Momenti di trascurabile felicità (2019)
- michemar
- 23 set 2019
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 14 giu 2023

Momenti di trascurabile felicità
Italia 2019 commedia 1h33'
Regia: Daniele Luchetti
Soggetto: Francesco Piccolo (romanzi)
Sceneggiatura: Francesco Piccolo, Daniele Luchetti
Fotografia: Tommaso Fiorilli
Montaggio: Claudio Di Mauro
Musiche: Franco Piersanti
Scenografia: Marta Maffucci
Costumi: Massimo Cantini Parrini
Pif: Paolo
Thony: Agata
Renato Carpentieri: impiegato del Paradiso
Franz Cantalupo: Giuseppe
Vincenzo Ferrera: Carmine
Angelica Alleruzzo: Aurora
Francesco Giammanco: Filippo
TRAMA: A Paolo viene concesso, dopo la sua morte, di tornare sulla terra per un'ora e trentadue minuti: novantadue minuti di bilanci. Avrà il tempo di fare i conti con le cose importanti della propria vita, o gli torneranno in mente solo momenti di trascurabile felicità?
Voto 6

Vivendo le nostre vite non ci pensiamo mai, trascuriamo, voglio dire, tanti piccoli particolari che meriterebbero molta più attenzione e cura da parte nostra. Invece sorvoliamo spensieratamente su quegli attimi di sorrisi, affettuosità, oppure di sgarbi fatti all’amico di sempre, al figlio o alla persona più cara che abbiamo, per esempio il partner. Momenti trascurati, istanti vissuti sovrappensiero, forse persino che dimentichiamo immediatamente. Poi, magari, se ci rendiamo conto che la vita, anche se pare lenta, finisce – prima o poi è inevitabile – vorremmo rivivere ogni secondo, tutti ma proprio tutti, per rigustarli e sfruttarli per rimediare agli errori e perché no per allungare una esistenza che sappiamo non si può protrarre.

Il film di Daniele Luchetti è un’opera leggera ma nello stesso tempo profonda, è in buona sostanza una commedia seria, termine che può sembrare un ossimoro ma che indica molto del contenuto. Si può essere leggeri e seri benissimo e quindi riuscire meglio nella operazione di parlare di un argomento serio e farsi leggere/ascoltare senza risultare pesanti e monotoni. Tratto da due romanzi che l’autore Francesco Piccolo, qui anche sceneggiatore, figura che spesso ricopre nel cinema, che porta anche in teatro (Momenti di trascurabile felicità e Momenti di trascurabile infelicità) e quindi condensato in un unico film, aveva bisogno sicuramente di un attore che riuscisse a sposare le due facce di quella medaglia di cui sopra: l’ironia e la tristezza unite alla serietà dell’argomento. Pif non è che sia veramente un attore, perlomeno professionista con delle capacità classiche: lui sa essere naturalmente leggero e sorridente – sin dall’espressione degli occhi chiari – anche mei momenti difficili e qui trova terreno fertile per la sua personale esibizione. È come un attore naïf, genuino e senza sofismi attoriali e per il ruolo del protagonista del film è risultato ideale, almeno per ciò che sicuramente Luchetti cercava. Devo dire che è risultato perfetto, come d’altronde è stata la partner femminile, Thony, che avevo tanto apprezzato per il simpaticissimo Tutti i santi giorni. Ovvio che il mattatore sia Pif (è in pratica sempre in scena), che si porta dietro, fin dentro il suo personaggio, tutti i dubbi, tutte le incertezze che lo caratterizzano anche nella sua attività televisiva, sempre sorridente e simpaticamente insicuro. Le frasi del libro ripetute nel film ne sono una esemplare dimostrazione.
"Come faccio a prendere un martello frangivetro all’interno di una bacheca di vetro, se non con un altro martello frangivetro o con qualsiasi altra cosa frangivetro?”

Qual è il giorno, il preciso momento che è stato prefissato per la nostra morte? È sicuro che è fisso, che non si può trovare un sistema per ritardarlo, che eventualmente lassù è stato commesso un errore e non era proprio quello l’istante destinato? È più o meno quello che succede a Paolo, che a Palermo sa attraversare gli incroci con i semafori rossi con una tale sincronia perfetta che sfugge da sempre all’incidente che può succedere. Sempre. L’importante è che calcoli al centesimo di secondo il passaggio con il suo motorino. Non deve sbagliare, non sbaglia mai, tranne un giorno. Ecco, ci siamo, è arrivato il maledetto momento stabilito lassù. Solo che stavolta i vari angeli-funzionari addetti a questo servizio hanno commesso un errore e a Paolo spetterebbe un prolungamento di vita di ben… 1 ora e 32 minuti! E che ci fa in poco più di un’ora e mezza di vita? Riesce a mettere a posto gli affari lasciati a metà? Riesce a sistemare le faccende rimaste in sospeso, tipo pagare le spese condominiali già scadute? Vengono in mente tanti particolari trascurati: il “ti amo moltissimo” non sufficientemente detto chiaro alla moglie Agata, i minuti non concessi ai figli con i giochi da tavolo o con le visite in piscina e via dicendo. Ah, quante cose avremmo dovuto fare meglio e con più dedizione! Quanto di tutto ciò si può recuperare in 1 ora e 32 minuti concessi in surplus?

È una corsa alla riparazione, al riempimento delle lacune lasciate, ma tant’è! La faccia sorridente di Pif/Paolo è cambiata: le sue sopracciglia sono in discesa, esprimono tristezza, anche i figli si accorgono che ha una espressione malinconica. E non può che essere che così. Necessita anche gustare questi pochi minuti la vicinanza della moglie Agata che ovviamente si meraviglia di tale atteggiamento improvviso. Il film è qui che gioca, con rimandi e ricordi di tradimenti, di mancate occasioni, di tempi andati, di gioventù passata. Sì, diventa un po’ malinconico anche il film, come un gioco al ricordo.

Tutto bene? tutto riuscito? Beh, qualcosa non ha funzionato completamente, perché si cade in qualche sequenza lenta, di attesa, di orpello, lasciato nelle mani della simpatia naturale di Pif e della naturalezza della presenza fisica della bella Thony, il cui sorriso con fossette allegato strega lo spettatore. All’inizio il film promette molto e piace anche, si stabilizza su binari sicuri ma poi ogni tanto dà la possibilità di distrarsi perché non regge come premesso. Il finale, che non va assolutamente spoilerato, mi ha lasciato alquanto perplesso in quanto l’ho trovato piuttosto timido e troppo comodo, forse perfino inconcludente. La sufficienza la raggiunge comunque, perché di certo è un film che si lascia vedere: ma si sa che con Daniele Luchetti non si rimane mai né delusi né eccitati. Il suo cinema è appunto leggero e profondo, anche con storie minime come questa, come sempre. È la sua caratteristica. Una menzione a parte (ormai è d’obbligo tutte le volte) per Renato Carpentieri, che sta vivendo un momento magico della sua lunghissima carriera e recita sempre da maestro: è lui il funzionario-angelo che sorveglia e ha il compito di riportarsi via il quasi morto.

Perché quel titolo?
“Ma se la Morte fa errori, possiamo sbagliare anche noi? Gli errori siamo noi. Quando abbiamo finito di sbagliare finisce la vita, che è solo un brandello di tempo fatto di momenti di trascurabile felicità.”
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