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La casa del padre (2023)


La casa del padre

(The Marsh King's Daughter) USA 2023 thriller 1h49’


Regia: Neil Burger

Soggetto: Karen Dionne (romanzo)

Sceneggiatura: Elle Smith, Mark L. Smith

Fotografia: Alwin H. Küchler

Montaggio: Naomi Geraghty

Musiche: Adam Janota Bzowski

Scenografia: Tim Grimes

Costumi: Anne Dixon


Daisy Ridley: Helena

Brooklynn Prince: Helena adolescente

Ben Mendelsohn: Jacob

Gil Birmingham: Clark Bekkum

Caren Pistorius: Beth

Garrett Hedlund: Stephen

Joey Carson: Marigold

Yanna McIntosh: agente Lorna Illing


TRAMA: Helena ha un marito amorevole e una bellissima figlia, ma nasconde un segreto: quando era adolescente, sua madre è stata rapita e segregata in una baita tra le montagne del Canada. Vent’anni più tardi il padre, responsabile del rapimento, evade dal carcere.


Voto 6,5

La natura selvaggia, tra acquitrini e boschi, dell’Ontario nasconde tra gli alberi una casa di legno in cui vivono Jacob con la moglie Beth e la giovanissima figlia Helena. Sono lì da anni, lontani dalla vita della città, vivendo di caccia quando va bene e con una istruzione verso la ragazzina fatta insegnamenti primitivi: le orme degli animali per seguirli e ucciderli, addestramento all’uso del fucile, sfruttamento della natura a disposizione. Lui è rude e severo addestratore, la moglie è sempre imbronciata e afflitta da quello che può sembrare depressione, la sveglia figlia molto legata al padre e pronta ad imparare, senza capire minimamente i motivi del disagio della madre. Presto si intuisce la causa per cui Beth si senta prigioniera in quel luogo remoto lontano dalla civiltà: è stata portata via dall’uomo anni prima, che le tiene in pratica segregate come padre padrone della loro vita e delle loro decisioni. L’isolamento forzato lo avverte la donna ma non la figlia, sempre entusiasta di imparare come sopravvivere nella foresta come un animaletto. Solo le istruzioni di Jacob sono la sua dottrina e la fanno sentire appagata, ma quando avviene un episodio gravissimo e inquietante, dopo il quale la mamma approfitta per cercare di fuggire con Helena, questa comincia a realizzare in pieno lo stato di prigionia in cui hanno vissuto. Le strade si separano e Jacob viene arrestato: finalmente Helena, Little Shadow come la chiama sempre il padre, entra nel mondo reale e si fa una vita vera, con un lavoro, il marito Stephen e la piccola Marigold.

Il problema serio della sua nuova vita è che non ha mai confessato all’affettuoso marito la sua esistenza primitiva, il padre assassino, la madre di cui non ha più notizie. Quell’universo verde, colore che predomina anche la fotografia di Alwin H. Küchler, è un lontano ricordo che la fa soffrire tuttora ma di cui non fa mai cenno. Fin quando il padre evade e viene dato, durante la fuga, per morto in un incidente stradale: conoscendolo, Helena sa benissimo che lui è un uomo che sa cavarsela sempre e che sa inscenare qualsiasi strattagemma che inganni la polizia. Non crede assolutamente alla versione ufficiale e lo confida al buon poliziotto locale che l’aveva protetta da bambina, Clark Bekkum.

Se nella prima parte il film pareva voler illustrare la vita della terra selvaggia, ora vira repentinamente verso il thriller poliziesco, con Jacob che si è messo sulle tracce della figlia che rivuole a tutti i costi e Helena che deve proteggere se stessa, la sua famiglia e la vita faticosamente ricostruita. Siccome lui è capace di tutto, pur di arrivare al suo scopo, si aspetta che compaia da un momento all’altro, in qualsiasi modo, sicuramente per portarsela via. È una situazione incresciosa dovendo, ormai a questo punto con la polizia allertata ma scettica, rivelare il passato all’incredulo marito. La resa dei conti, dove solo uno potrà uscire indenne, tra la giovane donna e il burbero uomo, che sanno come comportarsi nei casi estremi e che conoscono perfettamente le doti rispettive nel sopravvivere in ogni circostanza, quella resa sta per arrivare.

Come in un western in cui il regolamento dei conti non è più rinviabile, padre e figlia si affrontano nel loro territorio connaturale, anche perché lei immagina che l’uomo si sia rifugiato nella vecchia baita. La terra intorno a quella casa è il microcosmo conosciuto dove hanno vissuto, la padroneggiano palmo a palmo, le insidie naturali, le vie di fuga, i nascondigli e, a prescindere dalla forza fisica, sono alla pari in questo redde rationem, combattuti tra il sentimento familiare e la voglia di avere il sopravvento. Helena non è più la “piccola ombra”, ora è una donna matura che, come una leonessa, deve difendere il suo branco, costi quel che costi. Resteranno altri corpi sul terreno.

Il titolo italiano fa riferimento al luogo di origine della storia, quindi al maschio alfa; quello americano esalta la figura femminile: The Marsh King’s Daughter, la figlia del re delle paludi, che poi è il nome che era stato attribuito a Jacob dagli abitanti della zona. Quello è il suo regno, il suo habitat naturale, dove nessuno può sopraffarlo. Forse, solo sua figlia può combatterlo quasi allo stesso livello. Neil Burger (autore di film di vari generi ma noto per Limitless, The Illusionist - L'illusionista, Divergent, Voyagers) dà un’impronta di ritmo sufficiente per tenere alta la tensione, che ammanta il film sin dopo pochi minuti, quando cioè ci si accorge che non tutto fila liscio in quella famiglia dove la madre è costantemente spaventata e non riesce a far aprire gli occhi alla figlia. E appena Jacob si manifesta per quello che veramente è anche a Helena, il film prende la svolta decisiva. Il thriller si avvia a svegliare l’attenzione. Il passato della ragazza, finora nascosto anche sulla pelle coprendo con il make-up i tatuaggi che il padre le faceva, riaffiora brutalmente per sé e i suoi cari, purtroppo anche per il buon Clark che si considerava un padre putativo, un sostituto pieno di affetto e comprensione. La foresta con tutte le sue caratteristiche e i torrenti è il largo campo di battaglia che prevede solo un superstite. La parola d'ordine di Jacob è sempre stata: “Devi sempre proteggere la tua famiglia”, ma, testardo e poco civile, sembra avere difficoltà a capire che per Helena la fedeltà è verso il marito e la sua, di figlia. Più che a quella che lui immagini debba essere. E non si vuole rassegnare.

Normalmente vince una parte, l’altra soccombe, ed è prevedibile chi, come sempre, ma il regista cerca di tenere la suspense viva fino al termine e i buoni attori fanno bene la loro parte. Daisy Ridley, spigolosa nel viso e nervosa al punto giusto, sorride raramente e mostra il lato tosto come sa fare e come ha dimostrato nei vari Star Wars: sta molto bene nella sua Helena; Gil Birmingham è un bravo attore e lo dimostra sempre: qui, con quel viso e portamento da vero e reale comanche, pare uscito da un western con indiani eroici; Caren Pistorius è una ottima Beth, mentre Garrett Hedlund è stretto nella poca influenza del suo Stephen. Chi primeggia in assoluto, oltre la protagonista, è il feroce Jacob di Ben Mendelsohn, inizialmente irriconoscibile sotto il trucco del parrucchiere di scena, ma implacabile negli atteggiamenti, durissimo nei dialoghi, a cavallo tra un personaggio occidentale e un vero pellerossa abituato a sopravvivere con il minimo essenziale. La sua lunga carriera è costellata di mille personaggi, prima relegato in seconda o terza fila, poi lentamente in risalita. Oggi, con un centinaio di partecipazioni alle spalle, si è guadagnato i galloni di protagonista di film e serie e ha molto migliorato la sua resa, proprio come in questo caso.

Film che magari non è precisissimo, che pecca di qualche lacuna di carattere etnico, di accomodamenti di sceneggiatura, che non sarà mai considerato l’apice della carriera di Neil Burger, ma che si fa vedere con piacere e interesse. Con buoni effetti visivi, la Natura emerge con tutta la sua potenza e dimostra che, se sai attenerti e adattarti, puoi sopravviverci, se sottovaluti l’avversario soccombi.


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