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Povere creature! (2023)

Povere creature!

(Poor Things) Irlanda/UK/USA/Ungheria 2023 commedia 2h21’

 

Regia: Yorgos Lanthimos

Soggetto: Alasdair Gray (romanzo)

Sceneggiatura: Tony McNamara

Fotografia: Robbie Ryan

Montaggio: Yorgos Mavropsaridis

Musiche: Jerskin Fendrix

Scenografia: Shona Heath, James Price

Costumi: Holly Waddington

 

Emma Stone: Bella Baxter / Victoria Blessington

Mark Ruffalo: Duncan Wedderburn

Willem Dafoe: dott. Godwin “God” Baxter

Ramy Youssef: Max McCandles

Christopher Abbott: Alfie Blessington

Kathryn Hunter: Madame Swiney

Jerrod Carmichael: Harry Astley

Hanna Schygulla: Martha von Kurtzroc

Suzy Bemba: Toinette

Margaret Qualley: Felicity

 

TRAMA: Nella Londra dell’epoca vittoriana, la defunta Belle Baxter viene riportata in vita dal brillante e poco ortodosso scienziato Godwin Baxter. Affamata della mondanità che le manca, Bella fugge con Duncan Wedderburn, abile e dissoluto avvocato che la coinvolge in una travolgente avventura attraverso i continenti. Libera dai pregiudizi del suo tempo, Bella è sempre più decisa nel suo proposito di difendere l'uguaglianza e l’emancipazione.

 

Voto 7



La trasformazione psicologica che segna il percorso mentale della protagonista (assoluta, va precisato) da quando il dottor Godwin Baxter trapianta il cervello della neonata che porta in grembo nel cranio di quella che chiamerà Bella, fino alla sua maturazione a donna piena e consapevole, lo trovo parallelo al tragitto artistico di Yorgos Lanthimos. Alla stessa stregua del regista - partito da piccoli film (Kinetta lo si può definire disarmante e sperimentale per come dispone e atteggia i suoi attori, ma essenzialmente ossessivo), passando per quelli che forse restano le sue migliori opere,  Dogtooth e The Lobster, oltre a Alps - che errore che sia caduto nell’oblio del mercato!) originalissimi e rivoluzionari, giunge ad altri provocatori film che prima destano meraviglia per la fantasia e la singolarità delle trame, poi provocano osservazioni e reazioni divisive - alla stessa stregua, dicevo, pare l’evoluzione dello scorcio scatenato della vita di questo essere rigenerato in sala operatoria dallo scienziato, il quale, ri-dando la vita alla donna, viene chiamato, confidenzialmente e non a caso, “God”. Se, quindi, il cammino produttivo del regista meraviglia e stimola attenzione, altrettanto si può dire di quello che combina Bella nella sequenza dei suoi atti liberatori e disinibiti, non solo come affermazione della propria personalità ma anche per godere delle gioie che le può offrire il proprio corpo: il buon cibo (che se non le piace, lo sputa), l’alcol, appena lo scopre, il denaro, ma soprattutto – nel senso di al di sopra ad ogni cosa – il sesso. Libero e appagante. Molto appagante.



D’altronde, ciò che le succede ben presto, con un cervello da bambina che non conosce nulla e impara alla svelta ciò che vede, ascolta e intuisce, ma con il corpo di adulta, come si possono conciliare gli innocenti pensieri con gli organi sviluppati che già si ritrova? Semplice: appena capisce cosa può fare da sola, si masturba nella maniera più innocente che si possa immaginare. Anzi, anche meravigliandosi che gli altri la rimproverino. Così per tutto quello che andrà a vivere, che per lei sarà tutto come una novità, una scoperta continua da assaporare e addirittura compiacersene. In seguito, man mano che il veloce cervello che possiede impara e assimila, esso comincerà a pareggiare i conti con il corpo, per andare finalmente di pari passo. E parimenti realizzerà compiutamente il suo carattere, sempre più indipendente e determinato, sino al punto che si può parlare di femminismo ante litteram: il corpo è mio, mi piace quello che mi permette e ne faccio ciò che mi pare. E lo fa con uno spirito ribelle, persino eversivo dati i tempi (credo lo sarebbe anche oggi), pretendendo di decidere e condurre le danze anche nel luogo dove le donne sono più sfruttate, andando controcorrente e ribellandosi alle regole del bordello dove si ritrova per necessità ma da cui ne esce vincitrice. Gli uomini? Meritano un cervello di capra, che è la fine a cui va incontro il peggiore dei personaggi maschili, il dispotico marito Alfie (Christopher Abbott).



I “sobbalzi furiosi” è un termine che racchiude in due parole (in originale “furious jumping”) il suo modo di definire l’amplesso, che cerca senza pause sia per soddisfarsi che per non smettere di giocare con gli altri e con il corpo. Di atti bizzarri ne commette tanti ma il suo comportamento ha indotto critici e spettatori a tornare sull’argomento sessuale, perché è sempre lì che va a finire gioiosamente (anzi a sbattere, dal momento che lei usa proprio la parola “battere”, come atto si sbattimento sessuale), e perché Lanthimos non lesina sequenze di sesso sfrenato, ne distribuisce a iosa (in Gran Bretagna il film ha subito dei tagli…). Me lo immagino sul set e in fase di montaggio divertirsi a non escludere e anzi arricchire quel tipo di scene. Mi è sembrato che se c’è un messaggio nel mondo fantasy della trama è quello di smetterla con il perbenismo fasullo e con l’ipocrisia cinematografica: al diavolo i codici Hays, le censure e il puritanesimo sessista!



Se la donna potrà finalmente affermarsi nella storia moderna sarà necessario che si ribelli e Bella è una ribelle per eccellenza e le povere creature, allora, erano e saranno gli altri, gli uomini, che pretendono di sottometterla alle loro stupide regole dettate dall’ipocrisia. Perché allora, di ogni ceto e dai più eleganti ai più puzzolenti, si recano nelle case chiuse? Fa bene il regista a giungere al paradosso della scena in cui il padre porta a spiegare il sesso ai suoi due adolescenti con spiegazioni e “spinte” dentro Bella davanti ai loro occhi, con il più piccolo che prende appunti. Da come la divertita Emma Stone afferma (non dimentichiamo, anche coproduttrice, quindi convinta della bontà dell’operazione), si intuisce la libertà con cui hanno lavorato sul set: “Bella è completamente libera e senza vergogna riguardo al suo corpo. Il sesso è ovviamente una parte enorme della sua esperienza e della sua crescita, come credo lo sia per la maggior parte delle persone nella vita”, aggiungendo di non essere una persona che vuole stare nuda tutto il tempo, ma tuttavia ciò che voleva fare era onorare la prospettiva del personaggio mentre scopre il mondo.



Non nascondo, però, che per una buona e lunga prima parte ho vissuto la visione con molta perplessità, con la sensazione di ritrovarmi davanti ad una involuzione dell’idea di cinema di Lanthimos, come se lo avvertissi avvitarsi nella sua personale idea di cinema. Se prima ci offriva trame inconsuete e fuori dal reale (universi familiari isolati e paranoici, società distopiche, visioni deformate della Storia, thriller schizofrenici) oggi siamo passati ad un fantasy irreale, che può divertire (e senz’altro lo fa) o può annoiare. Lo dimostra la congrua parte del pubblico che non ha gradito. Ma questa non è una novità, tanto che tutt’oggi ci sono molti che non gradiscono neanche i suoi riusciti primi film. Invece, nel prosieguo della visione, mi sono ritrovato appassionato e interessato e mi si è risvegliata l’attenzione, dato anche l’aumento del ritmo delle vicissitudini in cui incorre Bella. È la seconda parte che il film migliora e offre ulteriori spunti di interesse e riflessione.



Va anche riconosciuto che Lanthimos attua con grande abilità ed estro la sua visione offrendoci una gamma di colori e costumi e scenografie che riempiono gli occhi e lo schermo, tutto accompagnato dal commento musicale di Jerskin Fendrix perfettamente intonato all’atmosfera. Sullo sfondo di ambienti degni di film d’animazione, abbondano i primi piani della espressiva Bella in tutte le sue forme, i colori carichi, gli abiti fantasiosi e vaporosi, gli animali incrociati, le cicatrici del papà God e della stessa giovane, sia nel ventre che nel cranio, i due poli opposti da cui è scaturita la nuova vita. Solo i più buoni e generosi avranno il premio di continuare a vivere con lei: il buono e generoso Max (Ramy Youssef) come futuro marito ideale, la affettuosa ex collega di bordello Toinette (Suzy Bemba), il padre, seppure per poco tempo, la innocua Felicity (Margaret Qualley). E all’inferno quel mascalzone di avvocato chiamato Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), immeritevole abbandonato al suo destino, mentre all’ex marito non resta che brucare l’erba e le foglie belando. Peccato solo per Harry Astley (Jerrod Carmichael) e la splendida Martha von Kurtzroc (cameo di Hanna Schygulla, piccolo ma meraviglioso contributo, illuminata e illuminante) con cui Bella aveva trovato armonia culturale, dai quali ben presto strappata dal compagno di viaggio Duncan perché la donna doveva restare ignorante e sottomessa.



Le caratteristiche tipiche di Yorgos Lanthimos sono i suoi pregi e i suoi difetti. È un regista che si esalta in una narrazione visiva caleidoscopica: non essendo capace di accontentarsi di aggiungere elementi e fatti, lui ama inondare la visuale con tutto ciò che può aggiungere, in questo caso specifico anche citando (volontariamente o no, non saprei) il cinema di Georges Méliès, provocando di conseguenza una visione del film da parte nostra senza neanche una inquadratura reale o almeno realistica, ricca di particolari. Tutto lo schermo è sommerso in questo mondo ricreato, per giunta deformato dai suoi ormai mitici obiettivi. Leggevo di persone scandalizzate dai suoi continui grandangoli o, come si usa oggi, dai fish-eyes. Ebbene, prima di tutto non sono così abbondanti rispetto, per esempio, a La favorita, poi sono una costante e quindi una caratteristica precipua del regista greco, e poi ancora non danno per nulla fastidio, anzi ci ricordano che stiamo vedendo un suo film. Ed infine, così mi è parso, sono, specialmente quelle rotonde e piccole, un invito allo spettatore a guardare bene quello che succede: una puntualizzazione dal buco della serratura. Quindi, in definitiva, nulla di scandaloso.



È un film-frankenstein da diverse angolature: lo è perché papa God è un volto ricucito come l’iconico personaggio, lo è perché l’opera è un assemblaggio di fantasy, di gotico, di commedia, di quasi horror ed infine un manifesto, più che liberale, libertino, dove il corpo delle persone ingenue e genuine e il sesso trionfano perché vanno sottobraccio in guerra: quella contro ogni tabù, come fa proprio l’autore. Perché lui, con questi film anomali, va in guerra contro il cinema tradizionale schierando storie assurde, macchina da presa senza scrupoli, cinicamente simpatica, spregiudicata, che non va a fare i primi piani maliziosi sul seno di Emma Stone (anche il nudo integrale è di fronte ma sullo sfondo, niente malizia o esibizionismo), musiche psichiatriche e allarmanti, recitazione marionettistica. E poi tanto colore, scenografie da sogni degni di Dalì, fondali pittorici. A parte, poi, le esigenze che riguardano la recitazione. Difatti, lasciando da parte la formidabile attrice, una sorta di Bella che balla (si nota a occhio nudo che ha condiviso totalmente il disegno artistico e ha dato tutta se stessa, con una interpretazione vivacissima e premiante), chi ha dovuto stravolgere il suo acting è stato il povero Mark Ruffalo, il quale pare addirittura a disagio in abiti scomodi per lui, con gestualità lontane dal suo modo di lavorare. Willem Dafoe non sorprende, mai. Lui è il jolly di ogni regista, che debba servire buono o cattivo, sorridente o atroce. Il suo è un Frankenstein classico e allo stesso tempo ribelle, che non si stanca, che dopo la prima Creatura (in fondo Bella è questo, come letteratura contempla), una volta rimasto solo, ci riprova con Felicity, che però sembra un passo indietro, un pochino più stupidina. Crescerà come la sorellastra?



Quando tanti attori, a cominciare da quelli importanti, sono onorati di entrare nel cast di un regista come Yorgos Lanthimos vuol dire quest’ultimo è diventato rilevante e di certo non si può dire che crei opere da festival: sono film che, pur dividendo gli opinionisti, hanno una loro importanza e consistenza, e quelli del greco sono una notevole novità, molto differenti dalla stragrande maggioranza dei film che trovano sempre capitali, ma che consistono, ahimè, spesso in remake, sequel, prequel e ultimamente in ri-uscite in sala di vecchissimi film rimasterizzati, tutti segni evidenti di una profonda mancanza di idee. Una volta che c’è un regista innovativo bisogna solo applaudire, a patto, ovvio, che sia in grado di offrire materiale di prim’ordine. E Lanthimos lo è.



Il mio voto non è straordinario? Ciò che conta non è il voto ma il giudizio complessivo. Per ora è così, poi, a rivederlo si vedrà.



Riconoscimenti

2024 – Premio Oscar

Miglior attrice a Emma Stone

Migliore scenografia

Migliori costumi

Miglior trucco e acconciatura

Candidatura al miglior film

Candidatura al miglior regista

Candidatura alla migliore sceneggiatura

Candidatura al miglior attore non protagonista a Mark Ruffalo

Candidatura al miglior montaggio

Candidatura alla migliore fotografia

Candidatura alla migliore colonna sonora

2024 - Golden Globe

Miglior film commedia o musicale

Migliore attrice in un film commedia o musicale a Emma Stone

Candidatura al miglior regista

Candidatura al miglior attore non protagonista a Willem Dafoe

Candidatura per il miglior attore non protagonista a Mark Ruffalo

Candidatura alla migliore sceneggiatura

Candidatura alla migliore colonna sonora originale

2023 – Festival di Venezia

Leone d’oro al miglior film

Premio UNIMED (Unione delle Università del Mediterraneo)

2024 - British Academy Film Awards

Migliore attrice protagonista a Emma Stone

Migliori costumi

Miglior trucco e acconciatura

Miglior scenografia

Migliori effetti speciali

Candidatura al miglior film

Candidatura al miglior film britannico

Candidatura alla migliore sceneggiatura non originale

Candidatura alla migliore fotografia

Candidatura al miglior montaggio

Candidatura alla migliore colonna sonora



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