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Non ci resta che vincere (2018)

Aggiornamento: 20 gen


Non ci resta che vincere

(Campeones) Spagna 2018 commedia 2h4’


Regia: Javier Fesser

Sceneggiatura: Javier Fesser, David Marqués

Fotografia: Chechu Graf

Montaggio: Javier Fesser

Musiche: Rafael Arnau

Scenografia: Javier Fernández

Costumi: Ana Martínez Fesser


Javier Gutiérrez: Marco Montes

Athenea Mata: Sonia

Juan Margallo: Julio

José de Luna: Juanma

Sergio Olmo: Sergio

Luisa Gavasa: Amparo

Jesús Vidal: Marín

Gloria Ramos: Collantes

Alberto Nieto Fernández: Benito

Julio Fernández: Fabián

Jesús Lago: Jesús

Fran Fuentes: Paquito

Stefan López: Manuel

Roberto Chinchilla: Román

Daniel Freire: Carrascosa

Jorge Galerón: Yepes

Itziar Castro: madre di Jesús


TRAMA: Marco è l'assistente dell'allenatore di una squadra di basketball tra le più quotate di Spagna. Il suo cattivo atteggiamento è però spesso foriero di infiniti problemi per lui stesso. Un giorno, le sue frustrazioni portano a una rissa con l'allenatore e, mettendosi ubriaco alla guida, ha un incidente che finisce per condurlo dritto in tribunale. Perde così lavoro e fidanzata ed è costretto dalla corte ad allenare una squadra di giocatori disabili.


Voto 7

Di storie di redenzione è pieno l’elenco dei film che si conoscono, in vari campi, spesso tragedie altre volte commedie che però fanno ugualmente riflettere. Forse sono opere anche fin troppo facili, ma lo scopo importante è quello di indicare le circostanze che tante volte riportano sulla retta via chi ha preso una sbandata. Oppure quello di spiegare le cause che hanno causato gravi e permanenti danni ai neonati o forti e condizionanti traumi mentali ai bambini. Moralismo facile, si potrebbe dire, ma i film fioccano di continuo. Per esempio, vediamo quello che succede al protagonista del film.

Marco Montes è un allenatore di basket che lavora come secondo in una importante squadra del campionato ma ha grossi problemi professionali e di coppia, situazione che lo ha reso arrogante e maleducato. Dopo un litigio in cui è venuto alle mani a bordo campo con il capo, tornando alla casa della madre, dove vive da quando è andato via dalla moglie, tampona l’auto della polizia che lo stava fermando per evidente stato di ebbrezza. Colpevole, si ritrova condannato dal tribunale a 18 mesi di detenzione, con una migliore alternativa: 90 giorni di lavori socialmente utili, cioè tre mesi di prestazioni nei servizi sociali. Data la sua esperienza e predisposizione, viene assegnato ad allenare una squadra di pallacanestro di giovani affetti da handicap intellettivi, con seria difficoltà di apprendimento. Sono bravissimi ragazzi ma ognuno con i suoi problemi, certamente difficili da educare per uno sport così di movimento e abilità sportiva. Ma sono anche ricchi di molte doti umane, disponibili, generosi, buoni di cuore: Manuel, Paquito, Jesús, Sergio, Fabián, Juanma, Benito, Marin e Collantes (quest’ultima una ragazza con grinta da vendere) provengono da famiglie di vario genere e molti di loro lavorano anche. Principalmente ognuno ha una passione che coltiva con costanza: chi coltiva piante a cui parla, chi è un ottimo meccanico, chi ama gli animali che salva quando in pericolo, chi semplicemente fa il lavapiatti in un ristorante. Una cosa chiara è che sono e possono essere tutto, tranne che una squadra. Ed è esattamente quello che viene richiesto dal vecchio responsabile della palestra che loro frequentano a MarcoMontes, che invece non vede l’ora di scontare la pena e scappare via.

Riluttante, ma anche spaventato da un compito così arduo – i ragazzi devono affrontare un torneo di basket nell’ambito delle iniziative a loro dedicate -, Marco si trova costretto ad accettare, cercando di fare il minimo indispensabile e sparire. Ed invece. Invece si ritrova travolto dalle emozioni provocate dalla genuinità di quei ragazzi. Uno alto e magro, l’altro grasso, chi fa fatica a correre, chi ogni tanto resta bloccato, chi ha paura dell’acqua per un problema vissuto da bambino e puzza da non poter essere abbracciato, chi ha necessità di gesti di affetto. Sono una dozzina ma ognuno con le sue particolarità, dei singoli che stanno bene assieme ed insieme formano una squadra chiamata "Los Amigos" e lo sono davvero dal momento che non litigano mai, si vogliono bene e si punzecchiano amichevolmente.

Lo schema seguito da Javier Fesser è classico che più classico non si può: il protagonista è riottoso ad assolvere al suo compito, non sopporta quegli individui, poi si abitua, simpatizza, si impegna, comincia a voler loro bene, arrivano i risultati, giungono perfino alla finale nazionale! Quindi tutto scontato, già visto, si può andare oltre? Assolutamente no! Il film merita tutta l’attenzione e il giudizio molto positivo per diversi fattori. Prima di tutto quei ragazzi hanno dentro una simpatia così straripante che lo spettatore non può fare a meno di amarli, nessuno escluso, anche perché il regista ci dà modo di conoscerli bene tutti, concedendosi ben due ore di film; secondo perché gli attori (in primis gli stessi giovani) sono bravissimi e spontanei; terzo perché Javier Gutiérrez, notissimo protagonista di tanti film iberici ma di ben altro genere e tenore, ha un istinto attoriale sorprendente brillante che basta e avanza; terzo, ma soprattutto, è un film così simpatico e divertente che si ride di gran gusto per la maggior parte della durata. E la sorpresa è proprio lì: chi se lo poteva attendere così spassoso? Inutile dire che ci si commuove anche un po’. Il ravvedimento, la felicità finale, il “vogliamoci sempre bene”, la lacrimuccia dell’addio fanno sì che il film possa sembrare un po’ troppo buonista, ma questo peccato si rivela veniale e del tutto trascurabile in quanto totalmente sovrastato dalla semplicità e dalla simpatia del film, dai dialoghi divertenti scritti con intelligenza, con quel minimo di politicamente scorretto che fa bene al cuore. E fa bene anche che questo processo di espiazione e rinascita sia utile a Marco, perché sarà il suo toccasana privato e lo aspetterà soprattutto una nuova vita non solo professionale, ma anche con la moglie che ha sempre voluto un figlio.

Difficile scegliere il personaggio migliore e l’attore più bravo: sono davvero una squadra al servizio di un obiettivo importante, che non va menzionato, altrimenti si cade nella retorica. Bel progetto anche in questo.

Anormale a chi?

Riconoscimenti

2019 - Premio Goya

Miglior film

Miglior attore rivelazione a Jesús Vidal

Miglior canzone

Candidatura per il miglior regista a Javier Fesser

Candidatura per il miglior attore protagonista a Javier Gutiérrez

Candidatura per il miglior attore non protagonista a Juan Margallo

Candidatura per la migliore attrice rivelazione a Gloria Ramos

Candidatura per la miglior sceneggiatura originale

Candidatura per la miglior produzione

Candidatura per il miglior montaggio

Candidatura per il miglior sonoro


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