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Maggie Moore(s) - Un omicidio di troppo (2023)


Maggie Moore(s) - Un omicidio di troppo

Maggie Moore(s) USA 2023 commedia thriller 1h39’

 

Regia: John Slattery

Sceneggiatura: Paul Bernbaum

Fotografia: W. Mott Hupfel III

Montaggio: Tom McArdle

Musiche: Ben Sollee

Scenografia: Jeff Schoen

Costumi: Laura Bauer

 

Jon Hamm: Jordan Sanders

Tina Fey: Rita Grace

Micah Stock: Jay Moore

Nick Mohammed: Deputy Reddy

Happy Anderson: Kosco

Mary Holland: Maggie Lee Moore

Nicholas Azarian: Greg

Louisa Krause: Maggie Moore

Derek Basco: Tommy T

Christopher Denham: Andy Moore

Tate Ellington: Duane Rich

Bobbi Kitten: Cassie Novak

 

TRAMA: In una cittadina polverosa del New Mexico e dintorni, dove non succede mai nulla, il capo della polizia della contea si trova improvvisamente alle prese con gli omicidi ravvicinati di due donne perfettamente omonime.

 

Voto 6,5



Se prendiamo due fogli di carta trasparente che contengono lo script di due trame differenti, un thriller e una commedia, e li sovrapponiamo, ne caviamo una storia mista, una storia che è un giallo con alcuni omicidi e soggetti predisposti a tutto per proprio tornaconto, e nello stesso tempo è una vicenda divertente con risvolti anche romantici. Una commedia nera in cui succede un po’ di tutto, dalle sparatorie agli appuntamenti tra persone gentili e titubanti per cene che possono avere un seguito sentimentale. La penna dell’impertinente sceneggiatore Paul Bernbaum, che era impolverata sulla scrivania da diversi anni, si è risvegliata per dare un simpatico segnale di vivacità, dando la possibilità a John Slattery di dirigere il suo secondo lungometraggio (il precedente è un piccolo ma interessantissimo esempio di cinema indie, God's Pocket, molto bello) con lo spirito giusto. Nulla di eccezionale ma molto piacevole, perfino senza sorprese per noi spettatori dal momento che vediamo tutto subito, sin dalla prima sequenza, e quindi sappiamo ogni risvolto, anche i retroscena dei crimini, all’opposto del duo poliziotto che invece non sa nulla e indaga sulla base delle ottime sensazioni del capo, Jordan Sanders, un vedovo tranquillo e intelligente.



Da cosa nasce il guazzabuglio di questa storia un po’ strampalata e tanto tipica della piccola criminalità diffusa nel cuore della provincia americana, peggio ancora dalle parvenze western e polverose (pare che manchino solo i cavalli), è presto detto. Tenendo però presente che il particolare più importante dell’intera vicenda ha una parola chiave: Moore, un cognome. Che riferito a più persone, alla maniera anglosassone acquista una “S” per il plurale, come da titolo.



Jay Moore (Micah Stock) è lo sciatto, sciagurato, indolente e imbroglione manager di una paninoteca a Buckland, in New Mexico, che è stato coinvolto in alcuni affari loschi. Innanzitutto perché, essendo un lavoro in franchising in cui dovrebbe vendere materie prime fornite dalla casa madre, lui invece si rivolge a traffici sottocosto di merce scaduta, spesso anche avariata, e poi si caccia nei guai più profondi allorquando sua moglie Maggie scopre le irregolarità in cui si è infilato e le immagini pedopornografiche che ingenuamente trasporta per conto del suo illegale fornitore. Ora lei minaccia di andare dalla polizia. Come pensa questo individuo, che sembra sempre sopra le righe e spavaldo, per liberarsi dalle pressioni della moglie? Tramite il lestofante fornitore ingaggia un sicario per spaventarla, il quale invece di limitarsi al compito ricevuto, esagera, come suo solito, essendo un violento naturale, e scappandogli la mano la uccide.



Inutile dire che il capo della polizia Jordan Sanders (Jon Hamm) naturalmente sospetta subito del marito, soprattutto dopo che una vicina di casa, Rita Grace (Tina Fey) testimonia di averli sentiti litigare furiosamente. Per sviare i sospetti, allora questi ricontatta il sicario per uccidere un’altra donna, una perfetta omonima, sperando che i poliziotti pensino che l’omicidio di sua moglie sia stato un caso di scambio di identità. A questo punto le cose iniziano davvero ad andare fuori controllo. La vicenda, infatti, si complica parecchio perché il sicario Kosco (un omaccione chiamato Happy Anderson) è un tipaccio poco raccomandabile ed irascibile, che non esita ad usare violenza ad ogni imprevisto. Per fortuna il buon Jordan è una persona molto perspicace ed intuisce tante cose anche se non ha mai le prove giuste per arrivare a conclusioni certe. Chi lo limita è il suo braccio destro, l’agente con cui vigila per le strade con l’auto di servizio: è Deputy Reddy (Nick Mohammed), un poliziotto che non azzecca mai un’ipotesi attendibile ma ha sempre le battute pronte, in ogni occasione. Peccato solo che siano infelici e spesso inopportune. Una coppia anomala come tante volte succede nel cinema americano, e per questo simpatiche ed imprevedibili.



Come è prevedibile, la scia dei crimini si allunga e tra diverse gags, più o meno divertenti, la trama si arricchisce di una storia romantica, visto che Jordan è vedovo da poco, è un bell’uomo, è gentile e premuroso, e Rita, separata da anni, vive desolatamente sola. Non c’è altra soluzione che l’empatia che si stabilisce presto tra i due, nonostante i tentennamenti ora dell’uno ora dell’altra, anche se al “quid” non si giunge mai per timidezza o timore di sbagliare. D’altronde non sono più ragazzini.



Passando da qualche scena d’azione (soprattutto nel finale) a indagini e interrogatori, da intervalli di dialoghi simpatici tra questo e quel personaggio e momenti di pura commedia comica, si arriva al finale convulso e al trionfo della giustizia, con l’immancabile inseguimento stradale e le sparatorie conseguenti. Giusto per mantenere il registro di crossover tra i generi, si termina con una breve e romantica scenetta.



È una commedia, forse. È un giallo certamente, ma fuori rotta. È divertente? Sì, almeno per buoni tratti. È perfetto? Non proprio, è simpatico il giusto. Il difetto è quello di aver aggiunto momenti di stanca quando le chiacchiere si dilungano, forse con lo scopo di arrivare ad una durata degna di un film normale. Gli attori sono abbastanza bravi, con Jon Hamm che fa il simpaticone e Tina Fay sta al gioco come è nelle sue corde. I tanti personaggi sono un mondo variopinto di umanità vanamente e vacuamente infelice, tutti caratterizzati da precise particolarità: c’è persino il fanatico suprematista, con tanto di simboli nazisti in casa, che odia la collega ebrea, che però desidera. E che ha un destino segnato, avendo il nome ed il cognome presi di mira. Il più simpatico di tutti è però il personaggio di Nick Mohammed, un ometto che fa ridacchiare ogni volta che apre la bocca.

John Slattery dirige con tranquillità e, difatti, gli attori si muovono coordinati.

Non è un film da ricordare negli annali ma si passa bene il tempo.



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