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La persona peggiore del mondo (2021)

Aggiornamento: 8 ago

La persona peggiore del mondo

(Verdens verste menneske) Norvegia/Francia/Svezia/Danimarca 2021 dramma 2h8’


Regia: Joachim Trier

Sceneggiatura: Eskil Vogt, Joachim Trier

Fotografia: Kasper Tuxen

Montaggio: Olivier Bugge Coutté

Musiche: Ola Fløttum

Scenografia: Roger Rosenberg

Costumi: Ellen Dæhli Ystehede


Renate Reinsve: Julie

Anders Danielsen Lie: Aksel

Mia McGovern Zaini: Eva

Herbert Nordrum: Eivind

Hans Olav Brenner: Ole Magnus

Helene Bjørneby: Karianne

Vidar Sandem: Per Harald

Maria Grazia Di Meo: Sunniva


TRAMA: La trentenne Julie vive con il quarantenne Aksel, un fumettista di culto. Aksel è un uomo amorevole e attento e la vita della coppia nella scena artistica di Oslo è fatta di cocktail ed eventi a cui prendere parte. Julie, però, non si sente realizzata. Incapace di sopportare il peso delle aspettative della sua famiglia o il desiderio di Aksel di avere un figlio, continua a inseguire sogni personali che cambiano in continuazione. Una sera, mentre cerca disperatamente di riscoprire alcune sensazioni perdute della sua giovinezza, Julie si intrufola a una festa di nozze, dove fa la conoscenza di Eivind, un suo coetaneo.


Voto 7



In verità, Julie non è la persona peggiore che si possa incontrare o di cui si possa parlare, è semplicemente una ragazza insopportabile pur se forse simpatica. E allora se ciò vuol dire la peggiore di tutti accettiamo il termine, purché non si pensi che sia così cattiva da meritarsi l’appellativo. A dirla tutta, lei si aggiudica con merito ogni aggettivo di disprezzo perché in fondo è una persona egoista: pensa soprattutto e soltanto a sé. È instancabile nel cercare senza pausa i cambiamenti che le fanno comodo, sotto tutti i punti di vista. Frequenta il corso universitario di medicina ma, osservando la riproduzione di un teschio, si accorge che (dice che è stata una illuminazione) la sua ispirazione è la mente, l’anima, non il corpo e quindi forse è meglio che si dedichi alla psicologia e quando glielo riferisce alla madre (che può dire una madre?) questa le risponde che se si sente portata e crede che sia la giusta via della sua vita che cambi pure. “Se pensi che la psicologia ti renda felice, devi farlo.” Il guaio è che dopo un po’ avverte di sentirsi insoddisfatta, che forse è meglio che si dedichi alla fotografia. E la madre, sorridendo, le ripete la medesima frase. Nelle relazioni amorose lo schema nevrotico si ripete. Non ha ancora capito quale strada scegliere per il futuro, dato che per adesso si sente una donna non-realizzata apparentemente felice che nel profondo è sempre insoddisfatta, ma nel frattempo ha conosciuto, nei tanti party che frequenta, Aksel, un graphic novelist di una certa fama, controcorrente e anche un tantino provocatore, più grande di lei di almeno una quindicina d’anni. È talmente entusiasta che si trasferisce in casa dell’uomo: il legame pare solido, coltivato da tanti dialoghi esistenziali che li vede sempre d’accordo. Pare un rapporto armonico, stabile. Fino a quando inciampa nell’ipotesi di avere un figlio. Julie con un figlio? No, non è pronta! Non ci ha mai pensato e poi, perché mai! Forse è solo un pretesto o un accidente del percorso d’amore ma qualcosa s’inceppa e in un’altra festa il contatto con Eivind, uno spilungone immaturo, cattura la sua attenzione. Julie è di nuovo in fase cambiamento, come uno di quegli animali che devono naturalmente cambiare la muta. È ancora una nuova avventura, un nuovo amore che le sembra irresistibile.



In questo frangente frequenta i parenti e gli amici di Aksel, coppie che scoppiano che le dimostrano quanto sia pericoloso stare forzatamente assieme e metter su famiglia. Lei sarà pure incostante ma gli altri la spaventano, come se le limitassero lo spirito libero. In verità non sa rinunciare a se stessa e ogni legame significa richiudere le ali della libertà. È felice del successo di Aksel e soffre quando viene fraintesa l’indipendenza anarchica che governa la sua creatività di autore satirico. Quando poi viene a sapere della malattia che lo ha colpito le crolla il mondo intorno. È giunto il momento di maturare, di affrontare la vita per quella che è, con le responsabilità che ognuno di noi si trova davanti e deve saper superare. Con le proprie forze. Alla fine non sarà né con uno né con l’altro degli uomini e solo all’attività professionale di fotografa dedicherà la sua attenzione.



Sicuramente Julie non è la peggiore persona del mondo ma ci va vicino, è solo insopportabile nella sua mai maturata gioventù, nel voler continuamente rinunciare a quello che ha solo per il gusto del cambiamento, scappando ogni volta che la vita le dà qualche responsabilità. Se si osserva il poster del film si nota facilmente che lei corre sorridendo. Sorride perché scappa, scappa da tutte le situazioni in cui si trova, dai corsi universitari cambiati uno dopo l’altro, dalle feste in cui non si diverte, dalle relazioni che la fanno sentire ingabbiata. Insomma, scappa da un luogo, da un uomo o da un rapporto, per entrare immediatamente in un altro: un’altra festa, un’altra storia e tanti calici di vino. Lo fa con l’espressione di chi non viene compresa, come se la colpa sia sempre degli altri. La corsa nelle strade di Oslo del prefinale preannuncia sì ancora una fuga ma anche il momento di solitudine che la condurrà alla consapevolezza e, chissà, a compiere finalmente un passo di crescita. Più che una corsa è una fuga liberatoria. Non è un romanzo di formazione, è piuttosto un percorso accidentato che la condurrà fuori dallo schema libero, per diventare – non è un controsenso – più libera nello schema conformista. Adesso è davvero una fotografa professionista, ma è sola. Nel frattempo, il suo viso non è più il solito con l’espressione incosciente che sorride: dopo le viarie fasi di spavento, serietà e commozione è una donna vera. Il miracolo è merito di Aksel, l’unico che le forniva le parti mancanti, che le tappava le falle, che continuava a sorreggerla, a convincerla persino che poteva diventare una buona mamma.



Se la prima parte fa pensare che si stia perdendo tempo con un film insopportabile uguale a Julie, la seconda prende il volo e realizza le aspettative, proprio come succede con la protagonista stessa. Il film a quel punto assume i connotati di un cinema realistico, serio, con i patemi mentali che agitano ogni essere umano, i sentimenti veri, quelli che contano, la chiusura all’inutile padre, la malattia, la morte. I discorsi e i dialoghi diventano seriosi, filosofici, di vita terrena. Tenendo presente che ciò che perdi non lo recuperi più.



Il tragitto di Julie è lo stesso di Renate Reinsve, un’attrice che inizialmente suscita giudizi simili alla prima parte del film, poi, quando l’opera diventa una espressione impegnativa, la norvegese indossa i panni della grande interprete, sfoggiando il meglio della sua bravura, recitando la Julie del copione alla perfezione. Il cinema di Joachim Trier è fatto di materia morale, di tensioni nascoste che prima o poi si frantumano in una miriade di spinose conseguenze, di rapporti umani mai facili, di incomprensioni, dai mutamenti lenti. Poi, puntualmente, i protagonisti dei suoi racconti (vedi Segreti di famiglia) si avvicinano e si guardano meglio negli occhi per capirsi.



Dopo l’eccezione di Thelma, che è un film di genere, il regista ha sentito il bisogno di tornare alle origini e di parlare di quelle idee, quei personaggi, quelle situazioni e quel tipo di cinema con cui aveva iniziato. “Quindi, tutto è cominciato come una terapia: di cosa voglio parlare nella mia vita in questo momento? Ho quarant'anni, ho visto amici passare attraverso diversi tipi di relazioni e ho sentito di voler raccontare dell'amore e della negoziazione tra la fantasia di come pensiamo che sarà la nostra vita e la realtà di ciò che diventiamo. Il personaggio di Julie ha cominciato così a prendere forma: una donna spontanea, che cerca e crede di poter cambiare identità per poi dover improvvisamente confrontarsi con i limiti del tempo e di se stessa. Non c'è un numero infinito di possibilità nella vita ma simpatizzo con il suo desiderio.



No, Julie non è la peggiore, il titolo è ovviamente ironico. Di fronte all'intimità e alle relazioni, sente di aver fallito per tutta la durata del film, si sente come la persona peggiore del mondo e, a quanto pare, anche alcuni degli altri personaggi provano la stessa sensazione di fallimento personale. Le relazioni d'amore oggi sono molto complesse forse proprio a causa della troppa libertà: forse, la libertà è complicata? Parole del regista.

In realtà, Julie è giovane, affamata di vita e innamorata dell’amore. Svolazza da un partner all’altro ma si lascia alle spalle le macerie. Con lei, Trier fotografa un’intera generazione narcisista, vanesia e sentimentalmente diseducata.


Il voto è una via di mezzo tra il giudizio sulla prima metà del film e la eccellente performance della bravissima Renate Reinsve, davvero notevole. Molto bravo anche Anders Danielsen Lie, fatto risaltare da Paul Greengrass nel notevole 22 luglio.



Riconoscimenti

Premio Oscar 2022

Candidatura per il miglior film straniero per la Norvegia

Candidatura per la miglior sceneggiatura originale

Premio BAFTA 2022

Candidatura per il miglior film non in lingua inglese

Candidatura per la migliore attrice protagonista a Renate Reinsve

Festival di Cannes 2021

Prix d'interprétation féminine a Renate Reinsve



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