top of page

Titolo grande

Avenir Light una delle font preferite dai designer. Facile da leggere, viene utilizzata per titoli e paragrafi.

Cerca
Immagine del redattoremichemar

La pianista (2001)

Aggiornamento: 4 ott


La pianista

(La pianiste) Francia/Austria/Germania 2001 dramma 2h11'

Regia: Michael Haneke

Soggetto: Elfriede Jelinek (romanzo)

Sceneggiatura: Michael Haneke

Fotografia: Christian Berger

Montaggio: Nadine Muse, Monika Willi

Scenografia: Christoph Kanter

Costumi: Annette Beaufays

Isabelle Huppert: Erika Kohut

Annie Girardot: madre di Erika

Benoît Magimel: Walter Klemmer

Susanne Lothar: sig.ra Schober

TRAMA: Un'insegnante di pianoforte al Conservatorio di Vienna, Eirka Kohut, sopravvive al rapporto di odio-amore con l'anziana madre grazie alla doppia vita che conduce. Di giorno è una donna fredda e irreprensibile, di notte frequenta cinema porno e peep-show. Quando Walter, un suo allievo ventenne, si innamora di lei Erika pensa di poter dare finalmente sfogo alla sua passione repressa, ma la nevrosi non perdona.

Voto 8,5


Michael Haneke arrivava da pellicole già disturbanti e l’opinione pubblica era già scossa dalla durezza soprattutto di un suo successo austriaco (Funny Games) che poi avrebbe replicato pedissequamente scena su scena in una versione americana di maggior mercato e di più facile presa. Quindi non era nuovo a scuotere l’attenzione del pubblico e a stuzzicare le giurie dei festival, dove ha sempre fatto razzia di premi, con argomenti solo apparentemente normali ma trattati come solo lui ci ha abituati nel corso degli anni. In particolar modo, questa volta prende di mira l’ipocrisia della borghesia viennese, sua seconda patria artistica, nella figura precisa di una donna quarantenne che vive con la mamma alquanto possessiva. Erika Kohut è una valente pianista che insegna nel conservatorio della città austriaca: severissima, ha metodi troppo rigidi con i suoi discenti, che ama maltrattare come per punirli per la loro passione per la musica classica, che lei intende alla pari di una scienza, quindi non popolare, non per tutti.


La sua vita è una contrapposizione tra la inappuntabilità della professione e della estrema scrupolosità con cui interpreta le musiche dei grandi compositori e quella segreta e intima della perversione sessuale che vive quotidianamente. Alternando l’insegnamento presso il conservatorio e la vita rinunciataria in casa dell’anziana madre con le sue visite ai peep show e ai sexy shop, coltiva l’intima passione della sofferenza fisica che si infligge con pratiche masochistiche al limite del sopportabile, chiudendosi nel bagno per farsi del male fin nei genitali, cercando soddisfazione nella sofferenza fisica. Non si pone limiti in questa attitudine e con il suo aplomb di rigorosa musicista si è costruita una doppia vita impensabile per chi la conosce nel conservatorio. Ma tutto vacilla e cambia prospettiva quando conosce uno spavaldo studente di ingegneria molto dotato per il pianoforte, che, sfrontato e sfidante la rigidità della donna, prima cerca di vincere il concorso per l’ammissione al suo corso, poi la provoca percependo il suo lato debole, ma mai immaginando cosa si possa nascondere dietro quella maschera impossibile da scalfire. Walter non può però presumere che quella donna abbia una forza interna con tali risvolti perversi da lasciarlo stupito per le richieste scritte (!) che gli presenta come conditio sine qua non per iniziare un vero rapporto: regole sadomasochiste in cui lei sarà la sottomessa e lui di conseguenza il “padrone”, con i dettagli dei metodi che sarà costretto ad adottare.



Stanze chiuse ed ovattate nel conservatorio, cabine strette e semibuie nei peep show, bagno di casa opportunamente con la porta sbarrata: Erika fa esplodere la sua sessualità malata da sola o con il desiderio di quel provocante giovanottone biondo. Che, a sua volta, lei stessa provoca ma lascia sempre insoddisfatto, perché non è fatta per la normalità. Haneke non risparmia nulla all’obiettivo della macchina da presa, non nasconde nulla della mente della donna nella pratica quotidiana. Il suo cinema ci ha sempre mostrato le caratteristiche principali: spietatezza e asetticità, con la completa assenza del commento musicale che è stato il suo marchio, questa volta forzatamene interrotto dalle meravigliose musiche per pianoforte di Schumann e Schubert, in particolare con il fatidico trio che avevamo ben conosciuto nel Barry Lindon di Kubrick, o con l’irruenza precisa del Walter pieno di talento naturale. Lei indubbiamente prova godimento nel suonare e ascoltare musica perfettamente suonata, in maniera fedele a come era stata scritta, ma la sua arcigna e immobile espressione, dopo qualche minuto, incute negli allievi e nello spettatore altre impressioni, altre aspettative, ma negative. Nell’ambito di questi concetti diventa (in)spiegabile il terribile e malvagio gesto che compie ai danni di una timida allieva, che lei ritiene inadatta all’arte musicale, danneggiandola permanentemente le dita di una mano. Una sequenza che lascia sbigottiti. Dietro la facciata di una professionista borghese – e di ciò che questo può rappresentare - lo sfacelo disgregante delle debolezze e delle false apparenze, oltre la porta chiusa i segreti inconfessabili.


Il paradosso avviene quando, violentata dal giovane spazientito proprio come avrebbe desiderato sin dall’inizio, la donna avverte in sé che quello è forse il gesto estremo che la farà rimanere ancora più sola e, decisa all’ennesimo gesto clamoroso, esce di casa per assistere con la madre all’esibizione musicale nel conservatorio con un coltello da cucina nella borsa. E sarà anche la prima occasione che la vedremo uscire per le strade di Vienna senza un preciso scopo, esibendo come un automa le macchie di sangue sulla camicetta da sera, in un finale sconcertante e ancora una volta disturbante. Come tutti i finali silenziosi e incomodanti di Michael Haneke, come sarà in Funny Games, Niente da nascondere, Amour (con la scena iniziale/terminale), Happy End. Senza musica e con una inquadratura fissa, che, come questa volta, rimane tale anche senza la protagonista, che esce dallo schermo. L’autore colpisce ancora duro e con precisione chirurgica, come una lametta da barba conservata con cura nella borsetta.


Impossibile immaginare Erika senza il volto di Isabelle Huppert, la quale con questa prova, che va oltre ogni aspettativa, divenne una star assoluta del cinema europeo: ogni scena viene dominata dal suo volto, dal suo sguardo che pare amorfo ma che invece sta già pensando alla mossa successiva, dal suo fisico magro ma pieno di insidie. Una tale attrice di levatura mondiale che quando un regista cuce su di lei l’abito giusto, il film assurge a opera d’arte in cui l’attrice è capace di condizionare totalmente la sua riuscita. La sorpresa risiede però nella prestazione del giovane 27enne Benoît Magimel, fino ad allora pressoché sconosciuto, che venne inaspettatamente premiato a Cannes quale miglior attore, scontatamente assieme alla superba Isabelle. Esibizione da attrice esperta poi quella della ormai anziana Annie Girardot nel ruolo della mamma di Erika.


Il film merita elogi e apprezzamenti, tutti meritatissimi, essendo un vero capolavoro di regia e di recitazione, un trattato di psicologia che affronta l’argomento dell’erotismo malato con la mano della sincerità crudele di un grande regista. Egli non ama dare una risposta alla fine dei racconti, non spinge lo spettatore a propendere per un sì o un no, per un “ha fatto bene” oppure “no, ha sbagliato”. Il regista austriaco preferisce raccontare le storie quasi in maniera asettica, senza fronzoli, affondando però con crudeltà il coltello nella piaga (e non è una metafora, mai come in questa occasione), perché solo facendola sanguinare noi possiamo notarla, osservarla e quindi considerarla. Ma nulla deve disturbare questo processo bifronte, di chi espone e di chi riceve il messaggio, neanche la musica deve intralciare la nostra necessaria attenzione. Cosicché anche il minimo rumore della scena (ricordate il tonfo iniziale che ci ha fatto sobbalzare in Amour?) ci deve giungere come parte integrante della sceneggiatura. Sceneggiatura che questa volta ha scritto di suo pugno, sulla base del romanzo omonimo della scrittrice, drammaturga e traduttrice Elfriede Jelinek, Premio Nobel del 2004 per la letteratura.

Grandissimo film!


Riconoscimenti

Festival di Cannes 2001

Grand Prix Speciale della Giuria a Michael Haneke

Miglior interpretazione femminile a Isabelle Huppert

Miglior interpretazione maschile a Benoît Magimel

European Film Award 2001

Miglior attrice a Isabelle Huppert

Candidatura miglior film

Candidatura miglior regista

Candidatura miglior regista - Premio del pubblico

Candidatura miglior attrice - Premio del pubblico a Isabelle Huppert

Candidatura miglior attore - Premio del pubblico a Benoît Magimel

Premio César 2002

Migliore attrice non protagonista a Annie Girardot

Candidatura migliore attrice protagonista a Isabelle Huppert



20 visualizzazioni0 commenti

Post correlati

Mostra tutti

Land (2018)

Comentarios


Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

bottom of page