Lezioni di piano (1993)
- michemar
- 17 set 2021
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 30 apr 2024

Lezioni di piano
(The Piano) Nuova Zelanda/Australia/Francia 1993 dramma 2h1'
Regia: Jane Campion
Sceneggiatura: Jane Campion
Fotografia: Stuart Dryburgh
Montaggio: Veronika Jenet
Musiche: Michael Nyman
Scenografia: Andrew McAlpine
Costumi: Janet Patterson
Holly Hunter: Ada McGrath
Harvey Keitel: George Baines
Sam Neill: Alistair Stewart
Anna Paquin: Flora McGrath
TRAMA: Protagonista è una donna con problemi di comunicazione con gli altri. È muta, vedova con una figlia, e per convenienza familiare deve sposare uno sconosciuto. Si trasferisce con lui in un'isola sperduta in Nuova Zelanda. Non le è concesso di suonare il piano, sua unica consolazione. Ma con l'aiuto di un uomo all'apparenza rozzo, in realtà molto sensibile, il suo desiderio sarà esaudito. Tra loro nasce un particolare idillio che farà uscire di senno il marito. La relazione sembrerà sfociare verso la tragedia.
Voto 8

Fa impressione scrivere di questo meraviglioso film in tempi in cui si parla tanto di maschilismo e femminismo ma senza che molto cambi. E soprattutto in giorni in cui sentiamo notizie di femminicidi con un ritmo impressionante, con una media che spaventa: sempre donne uccise dai loro uomini, spesso ex. Sessismo che salta oltremodo agli occhi se si pensa che la regista Jane Campion fu la prima donna (ed unica fino a questo 2021) a vincere la Palma d’Oro al Festival di Cannes nell’anno di uscita in sala, il 1993, dove però spartì la vittoria a pari merito con il mastodontico Addio mia concubina di Chen Kaige. Che la regista metta al centro della storia una donna forte e resistente non è una novità, avendo sempre lavorato su soggetti, spesso suoi stessi, con al centro la figura femminile con protagoniste dalla vita non facile e che emergono grazie alla forza e alla volontà, contro tutti e tutto, ma stavolta forse si è superata. Non fa eccezione, infatti, questo particolare e bellissimo racconto, che è anche erotico e romantico nello stesso tempo, una sontuosa parabola sui paradossi e sui pericoli in agguato quando una donna vuole esprimere tutta se stessa e in maniera indipendente. Ambientato nel XIX secolo, questo racconto trova molti punti in comune con l’idea letteraria della poesia di Emily Dickinson e il romanzo gotico-romantico ottocentesco di Emily Brontë, non per nulla due autrici dalla spiccata personalità artistica.

Impressionanti e fortemente esplicative le primissime scene, in cui vediamo una vasta spiaggia desolata, tumulto di onde sul mare, alle spalle rocce e foreste selvagge: sulla sabbia due donne sole, Ada e Flora, una donna e una bambina in attesa, diverse casse e un pianoforte. In quelle ore incerte, in quel tempo sospeso tra un arrivo e una ripartenza, non sappiamo cosa attendono. I marinai che le hanno portate dalla lontanissima Scozia fin sulle coste della Nuova Zelanda le hanno lasciate sole. Il destino è rappresentato da un colono locale che sposerà la donna dopo averla conosciuta tramite una fotografia, accettandola “nonostante” sia muta e già madre. Ma dov’è quest’uomo? Le circostanze non sono molto accoglienti e la donna, come primo riparo, utilizza lo scheletro a gabbia della sua gonna, a mo’ di tenda canadese e fa compagnia e coraggio alla sua bimba con strie raccontate come può, cioè con segni e gesti tattili. La vita che le attende non è sotto un buon auspicio e difatti devono essere forti di carattere e fisico, adattandosi al clima, alle tradizioni e alla mentalità del luogo, dove vive anche un uomo che sarà capace, oltre il suo caratteraccio ma animato da curiosità e apprezzando le virtù e il talento di pianista della donna, di farla innamorare e farle desiderare e apprezzare l’armonia sessuale. Sarà infatti Ada ad avere la forza di carattere per poter scegliere, da sola e indipendente, la sua vita sentimentale, l’uomo che le offrirà un appagamento esistenziale.

Un pianoforte in primo piano, dietro e davanti alla vita, un pianoforte che domina con i suoi tasti il film sino al surreale finale in cui lo vediamo poggiato sul fondale marino, con la donna sospesa sopra di esso con il piede intrappolato nella corda. È il film di maggiore successo e anche di maggior pregio della regista neozelandese, vincitore anche di ben tre Oscar (pure lì ostacolato dalla ingombrante presenza di Schindler's List di Spielberg). Contribuiscono alla riuscita lo straordinario selvaggio paesaggio e la bellissima colonna sonora, con il pianoforte al centro della storia come fosse un protagonista, tanto da meritare il titolo originale del film, ma soprattutto la eccellente interpretazione della superba Holly Hunter e del sempre vigoroso Harvey Keitel. Gli Oscar andarono a Holly Hunter, alla giovanissima Anna Paquin e alla sceneggiatura, sempre firmata Campion.

Riconoscimenti
1994 - Premio Oscar
Miglior attrice protagonista a Holly Hunter
Miglior attrice non protagonista a Anna Paquin
Migliore sceneggiatura originale
Candidatura miglior film
Candidatura migliore regia
Candidatura migliore fotografia
Candidatura migliori costumi
Candidatura miglior montaggio
1994 - Golden Globe
Miglior attrice in un film drammatico a Holly Hunter
Candidatura miglior film drammatico
Candidatura migliore regia
Candidatura miglior attrice non protagonista a Anna Paquin
Candidatura migliore sceneggiatura
Candidatura miglior colonna sonora
1994 - Premio BAFTA
Miglior attrice protagonista a Holly Hunter
Migliore scenografia
Migliori costumi
Candidatura miglior film
Candidatura migliore
Candidatura migliore sceneggiatura originale
Candidatura migliore fotografia
Candidatura miglior montaggio
Candidatura miglior sonoro
Candidatura miglior colonna sonora
1993 - Festival di Cannes
Palma d’oro a Jane Campion
Miglior interpretazione femminile a Holly Hunter
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