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Parasite (2019)

Aggiornamento: 1 ago 2023


Parasite

Corea del Sud 2019 dramma 2h12’


Regia: Bong Joon-ho

Sceneggiatura: Bong Joon-ho, Han Ji-won

Fotografia: Hong Kyung-pyo

Montaggio: Yang Jin-mo

Musiche: Jung Jae-il

Scenografia: Lee Ha-jun

Costumi: Choi Se-yeon


Song Kang-ho: Kim Ki-taek

Lee Sun-kyun: sig. Park

Cho Yeo-jeong: Choi Yeon-kyo

Choi Woo-shik: Kim Ki-woo

Park So-dam: Kim Ki-jung

Lee Jung-eun: Gook Moon-gwang

Park Myeong-hoon: Geun-se

Chang Hyae-jin: Kim Chung-sook

Jung Ziso: Park Da-hye

Jung Hyeon-jun: Park Da-song

Park Seo-joon: Min-hyuk


TRAMA: Tutta la famiglia di Ki-taek è senza lavoro. Ki-taek è particolarmente interessata allo stile di vita della ricchissima famiglia Park. Un giorno, suo figlio riesce a farsi assumere dai Park e le due famiglie si ritrovano così intrecciate da una serie di eventi incontrollabili.


Voto 8,5

L’antico detto recita che la vita è fatta a scale: c’è chi scende e chi sale. Anche questo film è fatto a scale, anzi “di” scale, quelle che la famiglia Kim deve scendere ogni volta che entra in casa e quelle che nella villa dei Park porta nel sotterraneo segreto. Scale che vediamo scendere e salire di continuo, specialmente nel lungo e frenetico finale, dove assistiamo alla durissima e alla più classica rappresentazione allegorica della guerra tra poveri, tra fracassamenti di crani, strangolamenti, rovinose cadute lungo i gradini, corpi imprigionati. Come nella migliore raffigurazione sociale della lotta tra morti di fame che litigano per un osso da spolpare, i pretendenti rivali al servizio nella fastosa villa Park se le danno di santa ragione, con l’unica differenza che stavolta non godono i terzi (ricchi), perché ignari delle lotte sotterranee.


Il 50enne Bong Joon-ho presentando l’ultimo film dà un segnale evidente della sua maturità di autore. Dimostra infatti come voglia occuparsi, sempre alla sua personale maniera, dei problemi sociali del suo Paese e non solo. A differenza delle opere precedenti il modo di spiegarcelo sta mutando e in meglio, più maturo appunto. La fotografia iniziale è semplice: poveri di qua, ricchi di là, i primi confinati in un seminterrato puzzolente che marchia gli inquilini con il suo cattivo e persistente odore, i secondi separati da un muro per proteggere la privacy delle sontuose ville con parco, dove ogni desiderio è soddisfatto senza batter ciglio. Se la ricca famiglia Park ha semplicemente il problema di trovare i migliori insegnati privati per i loro due figli, dall’altra parte della barricata classista la famiglia Kim non sa come sbarcare il lunario, problema che comunque riescono sempre a risolvere grazie alla loro grande inventiva e creatività. Anche se di primo acchito, sin dalla scena introduttiva, pare che il loro vero problema siano i giga: sì, un collegamento wi-fi disponibile nelle vicinanze a cui agganciare i loro smartphones.

Da questo seminterrato maleodorante, la famiglia di Kim Ki-taek escogita quotidianamente espedienti per trovare lavoretti che facciano entrare un po’ di denaro in casa, lavori di qualsiasi natura e con qualunque mezzo, lecito e poco lecito. A vedersi è una bella e armoniosa famiglia, allegra e unita, a cominciare da quel simpaticone del padre, una persona che non si perde mai d’animo. Sono perfino molto simpatici, anzi il quadretto familiare - a suo modo geniale - ci mette tanta ingegnosità e furbizia nelle trovate illegali da truffatori incalliti che noi spettatori ci sentiamo disposti a perdonarli di tutto. Però quando iniziano i guai e la situazione precipita vieppiù, i quattro perdono la lucidità, commettendo tanti errori, anche gravi, fino al tracollo tragicomico e cruento. È comunque una guerra a parità di soldati, quella tra le famiglie Kim e Park: sono quattro e quattro, come se ognuno dei Kim possa prendere cura di ogni Park. In quale maniera è molto semplice per gli ingegnosi Kim: il figlio non laureato si fa assumere come insegnante per la figlia adolescente, la sorella come esperta d’arteterapia per il bimbo problematico, il padre come autista, la madre come governante. Non c’è che dire: le invenzioni che vengono in mente ai quattro furfanti per poter insinuarsi nella villa e nella vita agiata della famiglia benestante sono di rara genialità e soprattutto ben organizzate. Viene in mente la famiglia di Felice Sciosciammocca (dell’imprescindibile Totò) quando si presenta tutta in ghingheri in casa del ricco don Gaetano in Miseria e nobiltà.

Sorprendente in più riprese, il film è una commedia nerissima che serve a Bong Joon-ho per riparlare del conflitto di classe, proprio come il precedente Snowpiercer (recensione), con la sostanziale differenza che in quest’ultima occasione ci mette una dose massiccia di sarcasmo, a piene mani, distorcendo la ribellione dei disgraziati e facendola diventare feroce e senza recriminazioni: va attuata senza discutere, ne va di mezzo la sopravvivenza spicciola che soddisfa l’anima e la mente di chi non ha mezzi ma tanta voglia di vivere alla grande come i ricchi. Questi ultimi saranno pure facoltosi ma sono sempre annoiati e malinconici, addirittura insoddisfatti, al contrario dei Kim che invece sono festosi e ottimisti nonostante le difficoltà, a cui pongono sempre rimedio. Sempre in equilibrio sul filo d’acciaio a barcamenarsi allegramente tra un raggiro e una cena in famiglia, una frode e una dormita. L’essere giunti all’apice della loro carriera di imbroglioni nella casa dei Park sembrava un traguardo impensabile solo qualche giorno prima. Le prime vere difficoltà arrivano perché – e tutto ciò è umano e comprensibile - c’è ovviamente gente ancor più disperata di loro. Perché, come ben si sa, non è chiaro e stabilito quante sono le classi sociali e fino dove si può arrivare scendendo tutta la scala (rieccoci con le scale!): c’è appunto chi vive in un seminterrato e spera di salire quei gradini, ma c’è anche chi vive nei sotterranei per non farsi ritrovare dai creditori e sogna un giorno di risalire la maledetta scala. Più si scende e più si è disperati e pronti a tutto, mentre alla luce del sole il ricco neanche si accorge del sottobosco umano, dell’underground sociale. Non ci riesce proprio. Al massimo può essere infastidito dal flusso maleodorante che passa accanto.

Divertente in molti travolgimenti, il film diventa inevitabilmente cruento per dare la giusta crudeltà al conflitto sociale, tanto da farci restare allibiti. È davvero originale, è molto diverso da ciò che ci si potrebbe aspettare: ancora una volta Bong Joon-ho sa gestire situazioni paradossali e pone l’obiettivo della camera da presa dalla parte degli ultimi e ci fa guardare da quella scomoda posizione il mondo come gira e come questi potrebbero capovolgere la situazione, o perlomeno come sfruttarla a proprio vantaggio, sia pure momentaneamente. Se nell’ipercolorato/iperbrunito film di riferimento (Snowpiercer) i diseredati cercavano nel lungo e velocissimo treno di guadagnare vagone dopo vagone le agiatezze dei privilegiati che viaggiavano in prima classe, qui gli affamati si insinuano nella famiglia che vogliono sfruttare, ma senza sostituirli, solo per poterne approfittarne comodamente.

Spiega il bravissimo Bong Joon-ho: “Penso che la riflessione sul divario tra classi sociali non riguardi solo la Corea o i registi coreani. Mi riferisco, per esempio, a Ken Loach, o a Hirokazu Kore-eda con un’opera come Un affare di famiglia (recensione): anche questi lavori si concentrano sull’abisso sempre più ampio che separa gli estremi della piramide sociale. Come filmmaker non posso evitare di commentare ciò che accade: nella fattispecie la Corea nell’ultimo decennio è diventata una nazione molto ricca e il gap tra chi ce la fa e chi no si è di conseguenza allargato, anche da un punto di vista psicologico, oltre che strettamente economico. Ma nessuno è totalmente buono o malvagio, c’è sempre una zona grigia in mezzo, tutta da esplorare.”

Si ridacchia spesso nella prima parte ma amaro e ci si sorprende inorriditi nella seconda, ma ci scopriamo divertiti, perché quando un autore ci porta sull’uscio del diverbio violento e poi al corpo a corpo sanguinolento (quasi dell'exploitation, a pochi passi dallo splatter comico) ma con serissimi intenti sarcastici, la risata seppellisce tutto, anche il disgusto. È il sangue del paradosso quello che schizza, è la violenza del fallimento dei sogni infranti, è il conflitto di classe fatto carne a cui non credono neanche gli stessi partecipanti, sbigottiti dal loro inaspettato comportamento. Bong Joon-ho è abilissimo a creare questa situazione e i suoi attori sono dotati, simpatici e genuini, sia i più giovani (ammirevoli) che i più maturi, ben affiatati col regista, ad iniziare da quel vecchio volpone delle scene chiamato Song Kang-ho che lo frequenta da diversi anni.


Dark comedy con premi a pioggia!

Riconoscimenti

2020 - Premio Oscar

Miglior film

Miglior film internazionale

Miglior regista

Migliore sceneggiatura originale

Candidatura per la migliore scenografia

Candidatura per il miglior montaggio

2020 - Golden Globe

Miglior film in lingua straniera

Candidatura per il miglior regista

Candidatura per la miglior sceneggiatura

2020 - Premio BAFTA

Miglior film non in lingua inglese

Migliore sceneggiatura originale

Candidatura per il miglior film

Candidatura per il miglior regista

2019 - Festival di Cannes

Palma d'oro

Prix des Cinémas Art et Essai (AFCAE)

Menzione d'onore al Prix Vulcain de l’Artiste Technicien alla scenografia



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