La pazza gioia
Italia/Francia 2016 commedia 1h58’
Regia: Paolo Virzì
Sceneggiatura: Francesca Archibugi, Paolo Virzì
Fotografia: Vladan Radovic
Montaggio: Cecilia Zanuso
Musiche: Carlo Virzì
Scenografia: Tonino Zera
Costumi: Catia Dottori
Valeria Bruni Tedeschi: Beatrice Morandini Valdirana
Micaela Ramazzotti: Donatella Morelli
Valentina Carnelutti: Fiamma Zappa
Marco Messeri: Floriano Morelli
Anna Galiena: Luciana Brogi Morelli
Tommaso Ragno: Giorgio Lorenzini
Bob Messini: avv. Pierluigi Aitiani
Sergio Albelli: Torrigiani
Bobo Rondelli: Renato
TRAMA: Beatrice è una sedicente contessa, chiacchierona e miliardaria, che ama credere di essere in intimità con i leader di tutto il mondo. Donatella è una giovane donna tatuata e tranquilla, chiusa nel proprio alone di mistero. Entrambe sono ricoverate in un istituto mentale e soggette a misure di custodia cautelare. Insieme danno vita a un'imprevedibile amicizia che le porta a fuggire dalle costrizioni del trattamento per un'avventura alla ricerca di divertimento e di amore in quel manicomio a cielo aperto che è il mondo delle persone sane.
Voto 7,5
In un giorno di sole, nella Villa Biondi, un centro di recupero per donne psicopatiche nella campagna pistoiese, si incontrano l’Insensatezza e il Dolore. Sono due donne, più sfortunate che malate, che in maniera diversa reagiscono agli infortuni e agli accidenti capitati, e più o meno cercati, nella loro vita. Beatrice Morandini Valdirana – cognomi che ispirano nobili natali – è una donna vulcanica che non sta mai zitta e con due condanne giudiziarie di bancarotta. Fallimenti non suoi però, ma dell’uomo sbagliato con cui si era messa dopo aver lasciato la famiglia, quella famiglia ipocrita e anaffettiva di cui ricorda con nostalgia solo l’agiatezza, le gite in barca con Berlusconi, i Martini bevuti senza pensieri. Poi purtroppo quei giudici “toghe rosse, giustizia ad orologeria” l’hanno rovinata per sempre: il suo disagio mentale è quindi il suo rifugio, il suo schermo protettivo e si manifesta con eccentricità e chiacchiere, tante tante parole per tutti, osservazioni continue che le ospiti della villa sopportano per abitudine. Donatella Morelli invece è una giovane mamma single che vive un dolore così forte che l’ha indotta, come lei stessa afferma, ad una “depressione maggiore anoressizzante”: il bimbo avuto da un uomo sposato che non la cerca più le è stato tolto dal giudice tutelare dopo un tentativo di suicidio-omicidio, con il piccolo tra le sue braccia tra le onde del mare. La tristezza che la accompagna sin dall’adolescenza si trasforma in un dolore lancinante che la trascina in un baratro senza fondo che lei vorrebbe risalire ma al pensiero di continuare a vivere senza suo figlio le impedisce la risalita e la ricaccia sempre giù.
L’Insensatezza e il Dolore, due donne che unite paiono complementari tanto si integrano. Una sempre effervescente, l’altra silenziosa e depressa, una accelera il ritmo dell’esistenza, l’altra rallenta e frena l’eccessivo impeto vitale e dopo un inizio di amicizia difficile, l’alleanza si rivela un toccasana. E l’avventura ha infatti inizio. L’una incoraggia l’altra, in un road movie spericolato, sfrontato e così divertente che pare di essere nella solita commedia comica. Invece il sorriso è a denti stretti e le considerazioni sono sempre amare (“Zitta! Noi stiamo cerando la felicità!” “Ma dove si trova?”) anche perché Beatrice e Donatella sono ben coscienti del loro stato di salute mentale e hanno tutta la voglia di venirne fuori, soprattutto la seconda, che in un memorabile e commovente monologo finale racconta i suoi sfortunati trascorsi. “Tristi si nasce!” ammette sconsolata. Vogliono guarire con tutte le loro forze, vogliono tornare alla vita, anche se alla fine tornano alla pur sempre accogliente Villa Biondi, perché se negli istituti psichiatrici ci sono persone bisognose “fuori l'umanità è crudele”, come dice sempre la povera Donatella.
Ennesimo exploit di Paolo Virzì, che firma ancora una volta una commedia che nel finale sa commuovere. Il regista ci trasporta per un buon pezzo di Toscana assieme alle due, facendoci partecipare alle loro scorribande e alle loro ribellioni, rendendoci parte delle loro gioie momentanee e facendoci sentire in colpa quando la gente che incontrano le insultano. Ci porta perfino a fare il tifo per loro come fosse una gara, una corsa verso la liberazione dello spirito, una folle corsa verso l’affermazione di libertà. Come due Icaro verso il sole. Necessario ricordare gli omaggi ad un paio di film cult che Paolo Virzì ha amato inserire nella bellissima trama, entrambe di fughe motorizzate. In primis quella in autobus che ricorda la spassosa e ribelle fuga dei reclusi nel carcere di Milos Forman e Jack Nicholson… e poi il lampante e non celato ossequio a Thelma & Louise nella decappottabile rossa con tanto di foulard svolazzante a salutare la libertà improvvisa e provvisoria, con il sorriso dell’ebbrezza e della momentanea indipendenza.
La sceneggiatura scritta a quattro mani da Virzì e dalla fidata amica Francesca Archibugi è indubbiamente un piccolo capolavoro, ora brillante ora commovente, che nel finale trasporta dopo le tante peripezie le due donne nel loro nido più sicuro, quella villa dove le attendono con ansia, comprensione e tanto affetto. Sentimenti di cui hanno tanto bisogno. Fuori la gente non le sa e non le vuole capire e accettare e a loro non resta altro che l’amicizia forte che le unisce.
La Valeria Bruni Tedeschi/Beatrice vulcanica e irrequieta fa da contrappeso alla Micaela Ramazzotti/Donatella triste e sfortunata, una coppia appunto complementare che cerca un posto nella vita, che tranquilla non è. Bravissime le due attrici, ma lo stupore è tutto per la Bruni in un ruolo così brillante che rivela un suo lato davvero sorprendente. Di certo Virzì non ha scritto il film con intenti sociologici o di approfondimento professionale in materia psichiatrica, ma forse lui non sa – o forse lo ha capito dopo – che chi guarda con attenzione questo film vedrà in futuro con occhio molto diverso e più consapevole le storie delle cosiddette persone “strane” che compiono atti che non giustifichiamo, che normalmente non capiamo. Dietro di loro c’è sempre una storia, forse un’ingiustizia subita, che ha stravolto la loro vita. Solo che noi non lo sappiamo. E li chiamiamo pazzi.
Riconoscimenti
2017 - David di Donatello
Miglior film
Miglior regista
Migliore attrice protagonista a Valeria Bruni Tedeschi
Migliore scenografo
Migliore acconciatore
Candidatura migliore sceneggiatura originale
Candidatura migliore produttore
Candidatura migliore attrice protagonista a Micaela Ramazzotti
Candidatura migliore attrice non protagonista a Valentina Carnelutti
Candidatura migliore autore della fotografia
Candidatura migliore musicista
Candidatura migliore canzone originale
Candidatura migliore costumista
Candidatura migliore truccatore
Candidatura migliore montatore
Candidatura miglior suono
2016 - Nastro d'argento
Regista del miglior film
Migliore sceneggiatura
Migliore attrice protagonista a Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti
Migliori costumi
Migliore colonna sonora
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