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La giusta distanza (2007)

Aggiornamento: 12 ott

La giusta distanza

Italia 2007 dramma 1h46’


Regia: Carlo Mazzacurati

Sceneggiatura: Doriana Leondeff, Carlo Mazzacurati, Marco Pettenello, Claudio Piersanti

Fotografia: Luca Bigazzi

Montaggio: Paolo Cottignola

Musiche: Tin Hat Trio

Scenografia: Giancarlo Basili

Costumi: Francesca Sartori


Valentina Lodovini: Mara

Giovanni Capovilla: Giovanni

Ahmed Hafiene: Hassan

Giuseppe Battiston: Amos

Fabrizio Bentivoglio: Bencivegna

Marina Rocco: Eva

Natalino Balasso: Franco

Dario Cantarelli: Tiresia

Ivano Marescotti: avvocato

Stefano Scandaletti: Guido


TRAMA: Una maestra bella ed emancipata si trasferisce in un paesino del delta del Po, suscitando l'attenzione degli abitanti: quella appiccicosa del tabaccaio arricchito come quella discreta di un meccanico tunisino, con cui stringe amicizia. Ma quando è prossima a ripartire, la giovane viene trovata uccisa e la criminalizzazione del diverso è inevitabile: a un ragazzo, giornalista in erba, spetterà il compito di ristabilire la verità.


Voto 8


È vero: nella vita, per poter giudicare gli avvenimenti o per poterli raccontare con obiettività, è necessario porsi qualche passo più indietro, senza farsi condizionare dall’impeto o dalla passione di parte. Ecco, ad una giusta distanza, altrimenti non si riesce neanche a mettere a fuoco la visuale mentale. Questo è l’insegnamento di base che viene raccomandato al giovane principiante di un giornale locale, in una frazione di un comune veneto, perso nella piatta campagna del nordest, così tanto caro al compianto Carlo Mazzacurati, la cui opera è stata altalenante negli anni ma con alti e indimenticabili picchi di cinema poetico.

“Se tu questo mestiere lo vuoi fare sul serio, c’è una cosa da imparare subito: è la regola della giusta distanza. La misura che tu devi sempre tenere da te che scrivi e le persone coinvolte nei fatti. Non da troppo lontano, se no non s’è più pathos, ma neanche troppo vicino, porca bestia! Perché se il giornalista si perde nell’emozione è fritto!” Questa è la prima vera lezione che il giovane Giovanni, lo studente che ci fa da filo conduttore e da narratore nella vicenda, riceve da Bencivegna, il direttore del giornale locale su cui spera di scrivere come corrispondente dal suo paesino affacciato sulla sponda del Po. Lezione che si porterà dietro come una dote e se ne ricorderà quando, dopo il finale irreparabile a cui assisteremo, si metterà sulla pista degli indizi rimasti trascurarti dalle precarie indagini di una magistratura inetta e da un avvocato superficiale. La sua ostinazione costringerà a far riaprire il caso giudiziario, come un vero giornalista, scegliendo di guardare dalla giusta distanza le vicende, memore anche dei propri giudizi affrettati (e soprattutto troppo emotivamente partecipati) subito dopo il delitto. Perché lo spazio che intercorre tra l’oggetto e lo sguardo può diventare eccessivo e contaminato dai sentimenti, quello cioè che allontana gli occhi della mente dallo scenario fino a vederlo malissimo, nella maniera sbagliata. In questi casi si distinguono solo i colori delle figure, quelli della pelle, della razza, della provenienza. Si distorcono i ricordi, le sensazioni, le parole udite.


È un film che ormai ha qualche anno ma sembra scritto oggi, forse anche domani. A Cocadalbero, arriva Mara, la maestra supplente, una bella trentenne emancipata, sempre sorridente e disponibile, che si illumina alla vita, con un approccio felice con ciò che la circonda e con gli altri, nessuno escluso. Possiamo immaginare cosa stimoli nella stanca e monotona frazione di provincia: simpatie, desideri espliciti e repressi, gelosie e un po' di scandalo. Provincialismo mentale più profondo. La profonda provincia che ci descrive Mazzacurati è simile a quella secca e polverosa del Middle West americano: poche case, gente che si annoia nella monotonia, serate al bar, personaggi da antologia e da studiare come esempi di antropologia. Il regista, sempre abilissimo ad illustrare e a mescolare provincia e giallo, ci immerge in questo panorama aumentando questa mia similitudine con una musica country degna appunto dell’America calda. Mississippi? No, delta del Po! Non succede mai nulla e l’arrivo di Mara sconvolge in trantran. Esplicativa la simpatica scena tra il tecnico dei telefoni Franco (Natalino Balasso era una potenza comica già da allora) e il protagonista Giovanni, a bordo del furgoncino da lavoro:

- Certo, una volta qui era tutta campagna

- Ma qui è tutta campagna

- Ah, te ne sei accorto pure tu?

Nulla, non succedei mai proprio nulla. Non muta neanche il paesaggio, nebbioso e umido come sempre.


Il sentimento che nasce tra lei e Hassan, meccanico immigrato dalla Tunisia e titolare di un’officina, uomo rispettato e stimato in paese, però non è ben visto. Quando la povera Mara viene trovata uccisa, secondo voi di chi potranno (vorranno?) sospettare immediatamente? Allora come oggi, in Italia e in quasi tutto l’Occidente. Oggi, ma ho paura anche per domani. Basterebbe l’episodio raccontato dal cognato di Hassan, che fa il pizzaiolo (!) nel paese: “Dammi una birra. È tardi? qui si fa come dicono gli italiani, marocchino di merda!” Il nostro punto di osservazione è quello del giovane che vuol diventare giornalista ed è anche quello di Mazzacurati, ed entrambi non si vogliono accontentare della versione comoda che è stata trovata dal giornale locale e dall’opinione pubblica di quel piccolo mondo.

Il regista quando ritrovava la palude, l’acqua, la piatta terra del Polesine, ritrovava la sua vena migliore, narrando di gente comune con i difetti e i pregi, senza mai cadere nel qualunquismo, né impaludandosi in storie senza anima. Notte italiana, Il toro, Vesna va veloce, poi tanti titoli più da commedia: film che hanno raccontato una terra bellissima, stavolta macchiata da una vicenda amara. E dire che tutto filava liscio e in armonia! Come trascurare la serata offerta dallo sbruffone Amos in cui rumeni, tunisini e indigeni ballano e bevono in amicizia? Una festa ecumenica, verrebbe da osservare, mescolando disco-music e danze magrebine.


Carlo Mazzacurati dirige con sapienza assoluta, conoscendo bene il paesaggio e l’ambiente e gli attori gli danno una mano consistente. La presenza disarmante che porta la Valentina Lodovini non ancora affermata è una ventata di fresco e di bellezza, un sorriso che illumina il bel viso e spiazza la comunità assonnata, attratta dal chiacchiericcio e dalla pesca nel delta. Ahmed Hafiene si rivela un attore misurato e perfetto per il personaggio, mentre la sorpresa viene da Giuseppe Battiston: finalmente un ruolo da cattivello anche se innocuo. Infine, da menzionare una citazione cinefila da parte del regista nell’occasione in cui Hassan spia dal boschetto che circonda la villetta in cui abita Mara, che aldilà della finestra, in abbigliamento intimo, si spalma la crema sulle belle gambe esposte: non è Jake (Craig Wasson) che spia e fotografa Gloria (Deborah Shelton) in Omicidio a luci rosse di Brian De Palma?

Un’ultima osservazione, che mi viene in mente tutte le volte che lo vedo recitare: Fabrizio Bentivoglio non è stato uno spreco per il cinema italiano? possibile che con tutto il suo talento (che io trovo straordinario) abbia avuto solo questa carriera? che non gli siano stati offerti ruoli importanti in film importanti da registi importanti? Uno spreco!




Riconoscimenti

David di Donatello 2008

Candidatura miglior film

Candidatura miglior regista

Candidatura migliore sceneggiatura

Candidatura migliore attrice protagonista a Valentina Lodovini

Candidatura migliore attore non protagonista a Ahmed Hefiane

Candidatura miglior fotografia

Candidatura miglior montaggio

Candidatura miglior sonoro

Candidatura David Giovani

Nastro d’Argento 2008

Miglior soggetto

Miglior produttore

Premio Guglielmo Biraghi a Valentina Lodovini

Candidatura migliore attore non protagonista a Giuseppe Battiston

Festival Internazionale del Film di Roma 2007

Premio L’Oreal Paris a Valentina Lodovini

Premio L.A.R.A. a Giuseppe Battiston

Candidatura Marc’Aurelio d’Oro



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