La vita in un attimo
(Life Itself) USA/Spagna 2018 dramma 1h57’
Regia: Dan Fogelman
Sceneggiatura: Dan Fogelman
Fotografia: Brett Pawlak
Montaggio: Julie Monroe
Musiche: Federico Jusid
Scenografia: Gerald Sullivan
Costumi: Melissa Toth, Arianna Gallo
Oscar Isaac: Will Dempsey
Olivia Wilde: Abby Dempsey
Mandy Patinkin: Irwin Dempsey
Jean Smart: Linda Dempsey
Olivia Cooke: Dylan Dempsey
Sergio Peris-Mencheta: Javier Gonzalez
Laia Costa: Isabel Diaz Gonzalez
Àlex Monner: Rodrigo Gonzalez-Diaz
Isabel Durant: Shari Dickstein
Lorenza Izzo: Elena Dempsey-Gonzalez
Annette Bening: dottoressa Cait Morris
Antonio Banderas: Vincent Saccione
Samuel L. Jackson: se stesso
TRAMA: Una coppia vive una storia d'amore multigenerazionale che attraversa decenni e continenti, dalle strade di New York alla campagna spagnola. A collegare il tutto è un singolo evento.
Voto 7
“Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano” intona il cantautore romano Antonello Venditti in un suo noto brano.
Il film segue la travolgente storia d'amore di Will (Oscar Isaac) e Abby (Olivia Wilde). Man mano che la storia si dipana, il destino li legherà a Dylan (Olivia Cooke), una giovane problematica che cerca di sfuggire al proprio dolore, Irwin (Mandy Patinkin), che cresce la figlia di suo figlio in un mondo pieno di pericoli, a Vincent Saccione (Antonio Banderas), ricco proprietario terriero spagnolo, al suo braccio destro Javier (Sergio Peris-Mencheta), che gestisce la piantagione, e alla famiglia di Javier, Isabelle (Laia Costa) e Rodrigo (Àlex Monner) in modo a volte profondo e a volte superficiale, a volte banale e a volte eccezionale. Una trama che abbraccia tempi e luoghi, personaggi ed eventi, questi ultimi solo apparentemente indipendenti che invece sono legati strettamente, in un gioco temporale e di vite umane ad incastro.
A partire dalle vicende di Will, disperato e in cura presso una terapista dopo essere stato lasciato da Cait, il film riflette sull’amore e su altri grandi temi esistenziali, intrecciando una serie di storie a cavallo di diverse generazioni, ma collegate fra di loro. Il tutto mettendo esplicitamente in gioco la figura narrativa del cosiddetto “narratore inattendibile”. Il rischio di perdersi in questa grande tela di rimandi sarebbe alto, ma Dan Fogelman, prima che regista, è un esperto sceneggiatore e sa come gestire questa matassa esistenziale, in questo aiutato dai suoi attori, tutti notevoli e importanti, perfettamente in parte.
Tutto ha inizio con una prima parte vertiginosa, un incipit che crea il quadro d’insieme della vita del protagonista che ci appare come un ricco caleidoscopio dei momenti del suo passato. Ci appare una partenza struggente e punteggiata da eventi incredibili e inaspettati. Tuttavia, dopo un inizio così importante la tensione cala e si avvia su binari più consueti ma non privi di ricchezza di idee, soprattutto quando il regista ripassa sequenze già mostrate ma stavolta con tono differente: qualcosa, ogni volta, influisce affinché la scena appaia diversa. È una chiave di lettura non semplice, impegnativa, che richiede attenzione e curiosità da parte nostra: perché prima la coppia sembra felice e poi non lo è più? Bisogna attendere gli eventi che avvengono altrove e con altri personaggi per far incastrare i pezzi nel posto giusto, dato che il film attraversa ben tre generazioni.
Fogelman attua una prova d’azzardo (è intuibile da queste righe) e la critica ufficiale non lo ha risparmiato di giudizi negativi e se il mio voto, da semplice appassionato, è ben diverso, è anche perché mi ha sorpreso durante la visione perché ero partito da basse aspettative ma restando invece coinvolto emotivamente dal modo di raccontare il film e dalle continue scoperte che mi hanno conquistato. Il film parla di molte cose diverse e come afferma lo stesso regista: “riguarda la vita e quanto è grandiosa, disordinata e piena di amore e tragedia; racconta di persone, esplorandone gli alti e i bassi, i momenti felici e quelli meno, la bellezza di stare insieme. La trama è quasi impossibile da sintetizzare e questo è stato uno degli elementi che mi ha entusiasmato per davvero durante la produzione, molto complicata di per sé. È un film complicato non solo per la struttura e il modo in cui è raccontata la storia ma anche per la realizzazione che ha richiesto: avevamo da mettere in scena una vicenda che dura decenni in due diversi continenti, con due differenti lingue da gestire, l'inglese e lo spagnolo, e con un cast corale di prim'ordine. Con i suoi molteplici protagonisti e le sue delicate svolte, l'opera è progettata per giocare con le aspettative del pubblico e non per soddisfarle”. Insomma, non ha avuto paura e bene ha fatto.
Dato l’apprezzabile sforzo della regia, in un film a tratti melodrammatico e in una scena davvero tragico, che giunge sorprendendo come un colpo di pistola, le attese sono riposte anche al notevole gruppo di attori che formano un cast che pare gigantesco (i nomi eccellenti sono tanti ma la mia stima personale per Oscar Isaac è immensa) e con una voce narrante che è quella di Samuel L. Jackson, la cui presenza si lega ad una citazione tarantiniana presente nel film.
Chi non conosce l’opera può rimanere davvero sorpreso, con il risultato difficilmente pronosticabile. Il mio è chiaro. Mi piace moltissimo.
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