Picciridda - Con i piedi nella sabbia (2020)
- michemar
- 22 feb 2021
- Tempo di lettura: 5 min

Picciridda - Con i piedi nella sabbia
Italia 2020 dramma 1h35’
Regia: Paolo Licata
Soggetto: Catena Fiorello (‘Picciridda’)
Sceneggiatura: Catena Fiorello, Paolo Licata, Ugo Chiti
Fotografia: Lorenzo Adorisio
Montaggio: Maurizio Baglivo
Musiche: Pericle Odierna
Scenografia: Paolo Previti
Lucia Sardo: nonna Maria
Marta Castiglia: Lucia, picciridda
Ileana Rigano: zia Pina
Katia Greco: Rosamaria
Federica Sarno: Lucia adulta
Loredana Marino: zia Franca
Claudio Collovà: zio Saro
Tania Bambaci: Cettina
Nicoletta Cifariello: Natalina
Maurizio Nicolosi: Aldo
TRAMA: La piccola Lucia è una bambina di undici anni, mora e tutt’ossa. A Leto, il piccolo villaggio di pescatori in cui vive, per quelli che la conoscono lei è “a picciridda”. È una mattina tempestosa quella in cui i suoi genitori, Cettina e Giuseppe, sono in partenza per la Francia, dopo aver accettato un lavoro al ristorante di uno zio emigrato anni prima. La lontananza dai genitori e la convivenza con la nonna si rivelano più faticose del previsto. La piccola intuisce pian piano che nel torbido passato della nonna deve essere accaduto un evento traumatico e sconvolgente che ha portato la donna ad essere acida e ostile con chiunque la circondi, soprattutto con una delle sue due sorelle, Pina, una zia per la quale invece Lucia sente un certo affetto.
Voto 7

Da un romanzo di formazione di Catena Fiorello un film di crescita. Quella di Lucia, una ragazzina sveglia e intelligente molto affezionata alla sua famiglia, in particolare alla mamma da cui purtroppo un giorno sarà lasciata, affidata alla nonna quando con il marito e il figlio più piccolo deve partire emigrante per la Francia. È la protagonista di una storia ambientata nella bellissima Sicilia degli anni Sessanta, in un paesino di pescatori sul litorale tra Catania e Messina, Leto, dove predomina la vita povera di gente che si affida agli auspici di una delle tante Madonne che proteggono le varie località da cui prende il nome. Lei è al centro della storia ma non è l’unica protagonista, perché accanto a lei c’è una donna dalla presenza costante e forte, la nonna, appunto, nonna Maria, vedova da molto tempo, caratterizzata da un caratteraccio che in molti non sopportano. È la storia di Lucia, da tutti chiamata “picciridda” ma quella nonna non passa mai in secondo piano: difficile dire di quale protagonista si parli nel bel film di Paolo Licata.

Non è certo un mistero né un’accusa di arretratezza se consideriamo che in quegli anni la Sicilia aveva una certa mentalità castigata, come tante volte è stata dipinta, e la vita della gente era quella che era, a maggior ragione in un paesino così piccolo dove molti son parenti e soprattutto ognuno è al corrente dei fatti di tutti. Difficile mantenere un segreto, difficoltoso avere rapporti nascosti con un’altra persona, come una ragazza con un uomo sposato, senza che poi diventi di dominio pubblico. Dopo il distacco drammatico dalla mamma, la piccola soffre molto a vivere da sola con la nonna che non le perdona nulla, né un ritardo a tavole né una reazione poco educata ad un suo ordine: i suoi comandi perentori, la disciplina e la solitudine, le serate passate sedute davanti all’uscio che è già sabbia della spiaggia, le stelle come passatempo, sono la vita dell’anziana donna ma per la picciridda non è ciò che sognava, per di più senza il conforto e l’affetto dei suoi familiari. La promessa che si rivedranno a Natale è così vaga che man mano che la festa si avvicina sembra sempre più improbabile che avvenga. Lucia si rassegna poco ma tant’è, si adatta alla dura convivenza con la nonna anche se spesso le capita di buscarle per una disobbedienza o un atto di ribellione. Il suo unico sfogo e svago è la scuola, dove però solo una compagna di classe diventa sua amica, al contrario del resto delle ragazzine che la prendono in giro sia per la manifesta povertà che per il fatto di non vivere più con i genitori.

Cercar fortuna all’estero è sempre stata una soluzione alla povertà italiana del Sud e così è successo per i parenti di Lucia, che sogna sempre di poterli rivedere e, chissà, andare a trovarli. L’austera vita con la nonna ha forti limiti, prima di tutto quello di frequentare la famiglia della sorella di nonna Maria, e il perché lei non lo rivela mai se non in una tremenda circostanza, che poi è la chiave di lettura dell’astio che questa donna ha sempre portato verso la sorella e soprattutto verso suo marito, un pescatore che si mostra gentile verso la giovane Lucia ma che dimostra anche fin troppo interesse. I suoi sguardi lanciano messaggi di cattiva interpretazione. La tragedia arriverà puntuale, per fortuna anche in coincidenza della sospirata partenza per la Francia della ragazzina.

La giovanissima è interpretata molto bene dalla esordiente e sorprendente Marta Castiglia, una bella sorpresa: dimostra sicurezza nelle espressioni e nel modo di recitare in generale. Nessun tentennamento, nessuna finzione di felicità o tristezza mal riuscita, ogni sequenza è portata a termine con sicurezza e l’interpretazione risulta alla fine spontanea e realistica. Davvero brava. Ma chi domina nella storia e chi domina come recitazione è ovviamente la eccellente Lucia Sardo nel ruolo della nonna Maria. È un’attrice di razza, dalla grande esperienza, di grande efficacia, doti senza le quali non avrebbe saputo interpretare una donna di gran carattere come ha saputo fare lei.

Il vero artefice di questa piccola ma interessante opera è comunque il regista Paolo Licata che dopo aver ricoperto il ruolo di assistente alla regia in diversi set cinematografici, tra cui quello de Il sole nero di Krzysztof Zanussi e Rosso Malpelo di Pasquale Scimeca, esordisce prima con un corto (The Novel) e quindi con questo riuscito lungometraggio. Da buon siciliano (è nato a Palermo) ha prodotto un’opera d’amore per la sua terra fotografandola meravigliosamente non solo dal punto di vista visivo ma anche da quello sociale e umano, scegliendo facce e corpi da studio antropologico, inquadrandoli con un obiettivo indagatore dei sentimenti più umani e più intimi, donandoci la sensazione di poterli guardare dentro. Primi piani sui visi e sulle mani, come quelle della nonna Maria che per mestiere pulisce e veste le salme dei morti del paese, li prepara con cura amorevole, come per accompagnarli nel loro ultimo viaggio, infilando la foto della vedova nel taschino della giacca degli uomini affinché, nel Paradiso, non guardi altre donne e si ricordi invece della moglie. Così spiega il suo lavoro alla nipotina che la teme ma che col tempo le si è affezionata, capendo che l’atteggiamento così severo che ha nei suoi confronti serve solo ed unicamente a proteggerla e ad insegnarle che il mondo è cattivo, che può subire il male anche da chi non se lo aspetta. Ed avrà ragione. La povertà, l’emigrazione necessaria, il mare come fonte di lavoro e cibo, il sole della Sicilia, la sabbia. Quella che dà sensazioni di pace quando affondi le dita dei piedi e senti i granelli freschi e umidi del mattino, che trasmette il contatto con la natura al corpo e quiete allo spirito. Perché quando avverti quella emozione ti accorgi di quanto sei legata alla tua terra.

Il piccolo cinema italiano d’autore ogni tanto riserva qualche bella sorpresa.
Abitavo in un paese affacciato sul mare, e mi sentivo la figlia della gallina nera. E non una qualunque, ma la nera più nera che si potesse immaginare. Le bambine fortunate, invece, quella a cui era capitato un destino diverso, erano figlie delle galline bianche.
Ma questa è un’altra storia.
(‘Picciridda’, di Catena Fiorello)
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