornare. Non devi più tornare.

Potremmo andare avanti, senza fermarci, seguire la strada e vedere dove ci porta. Tu non sei mai stato oltre Philadelphia, vero? Questo è un bellissimo Paese, Monty, ci sono tanti bei posti. Un mondo tutto diverso, montagne, colline, mucche, fattorie e chiese bianche. Una volta sono andato a Ovest con tua madre, prima che tu nascessi. Da Brooklyn al Pacifico in tre giorni. Avevamo solo i soldi per benzina, panini e caffè, ma ce la facemmo. Ogni uomo, donna e bambino dovrebbe vedere il deserto almeno una volta prima di morire! Non c'è niente per miglia e miglia tutto intorno, nient'altro che sabbia, rocce, cactus e cielo azzurro. Non c'è anima viva. Niente sirene, niente allarmi delle macchine, nessuno che ti suona, nessun matto che bestemmia o piscia per la strada, trovi solo il silenzio laggiù, trovi la pace. Puoi anche trovare Dio.

Proseguiamo verso ovest, andiamo avanti fino a quando non troviamo una bella cittadina. Quelle città nel deserto, lo sai perché sono nate? Perché la gente voleva andar via da qualche altro posto. Nel deserto si può ricominciare. Troviamo un bar e ci facciamo un bicchiere. Sono due anni che non bevo, ma berrò un bicchiere con te, un ultimo whisky col mio ragazzo. Lo beviamo piano, assaporiamo il malto, lo tratteniamo in bocca e poi me ne andrò. E non dovrai mai scrivermi, né venire a trovarmi. Io credo nel regno dei cieli e credo che rivedrò te e tua madre, ma non in questa vita.

Troverai un lavoro da qualche parte, pagato sottobanco, un padrone che non fa domande, ti farai una nuova vita e non tornerai mai indietro. Monty, tu piaci alla gente, è un dono che hai, trovi amicizie dovunque tu vada. Lavorerai sodo, non ti farai notare e terrai la bocca chiusa. Troverai una nuova casa laggiù.

Tu sei un newyorkese, questo non potrai cambiarlo mai, hai New York nelle vene. Passerai il resto della vita nel deserto ma resterai sempre un newyorkese. Ti mancheranno gli amici, ti mancherà il tuo cane, ma sei forte! Hai la stoffa di tua madre, sei forte come lo era lei. Troverai le persone giuste e avrai de nuovi documenti, una nuova patente. Dimenticherai la tua vecchia vita, non puoi tornare, non puoi telefonare, non puoi scrivere, non dovrai mai guardarti indietro, ti farai una nuova vita e la vivrai, vivrai la tua vita come avrebbe dovuto essere. E forse, anche se è pericoloso, forse, dopo un paio di anni manderai a chiamare Naturelle. Avrai dei bambini e li tirerai su come si deve, mi senti? Li farai vivere bene, darai loro quello di cui hanno bisogno. avrai un figlio maschio, magari lo chiamerai James. È un bel nome, un nome forte!

E forse un giorno, tra tanti anni, dopo che io sarò morto e sepolto accanto alla tua cara mamma, riunirai tutta la tua famiglia e dirai loro la verità, chi sei e da dove sei venuto. Gli racconterai tutta la storia e poi gli chiederai se si rendono conto di quanto siano fortunati ad essere li.

C'è mancato poco che non succedesse mai... C'è mancato poco che non succedesse mai..."

Grande Spike Lee, enorme Ed Norton!

Film indimenticabile!



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