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May December (2023)

Aggiornamento: 16 ott

May December

USA 2023 dramma 1h57’

 

Regia: Todd Haynes

Sceneggiatura: Samy Burch

Fotografia: Christopher Blauvelt

Montaggio: Affonso Gonçalves

Musiche: Marcelo Zarvos

Scenografia: Sam Lisenco

Costumi: April Napier

 

Natalie Portman: Elizabeth Berry

Julianne Moore: Gracie Atherton-Yoo

Charles Melton: Joe Yoo

Cory Michael Smith: Georgie Atherton

Elizabeth Yu: Mary Atherton-Yoo

Gabriel Chung: Charlie Atherton-Yoo

Piper Curda: Honor Atherton-Yoo

D. W. Moffett: Tom Atherton

 

TRAMA: Vent’anni dopo che la loro scandalosa storia d’amore ha riempito i tabloid, il matrimonio di una celebre coppia cede alla pressione nel momento in cui una giovane attrice li contatta per fare le ricerche in vista della realizzazione di un film sul loro passato.

 

Voto 7



Il soggetto da cui è tratto il film, scritto anche dalla stessa sceneggiatrice Samy Burch, prende spunto da una vicenda realmente accaduta che vedeva protagonista Mary Kay Letourneau, un’insegnante americana che si innamorò e sedusse un ragazzino allora dodicenne e che, per la vicenda, finì per scontare venti anni di carcere per aver abusato del minore. La donna, che diede alla luce un figlio mentre scontava la pena, una volta libera, sposò il ragazzo, da cui ebbe altri due figli. Il matrimonio durò quattordici anni. Se la storia ebbe forte risonanza sui giornali e le riviste dell’epoca, nei tardi anni ‘90, altrettanto si può dire per aver attirato l’attenzione di un regista che ama le storie d’amore complicate, da implicazioni di natura sociale e di genere, come succedeva nel bellissimo Lontano dal paradiso e nel meraviglioso Carol, carico di sfumature sentimentali e di colori che arricchivano la passione sensuale di quelle le relazioni. Todd Haynes mantiene la storia originale e la accresce con la forza interpretativa di due attrici di grande statura, realizzando una storia a tinte forti, un thriller dalla fortissima componente psicologica che, in parte, è anche un melodramma di stampo tradizionale. Come piace a lui, che è spesso messo a paragone con il maestro del mélo Douglas Sirk, capace di girare melodrammi in stile moderno.



Le due protagoniste, che entrano in una tenzone psicologica sottile ed elegantemente aspra, sono due donne parecchio differenti, due opposti, si direbbe, ma mai come la coppia trattata dal film e dalla reale storia, tanto da indurre a intitolare il film con il nome di due mesi distanti il massimo nell’arco dell’anno: maggio - dicembre. Che poi, May December, sarebbe un detto anglosassone per indicare le coppie con grandi differenze di età. Succede infatti che nel 2015, l’attrice Elizabeth Berry (Natalie Portman) si reca a Savannah, in Georgia, per fare ricerche su Gracie Atherton-Yoo (Julianne Moore), una donna che 20 anni prima, all’età di trentasei anni, era stata colta in flagrante a fare sesso con Joe Yoo (Charles Melton), un compagno di scuola tredicenne del figlio. Lei era finita in prigione, dove aveva dato alla luce la primogenita della coppia, Honor (Piper Curda). Dopo la sua scarcerazione, i due si sono sposati e hanno avuto una coppia di gemelli, Mary (Elizabeth Yu) e Charlie (Gabriel Chung), oggi ormai prossimi al diploma e alla sospirata festa del Graduation Party. Ora la famigerata relazione di Gracie e Joe è diventata il soggetto di un film in cui Elizabeth reciterà la parte della protagonista, per cui l’attrice decide di studiare di persona la donna per comprenderla a fondo e poterla interpretare al meglio. Decisione professionalmente ineccepibile, ma che crea una situazione come minimo scomoda e poi alquanto fastidiosa, dato che la donna resta il più possibile, fino all’ultimo giorno concesso per studiare al meglio il personaggio, creando una situazione che diverrà man mano insostenibile, fino al tracollo.



Come si riesce a percepire sin dal primo istante e dal primo approccio dell’attrice nella residenza elegante della benestante famiglia, questa viene accolta da un forzato caloroso saluto di benvenuto nella vita degli Atherton-Yoo da parte della padrona di casa Gracie, momento in cui l’ospite comincia a conoscere la famiglia e nei giorni seguenti ad intervistare amici e conoscenti della coppia, tra cui proprio il primo marito della donna e il figlio avuto dal primo matrimonio, un giovanotto dal carattere spericolato, senza peli sulla lingua e dall’atteggiamento spavaldo, Georgie (Cory Michael Smith). Le domande di Elizabeth non sorprendono gli interpellati, anzi mostrano una tranquillità sorprendente, ognuno ha digerito la storia (ormai son passati tanti anni) e hanno accettato una unione che si è rivelata, al contrario delle aspettative, ben solida e duratura. Per cui nessuna sorpresa neanche nelle risposte, persino da parte dell’ex marito Tom Atherton (D. W. Moffett), ormai risposato e con altri figli. Quello che desta sospetti è il sorriso triste e vago stampato dalla malinconica (che non dà mai a vederlo) Gracie, velatura che pare nascondere qualcosa di irrequieto nell’animo. Eppure, guardando la coppia, ormai non più ritenuta anomala, li si vede felici, affettuosi, sempre innamorati, ma il film non spiega – volutamente – quali sono le persone con cui Joe scambia messaggi di nascosto. Tradisce la moglie? Ha relazioni extra? Ha smesso di amarla? Avverte ora, a 33 anni, la distanza mentale, fisica, relazionale con la donna che aveva (o il contrario?) sedotto da adolescente?



Difficile dire se Elizabeth avverte ciò, di sicuro riesce ad inserirsi tra i due e provocando sensualmente entrambi in alcune situazioni occasionali, o forse cercate abilmente dall’attrice, la quale non ha mai remore ad insistere o a capitare nel momento giusto nel luogo giusto, che sia il bagno del ristorante dove Gracie si sta truccando o il luogo dove si sta rilassando, pur di continuare la sua indagine caratteriale e ambientale per capire il personaggio da interpretare. Agli impulsi degli sguardi insistenti della giovane donna la signora Atherton-Yoo non corrisponde, o non vengono percepiti per nulla: la tocca per truccarla alla perfezione mentre l’altra la studia attentamente e, chissà, pare forse avvicinarla. Invece, se questo atteggiamento è rivolto al giovane marito, questi reagisce evidentemente già pronto per il salto fuori dal matrimonio. La decisione di Grace di far riportare Elizabeth in albergo, dopo una cena fuori casa, da parte del marito pare una provocazione o una messa alla prova, oppure semplicemente un atto di ingenuità, e l’invito a salire in camera diventa galeotto. Come ci si poteva attendere e come sembrava stesse maturando.



Elizabeth era stata sin dal primo istante il cuneo inserito all’interno della coppia, una volta discussa ma ora accettata dall’opinione pubblica, ma se lei è arrivata con intenti artistici ora è diventata la terza incomoda, è andata oltre le attese e gli intendimenti. Davvero aveva altre intenzioni? Chiaramente no. La quiete, dormiente, della famiglia, mentre sotto la cenere covava un potenziale incendio, è risultata scombussolata dall’arrivo, dalla presenza e dalle indagini conoscitive di un’attrice che si è rivelata molto perspicace, parecchio penetrante nella psicologia della coppia e dei loro familiari, tanto da sollecitare anche qualche piccata reazione della figlia maggiore Honor. Il carattere solido di Elizabeth, però, è capace di sopportare tutto pur di arrivare allo scopo della sua missione. Forse è andata oltre quello che ci si poteva attendere. Lei ne è conscia ma non fa un passo indietro, fino alla assoluta indifferenza nel veder soffrire Joe per la delusione dopo aver fatto sesso e lasciato andar via piangente: lei ha raggiunto lo scopo e ora ha in mano anche una vecchia e preziosa lettera d’amore di Gracie, essenziale e definitiva per costruire il personaggio. È qui che arriva una delle sequenze più forti e belle dell’intero film: Elizabeth recita, in primo piano davanti all’obiettivo, le parole scritte sul foglio. Intenso momento interpretativo talmente intriso di drammaticità e passione (ah, che maestro di mélo, Haynes!) da terminare piangendo e crollando sul letto.



Chi risulterà vincitore e chi vittima e perdente da questo gioco al massacro? Chi resta in piedi e chi distrutto da questo carnage che pareva un’oasi di tranquillità ed invece si rivela un dramma cannibale? Perché, che se ne dica, Gracie è una persona apparentemente fragile, ingenua, debole, che piange facilmente e si aggrappa a quel bambino cresciuto di cui si era innamorata perdutamente fino a lasciare marito e figli. Eppure, osservandola, viene il dubbio che stia recitando proprio lei. Al contrario di Joe che, crescendo, è diventato un padre meno forte dei figli, insicuro, inconsistente, una persona fondamentalmente taciturna che si impegna solamente a far nascere farfalle dai suoi bruchi.



Troppo tardi si accorgono che nella quiete di Savannah è passato un tornado chiamato Elizabeth che non ha lasciato più nulla in piedi. Maggio e dicembre sono diventati mesi di anni diversi, o di secoli diversi. Quanto è duro rinfacciarsi le responsabilità di chi ha sedotto chi! La coppia è sgretolata, le crepe sono visibili. Adesso non è più scontato ritrovare l’unione e l’armonia, Joe per la prima volta ha tradito e Gracie sente che è l’equilibrio è rotto. Intanto, il ciclone è andato via, a costruire un film sulle macerie degli altri.



Nel corso della visione ci si accorge di un paio di metafore che il regista semina per spiegare ancora di più la psicologia della coppia Gracie-Joe mediante i loro personali hobby. La scena in cui lei va a caccia con il fucile puntato è da leggere come un simbolo della sua natura predatoria e del controllo che esercita: si può leggere come il potere e la manipolazione che riesce a imporre su di lui. Il quale a sua volta ama allevare farfalle, simbolo della sua vulnerabilità e il desiderio di autonomia: questa dinamica predatore-preda è centrale nel film e viene ulteriormente enfatizzata nel finale, dove Joe cerca di liberarsi dal controllo di Gracie, simile al modo in cui libera le farfalle nella natura.



Todd Haynes giostra con le dinamiche della recitazione e dell’appropriazione di un personaggio da parte di un attore, operazioni che, in questa specifica storia, finiscono per innescare un cortocircuito tra realtà e finzione dalle conseguenze devastanti. Prova ne è quella emozionante rilettura recitata della lettera e di come ci si può immergere e travestire in un’altra persona diventandone l’alter ego. Il film affonda gli artigli sull’ambiguità e l’amoralità, come aspetti essenziali di certe storie d’amore caratterizzate da dinamiche non sempre chiarissime, e finiscono poi col portare i personaggi della storia a una riflessione sulla natura manipolatoria dei loro sentimenti reciproci. E non si può evitare di considerare quante volte e in che modo ci si rifiuta di guardare dentro se stessi e ammettere i cambiamenti, sopportandone le conseguenze. Il pianto di Joe alla vigilia della partenza per l’università dei figli gemelli denuncia solo l’impreparazione mentale e la mancanza di maturità come padre. Anche se sono considerazioni esistenziali e filosofiche, esse rientrano alla perfezione nel continuo discorso, intrapreso tanti anni fa dal regista, nell’ambito della sua rielaborazione del noir e del melò classico americano.



Qui li unisce, come ha già fatto altrove, per costruire un thriller psicologico con le atmosfere e il look di un film degli anni ‘70. Dalla colonna sonora alla fotografia, passando per le algide scenografie della casa della donna al centro dell’indagine, tutt’altro che al di sopra di ogni sospetto, Haynes mette in scena un gioco di specchi, in cui le figure dell’attrice e dell’oggetto di studio si scambiano e si trasfigurano continuamente, mischiando presunte realtà con vera finzione. Davanti allo specchio si trovano almeno due volte e in entrambe si ha l’impressione che si rassomiglino, tantissimo, truccate da Gracie fino a sembrare identiche. Se ci mettessimo a contare quante volte ha influenza uno specchio nei noir arriveremmo ad un elenco lunghissimo.



Come sempre, il regista fa affidamento al commento musicale, presente in maniera preminente senza mai essere invadente, ma dando invece una maggiore dote di drammaticità, specialmente negli stacchi tra le scene, creando continuamente un’atmosfera ansiogena, anche nei momenti in cui non dovrebbe accedere nulla di importante, ma preannunciando la crescente tensione tra i personaggi e nei vari contesti narrativi. La sceneggiatura e i dialoghi di pregio scritti da Samy Burch esaltano le incertezze di alcune figure e delle varie situazioni, nonostante alcuni mostrino certezze più a parole che nei fatti: “Le persone insicure sono molto pericolose, non trovi? Io sono sicura di me. Fa in modo che si veda.” dice Gracie nell’ultimo incontro dopo aver saputo che il figlio di primo letto ha riferito all’altra un clamoroso e terribile segreto di famiglia. E intanto la saluta per essere certa che se ne andrà. Finalmente. E riparte, ancora una volta, il leitmotiv che domina il film, tragico, incombente, struggente. Elizabeth resta immobile, a bocca aperta, turbata: che avrà voluto dire? Che influenza potrà avere nell’immedesimazione che deve affrontare sul set? L’ultima sequenza è quella delle prove sul set del film che hanno cominciato a girare in cui l’attrice diventa si fa seduttrice nel retro del negozio di animali in cui il suo personaggio aveva fatto assumere il giovanissimo studente.



Musica e sceneggiatura creano in modo fantastico le premesse, come i costumi e la fotografia, e di conseguenza Todd Haynes guida con acume due attrici meravigliose, traendo da loro il massimo delle loro capacità. Julianne Moore si esprime, con grande bravura, come schiacciata tra la sua isteria che la porta facilmente al pianto e la forte volontà di dominare e sorvegliare ogni minima situazione e dà ordini a tutti, specialmente in occasione di party e barbecue.  E di sembrare sempre felice. Anche questa volta la sua recitazione è magnifica, precisa per raffigurare un ruolo non facile, intensamente votata a rappresentare un carattere complesso. Chi ho ammirato di più è però la fantastica Natalie Portman, qui al meglio di sé come non mai, che si presenta in prima battuta seminascosta da una frangetta come a mimetizzarsi tra gli sconosciuti per poi aprirsi in una pettinatura più solare, con il sorriso accattivante, riconosciuta dai fans dei suoi film mentre si adopra per indagare in città alla scoperta dei vecchi pettegolezzi sull’anomala coppia di vent’anni prima. Attrice oramai matura per ogni tipo di ruolo, superlativa! Una coppia di attrici, comunque, in ottima forma, che innalzano la qualità dell’intera opera, al servizio di un grande regista.

Bellissimo e intenso film. Da guardare e studiare con calma e attenzione per non farsi sfuggire il sotterraneo, facendosi ingannare dalla superficie instabile.



Riconoscimenti (tra 45 premi e 173 candidature):

Premio Oscar 2024

Candidatura per la miglior sceneggiatura originale

Golden Globe 2024

Candidatura per il miglior film commedia o musicale

Candidatura per la miglior attrice in un film commedia o musicale a Natalie Portman

Candidatura per il miglior attore non protagonista a Charles Melton

Candidatura per la migliore attrice non protagonista a Julianne Moore



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