La cospirazione del Cairo
(Walad min al-Janna) Svezia/Francia/Finlandia/Danimarca 2022 thriller 2h6’
Regia: Tarik Saleh
Sceneggiatura: Tarik Saleh
Fotografia: Pierre Aïm
Montaggio: Theis Schmidt
Musiche: Krister Linder
Scenografia: Roger Rosenberg
Costumi: Denise Östholm
Tawfiq Barhum: Adam
Fares Fares: col. Ibrahim
Mohammad Bakri: gen. Al Sakran
Makram Khoury: Shaykh Negm
Mehdi Dehbi: Zizo
Moe Ayoub: Sobhy
Sherwan Haji: Soliman
Ahmed Lassaoui: Raed
Jalal Altawil: Shaykh Beblawi
Ramzi Choukair: Shaykh Al Durani
TRAMA: Al primo giorno di ripresa delle lezioni dopo la pausa estiva, il Grande Imam collassa e muore davanti ai suoi studenti in una prestigiosa università del Cairo. Sarà l’inizio di una feroce battaglia per conquistare il suo posto lasciato vacante.
Voto 7
Tarik Saleh, svedese di nascita ma egiziano per origine paterna, dopo il successo di un film girato tra Egitto, Marocco e Germania (Omicidio al Cairo) e dopo un intervallo statunitense (The Contractor), torna alle origini della sua terra, che evidentemente lo interessa di più, sempre, però, per una storia ancora una volta a forti tinte gialle e per di più contaminate pesantemente dalla influenza politico-religiosa. Anche questa volta lo accompagna l’interprete che lo rappresenta meglio, Fares Fares, anch’egli con una storia personale parallela, essendo libanese (fuggito dalla guerra locale) ma naturalizzato svedese e ivi residente con tanto di moglie del luogo. Ancora una volta assieme ed ancora una volta in un film palpitante dai risvolti incerti fino alla fine.
Siamo in Egitto, partendo da un piccolo villaggio di pescatori. Quando il Grande Imam dell’università al-Azhar del Cairo muore durante il discorso verso i nuovi studenti e quelli più anziani lascia vacante la più importante carica religiosa del mondo islamico sunnita. I servizi segreti egiziani non perdono tempo e si muovono immediatamente per cospirare e influenzare l’elezione del suo successore affinché risulti più malleabile ai loro interessi politici. Per farlo hanno bisogno di manovrare dall’interno dell’Università dove hanno uno studente che collabora con loro: lì i giochi di potere hanno luogo, ma questa loro talpa viene scoperta e uccisa dai Fratelli Musulmani. Entra in azione, quindi, il colonnello Ibrahim, che nel frattempo si era dato da fare per cercare un ulteriore collaboratore in caso di necessità, il quale recluta dunque un giovane che ha appena iniziato gli studi coranici, Adam, che deve infiltrarsi nella cerchia dei sostenitori dei candidati più papabili, anche se a rischio della vita.
Adam era appena giunto dal suo piccolo villaggio dedito alla pesca: è intelligente, ha vinto meritatamente la borsa di studio, è diligente, lavoratore, affezionatissimo al padre vedovo e ai fratelli e con rammarico, ma sperando in un futuro migliore, parte alla volta del Cairo, spinto anche dall’orgoglioso padre. Giunto in mezzo alle centinaia di studenti, tutti vestiti uguali, si sente spaesato e fa fatica a immergersi nella nuova vita. La prima conoscenza, casuale, è proprio con Soliman, vicino di branda, lo studente al servizio del colonnello, giovane che lo invita ad uscire una sera per godere della notte vitale della capitale. Quella notte terminerà purtroppo con l’assassinio dell’amico, evento che lo spaventa moltissimo e lo apre alla realtà in atto in quel luogo di studio e di fede, su cui aleggia senza interruzione l’occhio vigile degli alti ufficiali dell’esercito, che manovrano costantemente per tenere sotto controllo la politica e le alte personalità della religione islamica.
Adam è molto religioso, è un credente che vuole migliorare le sue conoscenze e approfondire lo studio del Corano ma quello che sta scoprendo va oltre ogni sua immaginazione: si deve fidare del colonnello che lo ha avvicinato con molta prudenza per non rovinare la sua copertura e comincia così a scoprire aspetti impensabili. È inesperto di questo mondo estraneo a lui, impaurito, ma ormai si trova immerso fino al collo in qualcosa molto più grande di lui, e spesso ha paura di essere diventato una pedina in mano a gente potente. Il colonnello della Sicurezza Interna Ibrahim gli dà l’idea di proteggerlo quando invece lo manovra, dando l’impressione che sia l’unico, nel panorama dei servizi segreti e dei militari, ad avere ancora un senso di umanità. Gli altri sono ancora più spietati e non si fermano davanti a nulla, fino a costringere uno dei papabili eredi - l’imam Negm, il cosiddetto “imam cieco” a causa della sua vista malata - a succedere nella carica importante lasciata vacante, a confessare di aver ucciso Soliman, pur di lasciare libera la corsia per il prescelto da loro. Il peccato di questo religioso islamico era di citare troppo spesso Carl Marx, come “La religione è il limite dell’uomo di fronte a quello che non può comprendere: condizione della conoscenza è la libertà.” E ciò non era molto gradito nelle alte sfere. Come viene fatto notare in una sequenza alquanto concitata, il Presidente (la cui fotografia padroneggia le stanze di comando) pretende sia eletto invece il moderato Omar Beblawi, perché “Nel paese non ci possono essere due faraoni” urla il generale Al Sakran (Mohammad Bakri), portavoce di Al-Sisi, preoccupato perché, grazie alla Primavera Araba, sono gli ulama a eleggere il Grande Imam e non il governo a nominarlo. Bastano solo queste poche scene per capire l’aria che tira nell’ambiente. E come accade ne Il nome della rosa, gira un libro vietatissimo, guida dei Fratelli Musulmani e dei fedeli dell’ISIS.
Tarik Saleh concentra l’obiettivo della camera da presa sul viso spaventato di Adam, su cui leggiamo lo stato d’animo sempre sotto pressione, per giunta ricattato dal colonnello che prima gli promette un veloce intervento chirurgico al padre ammalato, poi lo minaccia di ritorsioni in famiglia: il giovane è costretto a collaborare, sperando che tutto vada bene, ma la sua vita è oramai a repentaglio. Anche la carriera del colonnello è a rischio, osteggiato dal suo potente superiore che ha molta influenza ipocrita sul generale Al Sakran, che sovraintende le operazioni e il buon esito delle manovre degli interessi forti della nazione.
Tutto il film è sotto una cappa di terrore e tensione ed è la fotografia del controverso Egitto contemporaneo e il regista è ancora una volta abile applicando i generi classici a intrecci in cui si fondono politica e religione, il pragmatismo militare e il fanatismo religioso. È un thriller politico ma è anche un’opera intrisa della filosofia della parola del Profeta, la cui interpretazione guida il giovane protagonista in un labirinto di forze oscure che hanno come unico interesse quello di controllare uno dei maggiori centri di potere di tutto il mondo islamico. Come dire che tante volte il senso rigido della fede viene usato come una clava per affermare interessi e convenienza di parte. Basti pensare a ciò che afferma il colonnello Ibrahim: “È stata la sicurezza dello stato a uccidere lo studente straniero” (il giovane arrivava dall’estero) episodio che poi passerà ufficialmente per un “incidente”, perché, come norma, i servizi segreti addestrano e coprono informatori ovunque e se ne sbarazzano bellamente se necessario. Eppure, la nuova talpa Adam, che sarà stato impaurito inizialmente, procedendo nei suoi compiti, prende sempre più coraggio e intraprendenza e alla fine avrà il sussulto necessario per uscire dagli schemi preposti.
Il valente Tarik Saleh, aggiungendo questo “thriller da moschea” (come è stato definito) si è fatto dei nemici a furia di raccontare storie torbide del suo Egitto e non ci si deve meravigliare se oggi è odiato e bandito dal regime dopo il polemico Omicidio al Cairo e perché ha documentato con Erik Gandini in Gitmo i metodi militari di tortura. Il regista ha ovviamente girato altrove, precisamente in Turchia, questo film, il cui titolo arabo sta per “Il ragazzo dal cielo”.
Densa in ogni scena, la tensione è disegnata dalle espressioni sempre più turbate del bravo giovane attore Tawfiq Barhum che è l’emblema del film, quasi oscurando la presenza fisica ed esperta del sempre eccellente Fares Fares, che, scapigliato e più barbuto del solito, si stenta e riconoscere.
Proprio perché “contro”, il film è importante ed istruttivo e richiede attenzione per non perdere il filo contaminato degli avvenimenti.
Riconoscimenti
2022 - Festival di Cannes
Prix du scénario
Premio François-Chalais
In concorso per la Palma d'oro
2023 - Premi César
Candidatura per il miglior film straniero
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