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Lost in Translation - L'amore tradotto (2003)

Aggiornamento: 28 mar


Lost in Translation - L'amore tradotto

(Lost in Translation) USA/Giappone 2003 commedia 1h41'

Regia: Sofia Coppola

Sceneggiatura: Sofia Coppola

Fotografia: Lance Acord

Montaggio: Sarah Flack

Musiche: Kevin Shields

Scenografia: K.K. Barrett, Ann Ross, Mayumi Tomita, Rika Nakanishi

Costumi: Nancy Steiner

Bill Murray: Bob Harris

Scarlett Johansson: Charlotte

Giovanni Ribisi: John

Anna Faris: Kelly

Fumihiro Hayashi: Charlie Brown

Akiko Takeshita: Ms. Kawasaki

François Du Bois: il pianista

TRAMA: In trasferta a Tokyo per girare alcuni spot pubblicitari, il cinquantenne attore americano Bob Harris conosce una connazionale che alloggia nel suo stesso albergo: la giovane Charlotte, fresca di laurea a Yale e moglie di un indaffarato fotografo. Entrambi annoiati e smarriti in una cultura totalmente estranea, i due allacciano una singolare relazione fatta di complicità e di ironia, di confusioni e di allusioni, tenera ma senza sesso.

Voto 8


Per anni abbiamo scritto, noi dilettanti e “loro” critica ufficiale (severa e intellettualistica) della “figlia di Francis” ogni volta che si faceva cenno a Sofia Coppola, quando oramai oggi è alle soglie dei 50 anni. È diventata grande ma per noi è sempre quella ragazza dal largo sorriso e dalle grandi promesse, forse mai pienamente realizzate. Nel senso che ha esordito anche lei col botto con un film che denota lo sguardo femminile e giovanile e nello stesso tempo maturo e graffiante (Il giardino delle vergini suicide, recensione), si è confermata e forse addirittura esaltata con questo film ma poi ha dilapidato la dote accumulata e soprattutto le speranze con opere sontuose ma inutilmente pop. E se queste opere hanno qualcosa in comune è che ci parlano in tante maniere della solitudine, specialmente di quella femminile: quella delle ragazze suicide è fin troppo evidente, anche se sottolineata dalla ribellione, quella di Marie Antoinette che viene mimetizzata dal lusso e dal patinato sguardo d’autrice, quella del malinconico protagonista di Somewhere e della sua figlioletta, fino ad arrivare, perché no, alle donne de L’inganno (recensione).


Il percorso su citato ovviamente passa obbligatoriamente dal film in oggetto, dove la solitudine addirittura raddoppia. Da una parte c’è Charlotte, la moglie annoiata di un giovane fotografo in trasferta a Tokyo, quasi pentita di aver seguito il marito in questa gita oltreoceano, tanto non sa come trascorrere le lunghe ore in solitudine. Dall’altra c’è un noto attore americano, Bob, che nella capitale giapponese deve girare alcuni spot per un whisky locale. Se per la prima la noia subentra piano piano dopo essersi ritrovata tanto tempo da sola nell’hotel e per le strade della metropoli, per l’attore risalta immediatamente al nostro primo sguardo: più che solo è come un corpo estraneo a tutto ciò che gli sta succedendo intorno, si sente talmente fuori posto che osserva gli accadimenti e chi lo attornia – regista, tecnici, accompagnatori - come uno spettatore estraneo non vedendo l’ora di liberarsi dall’impegno e tornare a casa.


Quanti pericoli correva Sofia Coppola a girare questo film? Non pochi. Prima di tutto veniva appunto da un successo d’esordio che ne rivelava tutta la stoffa della figlia ed è noto come sia facile sbagliare e deludere con il secondo passo. Poi lei, anche se portatrice sana di un tale cognome, azzardava nel dirigere un attore affermato ed iconico come Bill Murray ed una attrice, Scarlett Johansson, in forte ascesa sì, ma che aveva fin allora interpretato ruoli prevalentemente di adolescente (L’uomo che sussurrava ai cavalli, L’uomo che non c’era). Terzo motivo, certamente più delicato da affrontare, era rappresentato dalla storia di un rapporto affettivo tra due persone con una differenza di età notevole. Era facile cadere nella banalità e rischiare di parlare di un amore malato o addirittura stimolare riflessioni fuori luogo. La sua bravura invece è stata quella di avere nella scrittura della sceneggiatura una eccezionale leggerezza e una delicatezza tutta femminile, descrivendo così anche la solitudine che i due personaggi affrontano, come due anime sperdute, in una città che offriva tanti svaghi e in mezzo a milioni di persone. Il risultato fu brillante ma anche raffinato, ormai un vero cult con scene che hanno segnato la carriera di entrambi gli attori. Come quella finale, con un ultimo sguardo e una frase che non ascolteremo mai.




Bob: “Sai mantenere un segreto? Sto organizzando un'evasione da un carcere. Mi serve, diciamo, un complice. Prima dobbiamo andarcene da questo bar, poi dall'albergo, dalla città e infine dal paese. Ci stai o non ci stai?


Melanconico, tenero, piccolo capolavoro, diretto con mano felice (è sicuramente fino ad ora il miglior film della Coppola) e recitato con estremo garbo e misura, perfino in sottrazione appropriata, che ne rafforza la delicatezza.


Riconoscimenti

2004 - Premio Oscar

Migliore sceneggiatura originale

Candidatura miglior film

Candidatura migliore regia

Candidatura miglior attore protagonista a Bill Murray

2004 - Golden Globe

Miglior film commedia o musicale

Miglior attore in un film commedia o musicale a Bill Murray

Migliore sceneggiatura

Candidatura migliore regia

Candidatura miglior attrice in un film commedia o musicale a Scarlett Johansson

2004 - Premio BAFTA

Miglior attore protagonista a Bill Murray

Miglior attrice protagonista a Scarlett Johansson

Miglior montaggio

Candidatura miglior film

Candidatura migliore regia

Candidatura migliore sceneggiatura originale

Candidatura migliore fotografia

Candidatura miglior colonna sonora



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