La vita accanto (2024)
- michemar
- 4 feb
- Tempo di lettura: 7 min

La vita accanto
Italia 2024 dramma 1h40’
Regia: Marco Tullio Giordana
Soggetto: Mariapia Veladiano (romanzo)
Sceneggiatura: Marco Bellocchio, Marco Tullio Giordana, Gloria Malatesta
Fotografia: Roberto Forza
Montaggio: Francesca Calvelli, Claudio Misantoni
Musiche: Dario Marianelli
Scenografia: Federico Calò Carducci
Costumi: Gemma Mascagni
Valentina Bellè: Maria Macola
Paolo Pierobon: Osvaldo Macola
Sonia Bergamasco: Erminia
Beatrice Barison: Rebecca Macola
Sara Ciocca: Rebecca (10 anni)
Viola Basso: Rebecca (6 anni)
Licia Navarrini: Laura
Michela Cescon: madre di Lucilla
Luigi Diberti: medico
Angela Fontana: poliziotta
Fabrizio Croci: direttore del conservatorio
Flora Zambello: Lucilla (6 anni)
Sveva Bassan: Lucilla (10 anni)
Francesca Rigoni: Lucilla (17 anni)
TRAMA: Vicenza, 1980. Quando Maria scopre di essere incinta annuncia con felicità al marito Osvaldo la sua gravidanza. Tutto procede bene fino a quando la bambina, che chiameranno Rebecca, nasce con una vistosa macchia rossa sul volto.
VOTO 5,5

La trama è tratta dall’omonimo romanzo di Mariapia Veladiano che racconta quasi un ventennio della vita della facoltosa famiglia Macola di Vicenza che abita in una lussuosa e storica villa dal tipico stile palladiano, partendo dal 1980 quando Maria (Valentina Bellè) è incinta e vicina a partorire. Suo marito Osvaldo (Paolo Pierobon) è un noto e stimato dottore, molto in vista in città, mentre la sorella è una affermata pianista concertista. L’uomo è pacato e affettuoso, la moglie pare molto apprensiva e sua sorella vive con loro in apparente perfetta armonia. Ma, come succede spesso, non tutto è come sembra. La loro vita, però, viene sconvolta da un evento drammatico e imprevedibile: la signora, che pare più giovane del consorte, finalmente arriva al parto e mette al mondo Rebecca e il momento più felice della coppia sembra destinato a una svolta difficile da percorrere.

La neonata, per il resto normalissima e di grande bellezza, presenta una vistosa macchia purpurea, un angioma che le segna metà del viso e parte del collo. Quella macchia, che niente può cancellare e nulla si può fare per rimediare, rende i genitori impotenti e infelici, ma il problema principale è che diventa per la madre un’ossessione tale da precipitarla nel rifiuto delle sue responsabilità. Non gradisce prenderla in braccio, non ama accudirla, evita perfino di guardarla. Quella macchia diventa un incubo per lei ma non per i familiari, come la affezionata governante Laura (con tanto di servitù come in una famiglia nobile), i quali cercano di minimizzare la pesante e scomoda situazione che si è creata, sperando che, con il tempo, migliori e la mamma accetti la realtà e cominci ad avvicinarsi alla piccola. Il tempo passa ma purtroppo non cambia niente.

Come è prevedibile, questo stato di cose fa cresce male la ragazzina, che, con la sensibilità tipica dei giovanissimi, avverte la non sana atmosfera che regna in casa, nonostante l’estremo affetto riversatele dalla convivente zia Erminia (Sonia Bergamasco), dal padre e dalla governante. Tanto da ripercuotersi sul comportamento sociale di Rebecca la cui intera adolescenza viene segnata dalla vergogna e dal desiderio di nascondersi dagli altri. Mentre Maria costringe a non far uscire di casa la figlia, quando arriva il momento di iscriverla alla scuola elementare si oppone disperatamente, mostrando ancor di più la sua sofferenza psicologica. Ma fin da piccola, la figlia rivela straordinarie capacità musicali, una dote naturale che va ovviamente assecondata, soprattutto dalla zia pianista. Se c’è una cosa che non manca in quella grande casa sono i pianoforti: nella grande mansarda sostano diversi pianoforti di grande pregio. Lì non solo si esercita la zia musicista ma la piccola spesso vi sale per strimpellare sui tasti, confermando la sua predisposizione non comune. Erminia, stupita da tale precocità, riconosce subito il suo talento e la prende come allieva. È come se il bisogno di cancellare la macchia la spingesse ad affermarsi attraverso la musica. Ma la sua vita resterà per forza segnata da una tragedia familiare, perché le condizioni della madre peggiorano e fa strani discorsi.

La trama fa salti temporali in avanti, facendo evidenziare come la povera Rebecca cresca e come a scuola, dove si era presentata con tanto timore per via del difetto estetico, ha la fortuna di fare amicizia con la rossa e riccioluta compagna di banco Lucilla, la quale le fa intendere che quella macchia la vede solo chi non le vuol bene, che non conta, che non cambia nulla. Questo rappresenta per Rebecca un enorme slancio per cominciare ad accettarsi, a vivere una vita normale. Anzi, l’accoglienza che riceve conoscendo la esuberante mamma di Lucilla (Michela Cescon) la convincono ancor di più a vivere una vita serena e a non badare più al suo problema. Così possiamo osservare la crescita fisica e mentale della ragazzina negli anni a seguire, fin quando, sempre più brava sul pianoforte, frequenta con notevolissimo profitto il conservatorio della città, in cui primeggia in assoluto, ma alle soglie dell’esame finale, Rebecca (da grande Beatrice Barison) subisce il peggior affronto per il suo sempre evidente difetto: quello che oggi viene definito body shaming è davvero pesante e la fa ricadere nel pessimismo, mitigato, menomale, dall’esaltante esame che le conferma la possibilità di seguire le orme della famosa zia.
È anche il periodo che comincia a essere ribelle e inquieta come tutti gli adolescenti ad un passo dalla maturità e non solo litiga di più con il genitore e la zia ma comincia anche ad avere visioni notturne della madre, che le parla e le spiega ciò che provava davvero per lei e il motivo del suo gesto. Da lì, la sua definitiva maturazione mentale, come anche il giusto e puntuale distacco dalle apprensioni e un conseguente riavvicinamento al padre e alla zia, sempre in apprensione per la sua normale crescita.
Un vero dramma familiare ed esistenziale, quindi, narrato a strappi con i periodi temporali - si va dal 1980 al 2000 - più importanti della giovane protagonista: la nascita, l’età della scuola primaria, la prima amica (che rincontrerà molto più tardi, anch’essa vittima di una famiglia “interrotta”), il primo falso amore, la libertà di scegliere il futuro e la strada della sua vita. Ciò che stona e fa deragliare il film (immagino anche il romanzo della scrittrice) è la deviazione nel miracoloso, quasi come un fantasy benevolo, una soluzione di comodo che fa piacere a tutti e mette la storia sul binario della felicità. Questo passaggio di piano, sul quale il film andava avanti e da cui ci si poteva attendere altro, rende perplessi e lascia attoniti. Vorrei dire, quasi delusi.

La delusione viene aumentata quando si legge che tra gli sceneggiatori c’è addirittura Marco Bellocchio (il film era un suo vecchio progetto), il quale – ne sono convinto -, se lo avesse girato, ne avrebbe ricavato sicuramente un altro percorso. Marco Tullio Giordana invece resta nella sufficienza per buona parte del film (una specie di horror psicologico), fino cioè a quando si attende ancora il guizzo per rimanere soddisfatti, per poi restare nel poco e mediocre racconto, neanche recitato bene come ci si poteva attendere. Se la protagonista è prima bambina e poi adolescente ed infine una signorina - interpretata dalla esordiente e speranza pianistica italiana Beatrice Barison - di certo non ci si poteva aspettare una grande interpretazione a meno di un exploit; ma da due attori di esperienza e di valore come Sonia Bergamasco e Paolo Pierobon (veneti di nascita e quindi adatti per il loro accento nei dialoghi) ci si aspettava molto di più. Se ne ha l’impressione di una recitazione da fiction televisiva, per me sempre una definizione negativa. Forse Valentina Bellè se la cava meglio, ma l’ho vista non adatta a questo ruolo e soprattutto troppo più giovane della sorella e soprattutto del marito. Conta nulla? Beh, dipende, anche perché continuano i vari personaggi a ripetere che Osvaldo è “un figo”. Davvero?

Si concedono delle apparizioni tre nomi importanti ma qui solo in veste di ospiti: Michela Cescon, Luigi Diberti e Angela Fontana, gli ultimi due solo per pochi secondi. Questo a dimostrazione di come il regista abbia puntato piuttosto sul cast che sulla messa in scena, che oscilla tra l’ossessione caratteriale della padrona di casa e la sua mania, nel momento topico, di coprirsi con un velo da Madonna, e l’illustrazione dei rapporti all’interno della famiglia. Non ha neanche una chiara giustificazione la presenza di un punteruolo che di primo acchito fa pensare a Basic Instinct (come evitarlo ormai, quando si vede un rompighiaccio?), impugnato da Maria (il nome appunto della Madonna) in un paio di avvicinamenti al pianoforte prediletto di Erminia e di Rebecca. Forse è la conseguenza dei suoi dubbi verso marito e sorella, da sempre troppo in sospetta sintonia, oppure dell’odio verso quello strumento da quando sua figlia non se ne sa staccare e che diventerà la passione. In entrambi i casi lo odia e non sopporta le scale ossessivamente riprovate dal lei. La chiave di lettura è tutta nel diario segreto che la donna conservava nel sottofondo del cassetto dello scrittoio: è lo scrigno dei misteri scaturiti dall’intimo di Maria e solo così la figlia riesce a capire a fondo la madre come nessun’altro e a riavvicinarla nel pensiero.
Questa è la vita dell’influente famiglia Macola. Ma “accanto” a che: alla musica? alla malattia mentale di Maria? alla sospetta vicinanza tra cognati? all’imperfezione cutanea che diventa impedimento ad una vita normale? Oppure, più semplicemente, il titolo suggerisce il concetto di vivere accanto a qualcuno, nonostante le difficoltà e le differenze, e di trovare un modo per convivere con le imperfezioni e le sfide della vita. In altri termini, si può avere una vita accanto ad un grande dolore anche per smascherare quelli più piccoli, che hanno la capacità di prendere il sopravvento sulla vita di una persona. Rebecca era accanto ad una mamma problematica, poco materna, ma per sua fortuna, alla fine della trama, la vediamo accanto all’amica di sempre, alla più sincera persona che un essere vivente può augurarsi di trovare nella vita, colei che continua a dirle di fare ciò che ha voglia e che la renda felice. Con una persona accanto così, si vive meglio.
In ogni caso, Marco Tullio Giordana poteva e doveva fare di meglio.

Il film è stato presentato al Locarno Film Festival del 2024, scarsamente distribuito (nessun gestore rischia per film come questi) e Sonia Bergamasco ha vinto il premio come miglior attrice alla Mostra de València 2024, mentre al Festival del Cinema Italiano di Ajaccio il film ha avuto il Prix du Jury special, Prix des médiathèques et bibliothèques.
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