La gazza ladra (2024)
- michemar
- 6 giorni fa
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La gazza ladra
(La pie voleuse) Francia 2024 dramma 1h41’
Regia: Robert Guédiguian
Sceneggiatura: Robert Guédiguian, Serge Valletti
Fotografia: Pierre Milon
Montaggio: Bernard Sasia
Musiche: Michel Petrossian
Scenografia: David Vinez
Costumi: Anne-Marie Giacalone
Ariane Ascaride: Maria
Jean-Pierre Darroussin: Robert Moreau
Gérard Meylan: Bruno
Grégoire Leprince-Ringuet: Laurent Moreau
Lola Naymark: Audrey
Marilou Aussilloux: Jennifer Jourdan
Robinson Stévenin: Kevin Jourdan
Thorvald Sondergaard: Nicolas Jourdan
TRAMA: Maria non è più giovane e fa da badante a persone anziane. Facendo fatica ad arrivare a fine mese, si rifiuta di accettare la sua situazione precaria e ogni tanto ruba qualche euro alle anime gentili di cui si prende cura con estrema devozione, che in cambio la adorano.
VOTO 6,5

Presentato alla Festa del Cinema di Roma 2024, il film di Robert Guédiguian, marito, come noto, della protagonista Ariane Ascaride, è ambientato sotto il sole di Marsiglia, città di mare, dove vive la non più giovane Maria che si dedica ad aiutare e ad accudire le persone anziane da badante, girando alcune case da mane a sera, con estrema dedizione e affetto, tanto da essere considerata ormai di famiglia da parte di tutti. Nessuno di loro rinuncerebbe per nulla al mondo dei suoi servigi, ne sono totalmente affezionati e hanno completa fiducia fino al punto di lasciarla maneggiare in autonomia il proprio denaro per la spesa e per le varie esigenze. Addirittura, il più bisognoso, Robert (Jean-Pierre Darroussin - per l’ennesima volta sul set con l’attrice, sembrano una coppia fissa -, seduto sulla sedia a rotelle, le lascia a disposizione anche assegni bancari già firmati per disporne come crede opportuno, magari per preparargli cene a base di filetti di branzino. Siamo sul mare e il pesce è all’ordine del giorno, con la merce fresca di giornata a disposizione.

Ha conosciuto tempi migliori nella sua casa assieme al marito Bruno (Gérard Meylan), uomo che, con la disoccupazione e il vizio del gioco, ha mandato in rovina le finanze familiari, obbligando, appunto, la donna a darsi da fare. Lei soffre per questa situazione precaria e non vuole rinunciare del tutto ai piccoli lussi che si concedeva una volta, tant’è che in pescheria, abusando degli assegni di Robert, si concede cene a base di ostriche. A Maria piacerebbe che la vita vada vissuta nel presente, seguendo i propri desideri e passioni (e chi non lo desidera?), come quella per la musica. Più esattamente quella del nipotino, figlio della sua Jennifer (Marilou Aussilloux) e di Kevin Jourdan (Robinson Stévenin), ragazzino promettente pianista che per partecipare al concorso imminente avrebbe bisogno di lezioni di un buon maestro, purtroppo costose. Ma per soddisfare bisogni e desideri, mentre il marito perde continuamente soldi al bar, c’è bisogno di rimpinguare i compensi da caregiver e lei ha trovato un metodo illecito che, una volta abituatasi, trova ormai una consuetudine poco dannosa per i suoi accuditi.

Per mantenere vive le sue esigenze, Maria, come il volatile della celebre sinfonia rossiniana, compie quindi una serie di piccoli furti a discapito dei suoi anziani clienti, convinta di non fare nulla di male, per togliersi qualche capriccio che altrimenti le sarebbe precluso ma soprattutto vedere felice il piccolo Nicolas con il suo pianoforte, noleggiato e pagato con gli assegni sempre a spese dell’inconsapevole Robert. Lei tira avanti in questa maniera sperando che nessuno se ne accorga, anche se la figlia le chiede continuamente dove trova i soldi per mantenere le scadenze. Come da consuetudine letteraria, come un qualsiasi thriller, basterà un imprevisto e il castello di carte crollerà. Il regista inizia il film con una sequenza che per noi spettatori pare fuori dal contesto e che invece sarà l’evento che causerà quel crollo.

Quella scena ci mostra quando, nottetempo, un paio di ladri, nerovestiti come previsto dai canoni degli scassinatori, si introducono in un negozio di strumenti musicali e lì, per disattenzione, rompono una conduttura di acquedotto causando un allagamento che danneggia la cassa che contiene gli assegni ricevuti per il pagamento dei noleggi e delle vendite. Compreso quelli che Maria porta per il pianoforte del nipotino. Firmati da Robert. O da lei stessa avendo imparato a falsificarne la firma. Che quel vecchio signore sia al corrente o meno delle malefatte della sua badante non conta molto perché, se viene ingannato non se n’è mai accorto, se ne è cosciente fa finta di nulla per l’affetto che prova per la donna e finge di ignorare. Ma suo figlio Laurent (Grégoire Leprince-Ringuet), immobiliarista interessato all’abitazione del padre e unicamente a questo, anche perché risentito da quando il padre aveva molti anni prima abbandonato la moglie, scopre gli altarini. E così i piccoli furti vengono a galla (come gli assegni che galleggiano dopo l’allagamento del negozio) e innescano una serie di inevitabili conseguenze che metteranno a dura prova gli equilibri delle famiglie interessate: quella di Maria, di sua figlia, di Laurent che vede stravolta la vita per la passione impensabile che nasce ed esplode nel frattempo. Oltre a quella di coloro che non sanno fare a meno di quella donna così disponibile per ogni problema e ad ogni orario della giornata e della sera.

Maria aveva dedicando la sua esistenza a quelle persone che adesso non vogliono sentire ragioni di privarsene, specialmente ora che lei rischia la denuncia arrivata al commissariato e con le derisioni che subisce perfino il marito sulla moglie ladra. Serve il colpo di scena benefico, la svolta benefattrice, un gesto di solidarietà, di generosità. Ed invece sono l’amore ed il sesso che cambiano le prospettive.

Viene il dubbio che con questo film Robert Guédiguian voglia giustificare i piccoli furti per comprendere compassionevolmente le pretese della protagonista. Saranno pure piccoli, ma ripetuti nel tempo e sistematici cessano di essere minimi se sommati. Inoltre, non è civile e lecito il comportamento: Maria è una ladra, per necessità ma non di primaria sussistenza. Per comodità, insomma. Come afferma il regista: “Mangiando le ostriche ascoltando un concerto di Rubinstein, Maria si abbandona al piacere, alla sensualità e al gusto per la vita. Maria non ruba solo perché il nipote possa suonare il pianoforte. Penso che tutti, per quanto deprivati dalla vita, abbiano diritto al piacere. Non dovremmo pretendere solo il minimo indispensabile. La vita non può essere ridotta al necessario, occorre anche godere della leggerezza, della bellezza.” Dichiarazione su cui si può legittimamente non essere d’accordo.

Come c’è da aspettarsi, Ariane Ascaride è deliziosa, è bravissima a dosare gli ingredienti necessari per disegnare il carattere e le debolezze del suo personaggio, per comunicare con le minime espressioni del viso simpatico ciò che le passa per la mente. Pur con le sue leggerezze (nulla al confronto dei vizi del marito), stabilisce per merito suo una certa empatia con lo spettatore, costringendolo a parteggiare per lei. Il film, seppure con diverse figure che hanno la loro importanza ai fini dello sviluppo della storia, specialmente quando la situazione sta precipitando, è principalmente suo. Il suo compagno di tanti film, Jean-Pierre Darroussin, è il solito bravissimo nell’assumere le vesti del personaggio che la soccorre nel momento del bisogno, in quanto riconoscente di come abbia sempre avuto cura di lui. Una coppia collaudata che il regista, sono certo, guida col pilota automatico tanto sono sincronizzati e in perfetta armonia. Un trio più che collaudato ed affidabile.

L’unico particolare che mi ha lasciato perplesso è il rapporto, piuttosto carnale, che nasce tra chi vuol fare giustizia e chi farebbe qualsiasi cosa per difendere e salvare l’accusata: il figlio di Robert e la figlia di Maria. Un amore che nasce istantaneamente e cresce come se fossimo in una commedia di tutt’altro tono, quando invece l’argomento è alquanto serio. Per il resto il film è più che sufficiente, tenendo presente, come dice Robert, sono tempo duri, difficili, ove la gente cerca comunque di cavarsela. Forse è questa la vera ed unica giustificazione.
L’attrice ha girato ad oggi 57 film, di cui 20 con il marito, il quale ha firmato 24 pellicole in totale. Una coppia dentro e fuori dal set. Anche Gérard Meylan è un habitué del regista con 18 presenze.
Una cosa è certa: Guédiguian, Ascaride e Darroussin hanno sempre qualcosa da dire ed è un piacere vederli all’opera.
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